L’INCONSCIO DELL’ EURASIA

L’INCONSCIO DELL’ EURASIA

Nel nostro articolo Continente Russia abbiamo delineato le prospettive dello studio della questione «russa» dal punto, di vista della geografia sacra. Nel presente lavoro vogliamo sviluppare lo stesso tema dal punto di vista geopolitico, uscendo dalle frontiere della Russia, vista sia come Stato storico sia come Stato mitico. 

 

Russia -- Turan

    Senza dubbio i pensatori russi più importanti di questo secolo e quelli che elaborarono i più importanti concetti circa il destino della Russia, furono i rappresentanti della scuola «eurasiatica», gli. ideologi appartenenti all'ala patriottico- radicale della prima emigrazione russa. La situazione geografica della Russia, che si estende tra l'Oriente e l'Occidente,  giocava per loro il ruolo principale. L'Eurasia per loro si riduce alla Rus sia, mentre il popolo (ethnos) della Russia (nel suo senso sovranazionale) è considerato come portatore del turanismo, psico-ideologia imperiale  nomade trasmessa ai Russi propriamente detti dalle tribù turco-mongole  dell'Orda d'Oro. Così che gli «eurasisti», a differenza dell'ala patriottica russa della prima guerra mondiale, non erano tanto  «bizantinisti», quanto «panturchisti».Non si tratta di un paradosso, giacché gran parte della nobiltà russa e, in particolare, molti ideologi della slavofilia dei secolo XIX erano esponenti di diversi popoli turchi. ben rappresentati nella élite di governo della Russia. Per molti eurasisti, RUSSIA-TURAN supponeva un concetto sovrapolitico, il cui valore si basava sulla sua missione geopolitica. Non è strano che alcuni eurasisti europei si unissero al nazionalsocialismo, che difendeva quasi identiche vedute geopolitiche (nonostante molte volte fossero di segno contrario). 
    Noi crediamo che la intuizione degli eurasisti era certa e che le radici delle loro teorie sono in realtà molto più profonde, arrivando fino alle epoche che non solo precedono Gengis-Khan ed i suoi successori, ma anche al periodo dell'apparizione degli stessi Slavi nelle terre russe. Ma da dove nasce quindi Russia-Turan? 
 

Ex occidente lux

    Secondo i dati archeologici più recenti, l'Eurasia neolitica, nonostante tutte le migrazioni di «culture» e tipi razziali, possedeva un determinato fattore comune, un orientamento fondamentale che serviva da guida a ciò che si potrebbe chiamare «elemento culturale permanente».A poco a poco l'ipotesi dell'EX ORIENTE LUX, caratteristica dell'archeologia dei secolo XIX, fu sostituita dalla teoria atlantica, che per lo meno forniva una risposta logica all'enigma dell'Uomo di Cro-magnon. Detta teoria, che acquisisce sempre più partigiani negli ambienti scientifici e che già si è convertita nell'assioma strategico dei moderni geopolitici occidentali, sostiene che la cultura originaria dei neolitico si espanse rigorosamente da Nord-Ovest a Sud-Est, essendo il suo punto di partenza nell'Oceano Atlantico. Gli uomini di Cro-magnon, portatori della cultura magdaleniana, non sono altro che gli Atlantidi di Platone, marinai e custodi dell'agricoltura, colonizzatori dell'Europa occidentale, del Nord Africa, dell'Arabia, dei Sud dell'India, fino all'Oceania, dove la nobiltà tribale dei Maori si autodefinisce come «aria» e, a differenza degli aborigeni di ceppo negro-mongolico, possiede i tratti caratteristici dell'uomo di Cro-magnon, predecessore dell'HOMO EUROPAEUS di Linneo. Tali Atlantidi proto-storici sarebbero i portatori dei culti più antichi e gli inventori della scrittura lineare più antica, il cui sviluppo posteriore, geroglifico-naturalistico portò alla creazione delle scritture egizia assira e cinese. 
    La teoria atlantica, senza dubbio, era conosciuta in Occidente molto prima della sua definitiva formulazione ideologica e geopolitica, concepita in questo secolo. Senza la sua esistenza, sarebbe impossibile spiegare 1'arroganza dell'uomo occidentale, che, dura già da più di  duemila anni e che si riflette negli appellativi di barbaro, primitivo, esotico, ingenuo, sottosviluppato ecc. attribuita tutto ciò, che non discende storicamente dall'area culturale greco- romana. In altre parole, l'eurocentrismo atlantico praticamente non possiede connotazioni razziali o nazionali. Può passare da un popolo ad un altro come una religione non espressa, come un presupposto ideologico, che impregna tutta la cultura occidentale. 
    L'atlantismo ispirò sia Alessandro Magno sia Roma, gli imperatori germanici come Napoleone, l'impero britannico come Hitler, fino agli odierni ideologi della NATO. Col tempo, il centro dell'ideologia atlantista si è spostato progressivamente. verso Ovest, tanto che oggi gli USA, la nuova Atlantide-Società del benessere, sono diventati il suo rappresentante indiscusso. 
 

Fattore turco-sumero

   Tutte le teorie atlantiste hanno un punto. debole: si tratta de cosiddetto enigma dell'origine dei Sumeri. Risulta che le culture sumere più antiche non sono atlantiche, bensì preatlantiche, il che senza dubbio non impedisce loro di testimoniare un alto indice di sviluppo, intellettuale e spirituale. Curiosamente questo tipo sumero di cultura ha una somiglianza notevole con i monumenti neolitici del Sud della Russia e del Sud della Siberia. Aggiungiamo l'incredibile affinità del linguaggio sumero decifrato con gli idiomi dei gruppo turco. 
    Ne deriva che già nel neolitico possiamo trovare le tracce di un dualismo culturale geopolitico Occidente-Oriente, Atlantide-Siberia. Queste tracce si incrociano nel vicino Oriente, esprimendosi nella mescolanza di popoli e culture, di lingue e razze. Proprio nella regione del Mar Mediterraneo (Nord Africa-Grecia-Anatolia-Arabia-Egitto) si incontra la più svariata eterogeneità razziale ed etnica, il che indica la presenza di una moltitudine di varie componenti, tanto nella sfera dei geni quanto nella sfera spirituale. Quanto più ci allontaniamo in direzione ovest, verso le coste dell'Atlantico, o in direzione est verso la Siberia e l’Oceano Pacifico, le forme razziali e culturali saranno più pure, indipendentemente dalle circostanze storiche o puramente politiche che caratterizzarono queste regioni. Bisogna evidenziare un altro particolare curioso. I popoli turco-mongoli tesero sempre a ripercorrere, a intervallo di vari secoli o millenni, le tappe storiche delle migrazioni arcaiche: dalla Siberia all'Asia 
    Minore, a Sud della Russia, Balcani ed Anatolia. Però è proprio su questo tragitto che si trovano le tracce neolitiche più antiche di tipo «sumero», tanto nei paleografismi quanto negli ornamenti, oggetti di culto ecc. Naturalmente Gengis-Khan non fu il primo a percorrere questo tragitto. Egli apparteneva alla grande tradizione del Turan, le cui radici arrivano all'aurora della civiltà in Eurasia, al periodo più antico della sua storia, quando in Siberia e nel Nord della Mongolia fioriva una grande civilizzazione, le cui vestigia si conservano parzialmente negli strati aurignaziani della regione siberiana. 
 

Il circolo d'evoluzione dell'Eurasia

G. Georgel, che abbiamo citato in Continente Russia, oltre a indicare che il Polo si situerebbe sull'intersezione del 60° meridiano con il  Circolo Polare Artico, sviluppò anche la teoria dell'evoluzione delle culture in un'altra sua opera, Les Quatre Ages de l'Humanité(1) In questo  libro l'autore spiega che il Polo dell'Eurasia, situato nel Nord degli Ura li, fu alla sua epoca il centro della civiltà nordica primordiale, dalla qua le le migrazioni dei portatori della tradizione si dirigevano in diagonale  verso il Sud, per poi spostarsi seguendo la circonferenza, il cui punto più basso si  trova sulla intersezione con il 30° parallelo (nei pressi della città iraniana di Kelat. E' importante  indicare che proprio sopra questo parallelo è costruita la grande Piramide di Egitto; è lo stesso parallelo che attraversa il più grande settore di superficie terrestre continentale di tutto il globo. Georgel chiama la suddetta circonferenza «circolo di evoluzione dell'Eurasia». 
Georgel, mappa dell'Eurasia    Secondo l'autore delle Quatre Ages de l'Humanité, l'Eurasia possedeva un proprio centro geopolitico, distinto dal centro della tradizione atlantica, ipoteticamente situato a 120° ad ovest del centro d'Europa seguendo il Circolo Polare. Risulterebbe che l'uomo di Cro-magnon non fu il primo colonizzatore dell'Eurasia, bensì il rappresentante di un altro continente e di un'altra tradizione, che si sovrappose alla misteriosa tradizione sacra degli aborigeni. Georgel fa notare l'importanza di quella parte dei circolo di evoluzione che è situata a nord-est dell'Iran, vale a dire il settore compreso tra il deserto dei Gobi, il nord della Siberia e la penisola di Kamciatka. E' lì che si deve cercare il centro neolitico del Turan. La stessa via seguivano i guerrieri di Gengis-Khan. 
    Da questo si deduce che, oltre all'indubitabile componente atlantica che si situa sull'asse Nordovest-Sudest (colonizzazione degli Atlantidi), la geopolitica dell'Eurasia è determinata dalla componente propriamente turanica che si sviluppa in direzione Nordest-Sudovest. Queste due direttrici formano congiuntamente una «X» (la croce di Sant’Andrea) che riassume la dinamica evolutiva della loro storia sacra. Curiosamente il circolo di evoluzione dell'Eurasia sembra inscriversi nella metà superiore della croce, in modo che il punto dei circolo situato più a sud si trova quasi sullo stesso meridiano (il meridiano 60° di cui parlavamo in Continente Russia) dove si intersecano i due bracci della croce. 
    Comunque sia, le ipotesi geopolitiche di Georgel, confermate dall'analisi dei cicli cosmici, ci permettono di ottenere la chiave per decifrare l'enigma di Turan. Se l'ondata atlantica lascia dietro di sé qualcosa di culturalmente stabile, qualcosa di vivo e palpitante, intriso di orgoglio eurocentrico e di razionalismo, la eredità turco-sumera, senza essere meno forte, è più modesta, più interiorizzata, non ha tanto peso, non necessita di molte parole ed in generale tende al minimalismo culturale, capta con facilità tutta l'esistenza nella sua nudità, il fluire esistenziale della Eurasia con la sua steppa silenziosa sovrastata dalla volta, celeste. 
    L’Atlantismo parla da solo (nonostante che per comprenderlo bisogni ascoltare la sua voce con attenzione), mentre il senso del Turanismo possiamo solo intuirlo, dobbiamo cercarlo sapendo che si tratta di una fonte dimenticata dell'evoluzione continentale. In relazione a ciò ricordiamo la frase del mistico svedese Swedenborg, che disse: «Adesso fra i sapienti della Tartaria dobbiamo cercare la misteriosa parola dimenticata da tutti». 
 

Attraverso la Siberia verso il nostro «io»

   Gli eurasisti russi hanno il gran merito di aver fornito una solida base geopolitica alle concezioni slavofile, le quali, nonostante fossero accertate, erano troppo astratte per poter essere tradotte in pratica (Russia-Paradiso), o difendevano il «panslavismo», che non era altro che un tentativo artificiale di riprodurre il «pangermanesimo» in versione russa. L'utilizzazione dell'idea di Turan come una specie di «indipendentismo eurasista» comportava la rinascita dei paradisiaco archetipo della «Santa Russia», provenendo  la grande protociviltà Siberiana dal Centro Sacro situato nel Nord degli Urali, ed anche il ritorno alle radici razziali (incluse le slave antiche), poiché la regione polare iperborea di «Inta»-«Indra» fu popolata a suo tempo dagli Ari più puri. che più tardi si divisero dando luogo all'apparizione dei popoli indoeuropei. Invece i Turchi, essendo i portatori principali dell'impulso turanico, presentano nel loro strato aristocratico tratti fenotipici e genotipici chiaramente ari (ricordiamo che lo stesso Gengis-Khan era chiamato «il Re Bianco»: secondo le descrizioni si trattava dei più puro indoeuropeo). La presenza dei sangue mongolo o «paleoasiatico» fra i Turchi non è superiore alla percentuale di sangue ugrofinnico fra gli stessi Russi. Tutto ciò converte il turanismo degli eurasisti in qualcosa di realistico che si armonizza perfettamente con l'idea patriottica dell'autentica autoidentificazione nazionale della Russia. 
    Il turanismo permette appunto di scoprire la componente orientale della specificità geopolitica russa ed è proprio attraverso il turanismo, attraverso l'Oriente, la Siberia, che i Russi debbono trovare se stessi, scoprire il loro antico centro sacro, il loro «io» nazionale. 
 

I Goti, gli Unni e lo swastika

    Già da tempo si è osservato che la storia si fa in silenzio, lontano  dall'agitazione delle masse. A volte una polemica strettamente scientifica fra gli specialisti può sboccare in una catastrofe mondiale, mentre un progetto romantico ed utopistico può mettere in movimento popoli interi. 
    Nel suo articolo Atlantide ed Iperborea, scritto nel '29, René Guénon, maestro di G. Georgel, così come di tutti i tradizionalisti occidentali, parlava dell'errore consistente nell'identificare l’Iperborea e l'Atlantide, cioè i paleocontinenti nordico ed occidentale. Detta osservazione era diretta all'archeologo e storico tedesco Hermann Wirth, il quale, nel suo monumentale lavoro Der Aufgang der Menschheit spesso impiegava il termine «nordico-atlantico», tenendo in conto tanto la tradizione iperborea come quella atlantica. Sicuramente nessuno fece caso all'avvertenza di Guénon, dato che il tema non era di interesse generale. 
    Sarebbe passato poco tempo e l'errore indicato si sarebbe tradotto, nell'esperienza storica, in milioni di morti, in villaggi distrutti, città bruciate, una Germania schiacciata e l'Europa Orientale consegnata alla dittatura comunista. Insomma, H. Wirth diventò uno dei più importanti ideologi dell'organizzazione Ahnenerbe, «Eredità degli antenati», che in gran misura predeterminò i piani strategici e geopolitici del III Reich. L'identificazione dell'Iperborea con l'Atlantide, del Nord con l’Occidente, nella dottrina di Wirth, orientò in un senso ben preciso la volontà imperiale e militare della Germania, trasformando in nemici i popoli di tradizione turanica. 
    Si potrebbe osservare che detto orientamento era la conseguenza logica del razzismo nazionalsocialista. Però in realtà, non fu così. Il razzismo degli ideologi della Ahnenerbe, per lo meno quelli importanti come Wirth, era completamente libero da pregiudizi sciovinisti pangermanisti rispetto alle nazioni dell'Est. Lo stesso Wirth faceva risaltare l'universalità della razza aria, il suo carattere sovranazionale e la possibilità della presenza di discendenti degli Ari fra i popoli «non bianchi», così come dell'esistenza di numerosi individui «non bianchi» fra la popolazione formalmente «bianca».Inoltre, Wirth riconosceva la identità comune turco-sumera e le origini arie del sangue e della tradizione turca. Pertanto  la questione dell'identificazione del Nord e dell'Iperborea (che per i nazisti costituiva un valore assoluto) con l'Occidente e 1'Atlantide avrebbe avuto un importanza cruciale per l'orientamento geopolitico dei Terzo Mondo, facendo pendere la bilancia da un lato o dall'altro. 
    Durante l’occupazione della Russia lo stesso problema sorse con la disputa fra i pangermanisti della Wehermacht ed il «pan-ario» Rosenberg sul destino dei «territori dell'Est». I pangermanisti si comportarono come i classici portatori di una coscienza eurocentrica, e furono i propugnatori delle misure più drastiche contro le popolazioni locali. Rosenberg, dal canto suo, opponendosi all'idea di sterminio, insisteva sulla necessità di una alleanza geopolitica con i Russi, il che rifletteva i suoi stretti contatti personali con i patrioti russi di orientamento «eurasista». 
    Una idea analoga era già stata messa in atto, nella storia, con l'alleanza delle tribù dei Goti e degli Unni, che agirono congiuntamente come «barbari» di impulso turanico contro Roma «atlantizzata». Curiosamente, durante la seconda guerra mondiale gli Inglesi spregiativamente chiamavano i Tedeschi «Unni». Ed è innegabile che, sotto determinati aspetti, la Germania di Hitler realmente si orientò in senso antiatlantico: lo conferma la guerra contro l'Inghilterra, la Francia e l'America, la sua alleanza con il Giappone ecc. Gli schieramenti contrapposti nel secondo conflitto mondiale furono determinati anche dalla sottigliezza teorica, da una sottile sfumatura di carattere geopolitico nel1'apprezzare certi fatti preistorici che ebbero luogo durante il neolitico e che non lasciarono nessuna traccia se non due o tre leggende fantastiche, alcune ossa calcificate, resti di ceramiche e asce di pietra con inciso lo swastika o la ruota solare di Odino. 
 

Iran nero - Iran bianco

    La dottrina eurasista ha un altro aspetto importante: la contrapposizione del Turan all'Iran, del nomadismo della steppa del Nord al sedentarismo del Sud, del dinamico allo statico, dello spirito alla cultura. Oltre ai parametri puramente psichici che riflettono con esattezza la specificità dell'«anima della steppa», tale opposizione si può spiegare come un risultato della riattivazione dei profondi archetipi geopolitici imperiali dell'inconscio collettivo turanico degli abitanti dei la Eurasia, risvegliati dal trauma prodotto dalla rivoluzione. Rispetto al circolo di evoluzione, l'Iran si trova nel suo punto più a sud. 
    Posto che il Nord come orientamento avente relazione con l'Iperborea, con il Polo, diventa estrema positività spirituale. il Sud, al contrario, ha un significato negativo. Da ciò deriva tanto la opposizione mitica quanto l'attuale fra queste due correnti dì energia e di orientamento geopolitico. 
    D'altra parte si può confrontare il circolo di evoluzione dell'Eurasia con la proiezione dei segni dello Zodiaco sulla Terra. secondo la logica esposta in Continente Russia. Allora il punto situato in Iran dei circolo d'evoluzione corrisponderebbe al punto del Solstizio d'Inverno, e cioè al punto situato fra il segno (non la costellazione) del Sagittario e il segno del Capricorno. 
Il Solstizio d'inverno equivaleva alle più antiche celebrazioni del  Nuovo Anno (di Ari, Sumeri, Turchi). E' un simbolo di tempo e di spazio, il «Luogo Segreto», il «Luogo di Forza», ma allo stesso tempo anche il «Luogo della Morte», il «Luogo della Tomba». Qui si arresta, muore il movimento dei Sole o per lo meno è ciò che succede nell'Artico, dove il Sole, in questo periodo, non si alza sull'orizzonte. E' il simbolico paese dell'Oscurità e della Notte. Ed in corrispondenza con questo simbolismo le sepolture più antiche scoperte in Iran rendono testimonianza circa la presenza in questa regione della razza negra, dei protodravidi di tipo negroide. Solo durante l'Età dei Bronzo e dei Ferro giunsero in Iran gli Ari bianchi portatori della tradizione nordica con elementi atlantici; e nella coscienza turanica primordiale dell'Eurasia restò impressa questa immagine prearia dell'Iran, dove il simbolismo dei calendario coincideva in maniera esatta con il simbolismo razziale. 
    D'altronde la posizione dell'Iran proprio nel punto dell'anno nuovo sul circolo di evoluzione dell'Eurasia poteva possedere anche un significato strettamente positivo (dal punto di vista dei simbolismo). Nelle tradizioni più antiche il «luogo della morte» nell'anno sacro era al contempo il «luogo della resurrezione», il luogo del cambiamento nel percorso annuale del Sole: dalla discesa alla salita. Pertanto la geopolitica turanica, per essere completa, non può ignorare ha missione archetipica dei territori iranici, considerando, d'altronde, che in un senso razziale e simbolico l'Iran già da tempo divenne «bianco», cosa che è indicata anche dall'origine dei nome IRAN, «il paese degli Ari», immagine viva dell'antichissima regione artica iperborea (airyanem vaeja), che in un certo senso costituisce il simbolico centro dell'Eurasia. 
    Le suddette osservazioni ci indicano i limiti ragionevoli dell'opposizione fra Turan ed Iran, fuori dai quali bisogna considerare la prospettiva della fondazione di una nuova Santa Alleanza fra il Nord ed il Sud dell'Eurasia; ciò si rende attuale soprattutto oggi, che sul territorio dell'Iran è iniziata, in modo effettivo (e non potenziale) la Resurrezione dello Spirito, dopo il lungo periodo di oscurità, di regressione geopolitica e di letargo nazionale. 
 

Unirsi all'Oriente

    Gli eurasisti ed i loro predecessori, come il barone Ungern-Sternberg o il dottor Badmaev, non solo svilupparono il progetto teorico della rinascita dello spirito turanico all'interno delle frontiere dell'impero russo, ma anche pensarono di stringere le relazioni con la Mongolia e la Cina; si trattava di «chiudere il circuito» con l'aiuto della regione opposta all'Europa. Simili piani geopolitici, più che dirigersi alla fondazione di una nuova alleanza, pretendevano di scoprire metafisicamente l'Oriente, restituire alla Russia antichi insegnamenti indù, taoisti, confuciani, buddhisti. Ciò avrebbe cambiato la coscienza russa, portando da un contesto ateo, utilitario, strettamente razionalista e già da molto tempo spiritualmente estenuato, ereditato dall'ambiente culturale europeo, al mondo vivo ed integro della tradizione totale d'Oriente, fecondando la Russia con l'energia spirituale del Tibet e dell'Himalaya. 
    Ma questo progetto elaborato dagli eurasisti radicali non presupponeva affatto la scristianizzazione della Russia. Al contrario, volgere le spalle all'Occidente, il cui cristianesimo già da tempo si era trasformato in una religiosità puramente esteriore e moralizzante, e porsi in faccia alla tradizione reale dell'Oriente (soprattutto dell'Estremo Oriente) avrebbe portato in maniera naturale alla rinascita dei vero spirito cristiano in Russia, al ritorno di quella tradizione totale che prima determinava ed orientava ogni aspetto della vita nazionale. Dialogando con le tradizioni orientali, la Chiesa ortodossa sarebbe tornata alle fonti metafisiche della fede; addentrandosi nello studio dei dogmi e dei principi religiosi avrebbe resuscitato e restaurato quel nucleo intellettuale ed iniziatico della tradizione che fu premeditatamente screditata dalle forze antitradizionali all'interno della Chiesa stessa: dai modernisti, moralisti di stampo protestante ed esteti, e finalmente da quei «conservatori» che, sotto l'apparenza della tradizione e della ortodossia, difendevano i sottoprodotti dell'inerzia e, data la mancanza di qualificazioni spirituali delle generazioni precedenti, la scorza vuota in luogo della fiamma dell'autentica fede. 
    La proiezione della Russia verso l'Oriente comportava anche un'attenzione speciale verso l'India (che assorbì gli sforzi smisurati dei nuovi atlantidi di Gran Bretagna, impegnati a distruggerne metodicamente la struttura spirituale) e soprattutto verso i paesi e popoli islamici. E se nel caso dell'India il contatto spirituale avrebbe potuto stabilirsi basandosi sulle assonanze razziali e linguistiche, sulla base dell'unità fondamentale dei più antichi strati mitologici, nel caso dei paesi islamici (con l'eccezione dell'Iran popolato in gran parte da Ari) l'elemento etnico turco avrebbe potuto servire da intermediario, essendo inoltre questo elemento etnico il principale brodo di coltura dei turanismo, a prescindere dall'appartenenza della maggioranza dei popoli turchi all'Islam. 
 

Turan al rovescio

    L'unione della Russia con l'Oriente e la rinascita dei Turan spirituale creavano le premesse necessarie per organizzare una forte opposizione all'«atlantismo» a livello planetario, poiché negli ultimi secoli della propria storia l'atlantismo era diventato definitivamente sinonimo di civilizzazione materialista ed antispirituale della «pura quantità», dell'utilitarismo e dell'ingiustizia sociale. Detta possibilità fu confermata (per disgrazia!) dalla parodia dello pseudoeurasismo, e cioè dall'imperialismo stalinista, che, invece di portare dall'Oriente la Vita e ha Luce, portò all'Oriente la Morte e l'Oscurità, espandendole anche all'Occidente, avvelenando i paesi dell'Europa Orientale con il virus della dittatura comunista, più terribile dello stesso atlantismo privo di spirito... In realtà il blocco Eurasista si formò dentro il cosiddetto «blocco socialista», cambiando di segno però, convertendosi nell'Impero infernale eurasiatico, il Turan rovesciato. In generale, la rivoluzione bolscevica in Russia svolse chiaramente un ruolo demoniaco nel processo di risveglio dell'Eurasia. Se il potere della Russia non fosse stato in mano dei nemici assoluti dello Spirito e della Tradizione, non sappiamo quale trattamento avrebbe dispensato il III Reich ai territori dell'Est, dal momento che gli elementi antirussi della Wehrmacht e dei comandi superiori nazisti avrebbero perduto la loro principale argomentazione: «I Russi sono diventati rossi». In generale, il fattore positivo (od almeno neutro) turanico avrebbe potuto cambiare radicalmente lo sviluppo degli avvenimenti dei XX secolo, creando un'alternativa reale, a livello planetario, a quella oggi rappresentata dalla sigla della NATO, Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, della quale fa parte anche, secondo la terribile legge di inversione, la stessa Turchia! 
    Come Stalin non era altro che un anti-zar, così il suo impero comunista formalmente eurasiatico in realtà era un anti-impero, in modo che il Turan nel suo insieme, incluso l'Estremo Oriente (annesso al blocco comunista da Mao) ricevette un terribile colpo nel cuore stesso del suo archetipo spirituale. Gli atei totalitari massacrarono e schiacciarono ciò che più contava per le regioni dei Turan: il loro Spirito sacro, la loro antichissima Tradizione, quell'anelare al cielo che è riflesso tanto nell'antico nome della Cina (impero Celeste), quanto nel termine «Santa Russia».Lo scatenarsi delle energie geopolitiche dei Turan all'interno del «blocco dell'Est» fu in realtà una parodia infernale del Turan Spirituale, e ciò forse causò un danno maggiore di quello che avrebbe causato la semplice introduzione della Russia, conquistata dai rossi, nello spazio democratico europeo (cosa che pretendevano ovviamente i socialdemocratici filo-occidentali all'inizio del rivolgimento del '17). 
Esiste un altro particolare sorprendente: esiste una leggenda tradizionale riguardante la trasformazione infernale della «Terra dei Vivi» nella «Terra dei Morti».La regione polare dell'Eurasia, nei pressi della città di Inta, fu a suo tempo il centro della civiltà spirituale della «Terra dei Vivi», da dove partivano le direttrici delle migrazioni verso l'interno dell'Eurasia. Con Stalin questa regione fu trasformata in uno dei centri più sinistri dell'Arcipelago Gulag, dove il sadismo dei comunisti giungeva ai massimi eccessi a confronto di altri centri del terrore bolscevico. 
    Se già nel XIX secolo Siberia cominciò a diventare simbolo di «esilio» (il che suppose in sé una deformazione del mito turanico), con Stalin la Siberia si identificò definitivamente con l'inferno, come la stessa parola «Nord». «Siberia», «Nord» significavano morte, tortura, campo di concentramento, terrore fine. 
    L'anti-zar rosso alzò cinici monumenti lungo le direttrici di migrazione delle antiche tribù eurasiatiche, in forma di migliaia di chilometri di filo spinato, che andavano da Inta all'Est, al Sud, all'Ovest, giungendo sino alla Mongolia e alla Cina. Dove gli «eurasisti a rovescio» locali integrarono nell'Impero Orientale del Male quei territori che un tempo erano sacri, annientando gli eredi dei vero spirito turanico. 
 

Dal doppio abisso

    Oggi, di nuovo, abbiamo il diritto di parlare, pensare e vedere, qualcosa che i bolscevichi ci negarono più di 70 anni fa. In questo modo possiamo conoscere le opere degli eurasisti, autentici patrioti della Russia. Insieme con loro ritorna l'idea del Turan, del grande impero dinamico eurasiatico, orientato da Est ad Ovest o dal Nordest al Sudovest., in opposizione allo sciagurato orientamento della NATO, Groenlandia-Turchia. Oggi, più che mai, bisogna approfondire il mito eurasiatico, spogliarlo dei particolari politici secondari ed opportunisti, restaurare, o meglio, trarre alla superficie la sua dimensione metafisica, il suo senso metastorico. Inoltre, ed in primo luogo, bisogna separare chiaramente il progetto puro e irrealizzato dell'Eurasia indipendente dalla parodia del «blocco dell'Est», che non solo non è il Turan, ma anzi è l'anti-Turan, una caricatura infernale, lontana dall'idea della rinascita dell'Eurasia ancor più che lo stesso orientamento atlantista. 
  
 

Traduzione di Danilo Valdorio

NOTE

(1) Rimini 1982 (N.d.T.)