Quali radici?

Non sono mai stato un seguace del pensiero eurasiatista, ma nell’inarrestabile avanzata della desertificazione neuronale coltivata ad hoc dal pensiero unico liberalcapitalista, ben pochi sembrano essere i segnali della presenza di intelletti in grado di ragionare secondo una impostazione non liberal e non anglosassone ed il Professor Dugin è uno di questi. Ed è quindi doveroso portare un’altra pietra verso la costruzione di un pensiero radicale che sia utile a differenti comunità di destino.
Questa premessa è necessaria giacché alcuni giorni fa ho avuto modo di apprezzare un passaggio della “Quarta teoria politica” di Dugin, nel quale l’autore riconosce l’apporto basilare dato da Dante Alighieri alla cultura dell’Europa e degli europei.
Nel merito, non posso che riconoscermi in toto nelle considerazioni esposte con efficacia e asciutta sintesi da Dugin, visto che da un po’ di tempo alcuni esemplari belanti del pensiero unico politicamente corretto hanno iniziato a scagliarsi contro quel “pazzo”, esaltato e razzista dell’Alighieri, bollandone il costrutto filosofico come fortemente inattuale nel mondo contemporaneo. Inattualità che, nella metodologia di certi benpensanti, altro non è che l’anticamera verso il passo successivo, quello che porterà il grande poeta fiorentino a divenire a tutti gli effetti un impresentabile, uno da mettere all’indice, e quindi DA CENSURARE.
Il tutto poi, fa il paio con un’evidente strategia di desertificazione sottoculturale che – specie nell’occidente calvinista – tende a voler spazzare via il pensiero classico fin dall’istruzione scolastica.
Secondo la condivisibile impostazione di Dugin, le fondamenta filosofiche e culturali dell’Europa, cui Dante continuamente attinge in tutta la sua opera, stanno subendo un attacco in nome di quella strampalata etica del rispetto verso il “diverso”, individuato dal professore nell’Islam e nel mondo musulmano in genere.
Dicevo che in tutto questo non v’è nulla da eccepire, seppure mi rimangano degli interrogativi che vorrei serenamente sottoporre al politologo russo o ai non pochi che in Italia ed in Europa lo seguono da vicino e ne abbracciano con convinzione le lucide tesi.
Ad esempio, chiederei al professor Dugin – e a chi ne ha divulgato la profonda riflessione cui faccio riferimento in questo mio contributo – come mai non si menzionano l’ebraismo ed il sionismo tra i fenomeni fortemente antieuropeisti: eppure il sommo Dante gettò sì l’Islam in un girone dannato, ma produsse pure una terzina memorabile dove il popolo di Sion veniva identificato come il più infido e pericoloso per l’esistenza stessa del mondo cristiano (dunque europeo). Detto in estrema sintesi, vorrei tanto capire se nel pensiero tradizionalista ed eurasiatista l’ebraismo (e tutto il suo portato sociopolitico sionista) ha o meno un posto in quelle radici storiche della cultura europea che, giustamente, viene invece negato all’Islam.
In effetti, molte volte mi è capitato di sentir esponenti politici annoverati tra i cosiddetti sovranisti “di area destra” mentre pontificavano a (s)proposito delle radici giudaico-cristiane europee. Nel sentire certi signori arrampicarsi sugli specchi pur di blandire taluni “centri di potere”, non si può non riflettere sul fatto che se l’Islam viene annoverato come un corpo estraneo rispetto all’Europa, allo stesso modo il medesimo principio dovrebbe valere per Sion. Insomma, anche evitando di usare la bilancia di precisione, se Maometto non può essere Europa, la stessa cosa la si può dire per la nazione di David.
Ed è bene essere chiari – prima di sentire i belati dei soliti noti – che qui non se ne fa un discorso né razzista né antropologico ma esclusivamente metapolitico e culturale.
Conosco bene la consistenza intellettuale di certi politicanti da trenta denari che solleticano le corde di pseudonazionalismi d’accatto e, dunque, non mi meraviglio affatto se, pur di gratificare o portare ossequioso rispetto a qualche intangibile potentato, sono sempre ben disposti a pronunciare castronerie sesquipedali, da cui si deve prendere le distanze.
Perché tale è l’idea secondo cui l’Europa, quella dei Popoli e non dei banchieri, avrebbe radici giudaico-cristiane!
Non è questa la sede per una disquisizione sulle radici profonde della nostra essenza di europei, ma se vogliamo estendere il discorso anche sulla geopolitica, ci dovrebbero spiegare perché la Turchia sunnita neo ottomana di Erdogan non può essere annoverata come Europa, ma per Israele sono tanti i sovranisti a farci più di un pensierino?
Forse sarò io a sbagliarmi o forse mi rifaccio ad un’idea pagana di Europa che giace ormai in lontani echi; parlo di quella Europa dove il cristianesimo, incistandosi prepotentemente in preesistenti costumi e tradizioni, ha saputo creare un suo spazio importante.
Ma se proprio vogliamo andare a cercarle queste radici, esse non possono che essere greco-romane e celto-germaniche. Con buona pace di chi abbaia alla luna o, per misero interesse e somma ignoranza, si presta ad incensare potentati di comodo.