Aleksandr Dugin a Milano: La sfida eurasiatica della Russia

Aleksandr Dugin a Milano: La sfida eurasiatica della Russia

 Il 4 luglio si è tenuto a Milano un’incontro organizzato dall’Associazione culturale Lombardia Russia dal titolo “La sfida eurasiatica della Russia”. Relatore d’eccezione: il sociologo, politologo russo, presidente del movimento per l’Eurasia, professor Aleksandr Dugin.

La manifestazione è iniziata con un intervento da parte dell’onorevole della Lega Nord Claudio D’Amico, che, oltre alla sua carriera politica vanta anche una decennale esperienza come osservatore dell’OSCE. Con questo incarico D’Amico ha presenziato in Ucraina, sia alle scorse elezioni parlamentari, vinte con tutti i canoni della legittimità dal partito del ex presidente Viktor Yanukovich, che in Crimea durante il referendum che ha sancito l’indipendenza della penisola. È proprio su questa sua esperienza che si è maggiormente soffermato, ribadendo il modo assolutamente pacifico, nonostante i toni da guerra fredda della stampa nostrana, che prontamente ha parlato d’invasione da parte della Russia (le truppe russe erano già presenti in Crimea in seguito a dei precisi accordi col governo ucraino), attraverso il quale il popolo della Crimea, legittimamente in base al previsto diritto dell’autodeterminazione dei popoli, con uno straordinario plebiscito ha espresso la sua volontà di ritornare tra le braccia della Russia, la sua Madre patria. 

L'intervista al Professor Dugin è stata effettuata da Gianluca Savoini, Presidente dell'Associazione Culturale Lombardia Russia, il quale ha tenuto a ribadire la vicinanza dell'Associazione alle idee identitarie della Russia. “Basta con la campagna di disinformazione che non fa neppure gli interessi della gente ucraina - ha detto il Presidente dell’Associazione -.  E’ evidente che l’Europa vera non è quella attuale, burocratica e simboleggiata dalla bandiera della Ue, ma l’Europa dei popoli che vogliono riconquistare democrazia e  sovranità nazionale”.

Il professor Dugin ha quindi iniziato la sua dissertazione partendo dalla spiegazione del concetto di Eurasia non tanto nella sua dimensione geopolitica o geografica ma soprattutto nella sua dimensione filosofica: “Il concetto di Eurasia è oggettivo, possiede una sua realtà interiore. È una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica incentrata su: individualismo, mondialismo, diritti umani..”. Questa è la sfida eurasiatica: riproporre il “vecchio mondo” in contrasto al “nuovo mondo”, contrapporre ad una modernità assolutizzata e senza radici una modernità con le sue radici, come quella del “vecchio mondo” russo e europeo.

Dugin ha inoltre specificato che: “L’Occidente non è Europa, l’Occidente è il concetto dell’individualismo che ha trovato la sua manifestazione più completa nella società americana. L’Europa colonizzata culturalmente, geopoliticamente, strategicamente dagli Stati Uniti ha perso la sua identità e le sue radici. L’Europa non è più Europa, l’Europa post-moderna è anti-Europa”. L’Eurasia rappresenta quindi l’idea opposta a quella dell’individualismo e del liberalismo americano occidentale. 

Punto focale di questa prospettiva sono le tradizioni, le radici della civiltà. La tradizione è un qualcosa di vivente, non è una realtà data e fissata per sempre, le radici possono crescere come una forma di vita. La vita delle tradizioni rappresenta la forma più alta del concetto di Eurasia.

La vita è sempre pluralistica, ricca di forme diverse, non è lineare, unipolare ma sempre multipolare; questa idea, espressa dal concetto di Eurasia, si contrappone all’idea di civilizzazione unipolare, lineare, occidentale, moderna e post-moderna rappresentata dagli Stati Uniti e dai suoi valori che pretendono d’imporre a tutto il mondo: diritti umani, individualismo, libertà individuale, mercato, democrazia. 

Dugin ha smontato il supposto universalismo di tutti questi concetti.   Se ad esempio ragioniamo sulla presunta universalità dei cosiddetti “diritti umani”, vediamo quanto siano razzisti proprio perché elaborati su misura dell’uomo occidentale moderno; al contrario, ci sono società che concepiscono l’uomo non individualmente ma collettivamente, etnicamente, culturalmente, come quella cinese, russa.. Tutte le civiltà possiedono la loro visione dell’uomo. L’uomo non è universale, ma è differente, pluralistico. L’idea di un individuo puro, senza legami con i valori pubblici, sociali, famigliari, spirituali è un concetto totalmente vuoto, un concetto nichilista che gli americani vogliono imporre con la forza a tutta l’umanità.

L’uomo americano è totalmente individualista, diverso dall’uomo europeo che invece possiede delle radici precise con diversi livelli di appartenenza alla società, alla religione, alla cultura, alla tradizione. 

Il significato del termine “idiota” sta proprio in questo, non è peggiorativo. L’Occidente è l’impero degli “idioti” nel suo significato etimologico, dove tutto viene privatizzato. L’uomo privatizza se stesso attraverso l’individualismo puro, la sua umanità sparisce. Quando l’individuo è così desacralizzato perde il suo contenuto di valori di tradizioni, perde le sue radici. Per Heidegger il liberalismo è “idiotismo planetario”.

Mondialismo e il globalismo si basano sull’individuo vuoto. La globalizzazione, di fatto, vuole trasformare tutte le società in un unico universale omogeneo. La sfida dell’Eurasia va contro questo concetto, vuole essere l’affermazione della diversità antropologica. L’eurasismo ci invita ad accettare tutte le società, tutte le forme di cultura, la pluralità dell’uomo. In quest’ottica possiamo parlare di convivenza pacifica di tutte le civiltà: se comprendiamo positivamente questo concetto, allora diventa assurdo parlare di “scontro di civiltà” come sostiene invece, nel suo celebre scritto, Huntington proprio perché, nella sua visione di tipo razzista-anglosassone, la civiltà si basa, sul conflitto sull’assoggettamento dei popoli barbari e selvaggi. 

Anche la “libertà individuale” non è un concetto assoluto, se gli americani la considerano un indice di sviluppo, così non è tra i russi i cinesi e i musulmani, questi ultimi, ad esempio, vogliono essere “sottomessi” al loro Dio. 

Nemmeno il “mercato” può essere assunto a valore assoluto, come nemmeno lo stesso concetto di democrazia. 

Secondo Dugin appare evidente come oggi, in Occidente, la democrazia sia ormai diventata il potere della minoranza sulla maggioranza. In Russia la democrazia è ancora una scelta che indica il volere della maggioranza rispetto alla minoranza, ed è questa la ragione per cui i russi, a “casa loro”, non vogliono, ad esempio, gay pride o i matrimoni tra gay. Se poi in America i gay si vogliono sposare tra di loro, nel loro Paese possono fare ciò desiderano, i russi né vi si oppongono né aspirano ad imporre il loro punto di vista. Questo atteggiamento da parte dei russi non può essere definito come razzismo, al contrario, il razzismo è da parte degli americani quando vogliono imporre la loro posizione.   

 

Dugin ha poi continuato parlando della sua nuova “Quarta teoria politica”. La modernità politica classica prevede tre forme generali: liberalismo, comunismo, nazional-fascismo. Oggi il liberalismo è risultato vincitore sulle altre due forme. Non essere d’accordo col liberalismo, non significa però dover far ritorno al comunismo o al fascismo, due forme che hanno perso le loro battaglie storiche; è partendo da questo assunto che Dugin cerca d’individuare una quarta forma fuori dalla modernità. Ma cosa significa fuori dalla modernità? Ci si può ispirare alla pre-modernità: nella tradizione, nella religione, nel sacro. Proprio perché la modernità è desacralizzante. Tuttavia, limitarsi ad opporre la pre-modernità alla modernità, non è sufficiente, ci si deve ispirare anche alla post-modernità, in particolare, alla critica che la post-modernità rivolge all’universalismo e al totalitarismo della modernità. Riassumendo: la quarta teoria politica è un’ispirazione presa dalla pre-modernità nel sacro e nella tradizione per giungere all’atteggiamento critico della post-modernità. L’importante è superare la modernità e tutti i suoi concetti erronei. 

 

Dugin ha poi declinato tutto questo discorso all’attualità concreta: “In Ucraina assistiamo ad un conflitto tra l’universalismo liberal-americano incarnato nel governo di Kiev e la società tradizionale eurasiatica russo-ortodossa anti-occidentale, però non anti-europea, ma pro-europea proprio perché l’Europa non è Occidente ma è un’entità tradizionale radicata nella sua dimensione continentale terrestre. In Ucraina si scontrano due forze la tradizione contro la modernità e la post-modernità”. Dugin ha sottolineato come l’eurasismo sia “esplicitamente” l’ideologia dominante della Novorossia, dei suoi dirigenti e di coloro che lottano contro la giunta ultraoccidentale di Kiev che uccide vecchi, donne e bambini.. la lotta contro queste forze appare oggi come una “guerra santa euroasiatica”. Proprio per questo l’Euro-maidan di Kiev, secondo Dugin, dovrebbe essere ribattezzata America-maidan. 

 

L’Ucraina è tenuta in ostaggio dall’ultranazionalismo, che non è vero nazionalismo perché il nazionalismo autentico vuole una nazione forte e omogenea, e questa era l’Ucraina, prima di Maidan: un grande Paese con una popolazione prevalentemente tranquilla, dove non esisteva nessun irredentismo filorusso. I capi di America-maidan hanno montato una protesta contro una minaccia inesistente, contro i russi, che, fuori dall’Ucraina non avevano nessuna intenzione di entrare nel paese. I russi dell’Ucraina volevano solo conservare la loro autonomia culturale, non politica, nemmeno aspiravano ad una federazione: volevano solo la loro lingua! Gli ultranazionalisti di Kiev, soffocando questo sacrosanto desiderio identitario hanno determinato la fine dell’Ucraina come paese unitario. Hanno distrutto tutto senza nessuna minaccia reale da parte dei russi, tutto ciò ci mostra quanto l’ultranazionalismo ucraino sia soprattutto una manipolazione geopolitica anti-russa da parte dell’Occidente. Il risultato di questa manipolazione sta nel fatto, che ora gli ucraini odiano i russi senza una vera ragione. 

Ma, per gli ucraini, sarebbe meglio avere i russi come amici, in Russia nessuno vuole distruggerli, sarebbe assurdo! Molti russi hanno nelle vene sangue ucraino, come molti ucraini hanno nelle vene sangue russo; entrambi sono parte dello stesso popolo slavo. 

Dugin ha concluso il suo intenso intervento con un ammonimento: “Noi (i russi) siamo amici del popolo ucraino non i suoi nemici. Noi siamo i nemici dei mondialisti dei globalisti liberali-americani che hanno distrutto il popolo ucraino”.

 

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