Europe

Alberto Micalizzi intervista il Prof. Alexandr Dugin

In una giornata di visita in Italia per lui indaffaratissima ho trascorso quasi tre ore a pranzo con Alexandr Dugin, politologo e filosofo considerato il guru di Vladimir Putin, toccando numerosi temi politici ed economici e definendo una base di lavoro sulla quale inizieremo ad interagire da subito.
Dugin non è un economista, ma è anche un esperto di economia. Ho deciso quindi di “sfidarlo” sul terreno concreto dei problemi del lavoro, della crescita economica, della cooperazione tra le aziende e sul ruolo della moneta e della finanza. Questo il risultato.

Libri. “The Fourth Political Theory” di Dugin: orizzonti alternativi al Pensiero Unico

Per Dugin la postmodernità conduce al parossismo le tendenze peculiari della modernità in una disgregazione totale del senso e in una piena destrutturazione del reale, su cui il liberalismo moderno ancora poteva fondarsi. La lezione di Baudrillard, Debord, Deleuze e Guattari è ben nota a Dugin, che affronta il pensiero postmoderno con un atteggiamento per certi versi simile a quello tenuto nei confronti della modernità dai nichilisti attivi e dagli esponenti della Rivoluzione Conservatrice. É la medesima prospettiva assunta da Heidegger quando afferma la necessità di una accelerazione del nichilismo: se davvero si intende superare l’avvento della signoria del Nulla è del tutto inutile produrre nuovi idoli o attestarsi su posizioni meramente conservatrici, giacché solo mediante il compimento destinale del nichilismo si potranno aprire squarci salvifici nel panorama a tinte fosche che si profila all’orizzonte. Così per Dugin la postmodernità è inserita inevitabilmente in un ciclo storico dalla metamorfosi necessaria e inevitabile. La decadenza connessa alla contemporaneità è sintomo della conclusione di un ciclo e pone l’uomo di fronte a un bivio: uniformarsi alle tendenze disgregatrici o, viceversa, cavalcarle e sfruttare l’energia in esse latente. Così Dugin dimostra un’accurata conoscenza del pensiero postmoderno e si serve persino di alcune intuizioni sorte in tale fermento culturale al fine di disintegrare completamente le certezze della modernità liberale e condurre l’uomo alla soglia del caos, di quel precategoriale originario che è fonte perenne della totalità manifesta e precede, secondo Dugin, la visione cristallizzata dell’Essere propria della metafisica logocentrica occidentale. Il caos “include in se stesso tutto ciò che è, ma allo stesso tempo tutto ciò che non è. Quindi il caos che include tutto include anche ciò che non è inclusivo (…) quindi il caos non percepisce il logos come Altro, bensì come se stesso” (p. 209). É da questa metafisica del caos che potrà risorgere il logos, che “richiede un salvatore, non può salvarsi da sé. Necessita di qualcosa di opposto a se stesso per essere ripristinato nella situazione critica della postmodernità” (p. 210). Dugin tenta così di innestare nell’arido e spoglio suolo d’Europa un seme rinnovatore, partorito dalla Tradizione in una delle sue forme metamorfiche. Consapevoli che la profezia non è scienza, bensì dono di pochi, non resta che attendere vigili la morte della fenice della nostra Zivilisation in un’attesa accorta e nella costruzione responsabile della sua rinascita come Kultur.

RUSSIA E USA: CIVILTÀ DI TERRA E DI MARE A CONFRONTO

L'Europa ha commesso gravissimi errori. Se Di Rienzo ha sottolineato il ruolo di “grande assente” svolto dalla UE, Ferrari ha maggiormente messo in luce le scelte errate che quest'organo così diviso al suo interno è riuscito malauguratamente a commettere facendo infine fronte comune. Invece che affrontare seriamente le divisioni interne all'Ucraina, proponendo soluzioni di tipo diplomatico e individuando una possibile conciliazione, che tenesse conto, oltre alle legittime ragioni dei manifestanti, del retaggio identitario russo, delle scelte di politica interna dello stato sovrano ucraino e dei tradizionali legami economici, commerciali e strategici fra Russia e Ucraina, la UE ha abbracciato un lettura statica e manichea della crisi ucraina. Sotto gli slogan ispirati a democrazia, diritti umani ed autoderminazione dei popoli hanno agito interessi ben più materiali: da un lato la sudditanza all'aquila statunitense, dall'altro lato l'interesse verso un'annessione dell'Ucraina. I filooccidentali hanno così avuto pieno sostegno, semplicemente in quanto filoeuropei. Invece che proporsi come onesto mediatore, la UE si è schierata apertamente, assumendo un onere politico e militare enorme. La reazione russa, mostratasi nell'annessione della Crimea e nel sostegno ai separatisti del Donbass, non è stata che un'ovvia reazione volta alla tutela dei propri interessi nazionali.

 

Il migliore dei mondi possibili

La protesta di Maidan è stata la risposta a Janukovich quando ha scelto di non entrare immediatamente nell’Unione Europea e nella NATO, questa è stata la risposta del polo occidentale dell’Ucraina. Maidan ha rappresentato la forma del nazionalismo radicale russofobo ucraino; ucraino però della parte ucraina, della parte di Euromaidan. Dopo questo evento c’è stata la risposta dell’Est contro l’Ovest dell’Ucraina: l’unificazione della Crimea e la rivolta popolare del Donbass. Ma come spiegarlo! Questo era inevitabile! Quando questa guerra tra le due identità dei due popoli ucraini è cominciata, dopo la guerra, dopo il sangue versato, ormai non è più possibile pensare di restaurare lo stato ucraino. La tregua degli accordi di Minsk non può salvare la situazione. È tardi per questo. L’unica possibilità di salvare la situazione è di riconoscere il diritto dell’Est dell’Ucraina di uscire da questa costruzione, oggi creata solo dall’Ovest: dare la possibilità alle due identità ucraine, liberamente, senza pressioni esterne di scegliere il proprio destino.

L’aspetto più importante di tutta la questione è la decisione sul futuro del mondo. O il mondo sarà unipolare, o il mondo sarà multipolare. La Russia lotta non solo per i suoi interessi nazionali, o nazionalistici, o imperialistici, ma per la multipolarità, anche perché la stessa Europa, a sua volta, può diventare il polo particolare del mondo multipolare. Questo deve essere compreso, almeno dall’elite intellettuale europea. Grazie.   

Aleksandr Dugin a Milano: La sfida eurasiatica della Russia

Il professor Dugin ha quindi iniziato la sua dissertazione partendo dalla spiegazione del concetto di Eurasia non tanto nella sua dimensione geopolitica o geografica ma soprattutto nella sua dimensione filosofica: “Il concetto di Eurasia è oggettivo, possiede una sua realtà interiore. È una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica incentrata su: individualismo, mondialismo, diritti umani..”. Questa è la sfida eurasiatica: riproporre il “vecchio mondo” in contrasto al “nuovo mondo”, contrapporre ad una modernità assolutizzata e senza radici una modernità con le sue radici, come quella del “vecchio mondo” russo e europeo.

Dugin ha inoltre specificato che: “L’Occidente non è Europa, l’Occidente è il concetto dell’individualismo che ha trovato la sua manifestazione più completa nella società americana. L’Europa colonizzata culturalmente, geopoliticamente, strategicamente dagli Stati Uniti ha perso la sua identità e le sue radici. L’Europa non è più Europa, l’Europa post-moderna è anti-Europa”. L’Eurasia rappresenta quindi l’idea opposta a quella dell’individualismo e del liberalismo americano occidentale. 

Punto focale di questa prospettiva sono le tradizioni, le radici della civiltà. La tradizione è un qualcosa di vivente, non è una realtà data e fissata per sempre, le radici possono crescere come una forma di vita. La vita delle tradizioni rappresenta la forma più alta del concetto di Eurasia.

LA SFIDA EURASIATICA DELLA RUSSIA

Il concetto di Eurasia è oggettivo, possiede una sua realtà interiore. È un concetto organico che si sviluppa su vari livelli. È una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica: individualismo, mundialismo, diritti umani... È un concetto che ripropone il vecchio mondo in contrapposizione al “nuovo mondo” gli Stati Uniti: una modernità assolutizzata, senza radici, alla quale si vuole contrapporre una modernità con radici quella del “vecchio mondo” europeo, russo. Punto focale del concetto sono le tradizioni, le radici della civiltà.

La tradizione può essere modernizzata , la tradizione è come una forma di vita, non è una realtà data e fissata per sempre. Le radici crescono come una forma di vita. La vita delle tradizioni, o in altre parole, l’evoluzione delle proprie radici rappresenta la forma più alta del concetto di Eurasia.

La vita è pluralistica ricca di forme diverse, non è lineare unipolare ma sempre multipolare, questa idea espressa dal concetto di Eurasia si contrappone all’idea di una civilizzazione unipolare, lineare, universale, occidentale, moderna e post-moderna rappresentata dagli Usa con i suoi valori imposti a tutti: diritti umani, mercato, individualismo...

Capire Putin, capire la Russia

Capire Putin equivale a capire l’Altro. La Russia è l’Altro. Noi abbiamo altri valori, un’altra storia, altre idee, un’altra morale, un’altra antropologia, un’altra gnoseologia rispetto all’Occidente liberale. Se l’Occidente identifica i propri valori con quelli universali diviene impossibile capire Putin. Altrimenti si può solo criticarlo e disprezzarlo per tutto quello che fa. Perché lui è l’Altro (rispetto all’occidente moderno), pensa diversamente e agisce diversamente. O lei accetta il diritto ad essere Altro (in questo caso lei ha posto la sua domanda seriamente, e la risposta richiede una profonda conoscenza della storia e della cultura russe), o è giusto una domanda simbolica che dimostra l’assenza di volontà di garantire all’Altro la possibilità di affermare positivamente la sua alterità. In questo caso lei è obbligato a odiare l’Altro. Noi siamo pronti al dialogo basato sulla mutua comprensione di ogni Altro. Ma siamo pronti anche all’odio da parte dell’Occidente. Conosciamo i modi eurocentrici, culturalmente razzisti, universalisti e imperialisti dell’Occidente nei confronti dell’Altro. Quindi è meglio davvero cercare di capirci. Cercate di leggere attentamente i nostri classici… Tentate di comprendere il significato della nostra filosofia cristiano-ortodossa, della nostra teologia, dei nostri autori mistici, delle nostre stelle e dei nostri santi, dei nostri poeti e dei nostri scrittori (Dostoevskij, Pushkin, Gogol). E certamente troverete facilmente la via per capire Putin, capire la Russia, capire tutti noi.

Uniti dall’odio

Prof. Dugin, i media mainstream e le dirigenze politiche occidentali descrivono la recente situazione in Ucraina come un conflitto tra l’alleanza dell’opposizione democratica e liberale pro-europea e un regime autoritario con un dittatore come presidente. È d’accordo?
Dugin: Conosco tale storia e ritengo che questo tipo di analisi sia totalmente sbagliato. Non possiamo dividere il mondo di oggi come nella Guerra Fredda. Non c’è un “mondo democratico” che si erge contro un “mondo antidemocratico”, come molti media occidentali riportano.

Manifesto di Millennium

Il nuovo millennio che albeggia sull’orizzonte della Storia ci propone un sostanziale rivolgimento paradigmatico, un rovesciamento delle categorie di pensiero che, in un’epoca di estrema confusione politico-ideologica quale la nostra, impone un ripensamento delle stesse. Alla soglia di una nuova epoca, un nuovo disordine globale si impone: gli uomini devono confrontarsi con l’avvicinamento di più universi culturali, spinti fin verso la collisione ed il reciproco annientamento da una nuova prospettiva mondiale. L’economia, pensata secondo i canoni borghesi, dimostra tutta la propria finitezza, proiettando il futuro umano verso l’apice dello sfruttamento e dell’alienazione. I Popoli, depauperati da ogni sovranità e potere decisionale, rendono ogni autorità alle minoranze che dirigono gli affari mondiali secondo il proprio interesse. Culture e religioni muoiono esangui sugli altari dei simulacri postmoderni. La nuova legge è il Caos.

L’occupazione è occupazione

Non possiamo rispondere a questa importante domanda senza precisazioni storiche. Prima di tutto, la Germania ha perso la Seconda Guerra Mondiale. Nel maggio 1945 c’è stata la resa incondizionata delle forze armate tedesche. La risposta alla totale sconfitta della guerra è stata la completa occupazione da parte delle due potenze maggiori – gli Usa e l’Unione Sovietica. Washington e Mosca non erano solo le potenze maggiori alla fine della guerra; rappresentavano inoltre le due fazioni ideologiche del dopoguerra. Le provincie della Germania orientale, infine anesse dalla Polonia e dall’Unione Sovietica, e la Germania centrale erano occupate dall’esercito Sovietico; la Germania occidentale dall’esercito statunitense e dai suoi alleati, il Regno Unito e la Francia. La Germania era stata divisa dalle forze di occupazione. Nessuna zona della Germania era libera. Parlando francamente, un’occupazione è un’occupazione. Non ci sono dei gradi di occupazione. Con l’ideologia della Guerra Fredda presente su entrambi i lati della Germania occupata, il volto dell’occupazione cambiò. I tedeschi nella DDR furono educati all’idea che l’Unione Sovietica li avesse liberati dal Nazismo e che ora fossero “liberi”. L’occupazione sovietica era considerata nella scuole e nell’educazione come la garanzia della “libertà ed indipendenza”. Lo stesso fenomeno lo vediamo nella DRD, dove l’occupazione delle forze Anglo-Sassoni rieducò la popolazione. Lì ai tedeschi veniva insegnato che furono le potenze occidentali a liberali nel 1945 e che protessero la loro “libertà è democrazia” contro la “minaccia comunista” dall’Est. Ma né i tedeschi della DDR né quelli della DRD erano liberi e sovrani, erano invece ancora occupati.

The Fourth Political Theory” di Dugin: orizzonti alternativi al Pensiero Unico

I “compagni di viaggio” di Dugin sono numerosi: Heidegger, Evola, Guénon, Niekisch, Spengler, Schmitt, Leo Strauss, de Benoist, Husserl, Bateson sono solo alcuni dei numerosi intellettuali citati dal filosofo russo e impiegati nella demolizione dei dogmi fondativi della modernità. La critica al liberalismo non riserva tuttavia al lettore smaliziato intuizioni sorprendenti: Dugin si limita a rielaborare sinteticamente, e talvolta con un certo riduzionismo, delle riflessioni maturate all’interno della cosidetta “letteratura della crisi” e presso gli aderenti alla Rivoluzione Conservatrice. La sintonia con il più volte citato de Benoist è in quest’ambito quasi totale: con il filosofo francese condivide la volontà di oltrepassare l’ormai sterile dicotomia Destra/Sinistra e sostiene parallelamente un’istanza di superamento critico dei modelli politici novecenteschi di comunismo e fascismo, divenuti utili al Sistema stesso in quanto miti incapacitanti e capri espiatori esecaribili alla luce della moderna religione dei diritti umani.

L’EUROPA E LA RUSSIA

In primo luogo mi sia concesso di esprimere la mia gratitudine per l’invito a venire in questa università di fama mondiale. Ringrazio il professor Aleksandr Dugin per avermi dato il modo di manifestare davanti a Voi il mio pensiero. Credetemi, non esagero se affermo che questo è per me un momento di grande importanza.

Mi è stato chiesto di tenere un discorso sul rapporto fra la Russia e l’Europa. Ma quando esaminiamo il rapporto tra la Russia e l’Europa, non possiamo evitare di parlare anche degli Stati Uniti. È possibile capire l’Europa, la Russia e l’America nella loro relazione reciproca. Se volessi definirle molto brevemente e semplificando le cose, ma badando all’essenza, allora dovrei dire questo: mentre gli Stati Uniti sono una creatura deforme dell’Europa, mentre l’Unione Europea rappresenta il tradimento dell’Europa, oggi è la Russia a custodire l’Europa, a custodire modo di pensare europeo. Con tutti i problemi e tutte le contraddizioni possibili, in ogni caso oggi la Russia è Europa molto più di quanto non lo sia la cosiddetta Unione. Purtroppo non è stata la genuina mentalità europea a conquistare il mondo, ma una forma distorta di essa, l’americanismo, che sulla traccia di René Guénon possiamo definire il regno della quantità, ossia della massa e del denaro.

Il saggio consigliere di Putin

Difficilmente le idee vanno verso ovest. Normalmente sono le idee Occidentali a diffondersi ad Est, non il contrario. La Russia, l’erede di Bisanzio, è l’”Est”, fra altri grandi “Est” quali Dar ul-Islam, Cina, India; tra questi, la Russia è la più vicina all’Ovest ma le differenze sono molte. Questa è probabilmente la ragione per cui Dugin, importante intellettuale contemporaneo russo, solo ora prova a fare un passo verso la consapevolezza occidentale.

Alexander Dugin, giovane, elegante, sottile e ordinato, il professore con la barba dell’Università di Mosca, è un idolo nella sua patria; le sue conferenze sono affollate; i suoi numerosi libri parlano dei più svariati argomenti che vanno dalla cultura pop alla metafisica, dalla filosofia alla teologia, dagli affari esteri alla politica interna.

Parla molte lingue, è un lettore vorace e ha reso popolari in Russia molti filosofi occidentali meno noti. È pronto a sondare le acque ancor più profonde del pensiero mistico ed eterodosso con coraggio sconcertante. E’ un personaggio controverso; adorato ed odiato allo stesso tempo, ma mai noioso.

L'EUROPA FINO A VLADIVOSTOK

Non appena nella concezione della costruzione dello stato si introduce il "tandem" di concetti "Imperium-Dominium", simultaneamente perdono ogni senso ed utilità certe soluzioni sciagurate come il federalismo o, peggio ancora, il confederalismo.
Non posso trattenermi dal citare qui un autore americano, del quale ho conoscenza per un'unica sua citazione, ma molto pertinente:
"Ogni gruppo di persone, quale che sia il loro numero, per quanto simili siano l'una alle altre, e quale che sia la fermezza con cui professano un'opinione comune, alle fine si spezza in piccoli gruppi che sostengono diverse varianti di quell'opinione; in questi sottogruppi emergono sotto-sottogruppi e così via, fino al limite ultimo di questa divisione - quello del singolo individuo".
Queste parole sono attribuite ad  Adam Ostwald, autore di un testo dal titolo "La società umana".

Gli anarchici del XIX secolo e molti altri, fra cui Proudhon, perseverarono nell’errore madornale, consistente nel credere che conflitti e tensioni in seno ai GRANDI gruppi possano quasi sparire, trovando soluzione da sé nei PICCOLI gruppi.
E' questa l'armonia sociale del XIX secolo, l'armonia del piccolo gruppo, in opposizione all'orrore dell'insopportabile dominazione del grande gruppo.
Persino Lenin inventò una sciocchezza storica nell'ambito dell'assurda concezione del  sempre-benfacente-ed-armonioso-piccolo-gruppo", che lo costrinse poi a scrivere dell’estinzione dello stato, nonché a desiderarla e preannunciarla.

IL RETROTERRA ROMENO DI JEAN PARVULESCO

Quando, adolescente, vidi al cinema Fino all’ultimo respiro, non potei immaginare che in seguito mi sarei occupato di Jean Parvulesco, il cui ruolo era interpretato nella pellicola da Jean-Pierre Melville. Invece alcuni anni dopo, nel 1974, appresi dagli atti di un processo politico che il personaggio della storia di Jean-Luc Godard esisteva realmente e avrebbe voluto realizzare insieme con altri sovversivi, nella prospettiva di un prossimoEndkampf (1), un accordo fondato su due punti: “a) adesione alla politica di lotta internazionale al bipolarismo russo-americano nella prospettiva della ‘Grande Europa’, dall’Atlantico agli Urali; b) contatti con le forze che dal Gaullismo e dal neutralismo euroasiatico si proponevano questa linea internazionalistica” (2).

Tre anni dopo, nel 1977, mi capitò di leggere in un bollettino redatto da Yves Bataille, “Correspondance Européenne”, un lungo articolo intitolato L’URSS e la linea geopolitica, che sembrava confermare le voci diffuse da alcuni “dissidenti” sovietici circa l’esistenza di una tendenza eurasiatista all’interno dell’Armata Rossa. L’autore dell’articolo (del quale pubblicai la traduzione italiana numero di gennaio-aprile 1978 di un periodico che si intitolava “Domani”) era Jean Parvulesco, il quale riassumeva nei punti seguenti le tesi fondamentali di quelli che egli presentava come “i gruppi geopolitici dell’Armata Rossa”, tesi espresse in una serie di documenti semiclandestini giunti in suo possesso.

Jean Thiriart e Julius Evola: una conciliazione possibile?

Già in Jean Thiriart: l’Europa come rivoluzione abbiamo affrontato la teoria geopolitica di Thiriart riassumibile nella formula “Europa unita da Dublino a Vladivostok”, tuttavia non abbiamo accennato ad un argomento che oggi si impone necessariamente alla nostra attenzione.

La dottrina geopolitica grand-europea o se preferiamo eurasiatica risulta, oltre che incomprensibile, pressoché inadeguata alle esigenze future se ad essa non si associa una rivalutazione, una attualizzazione di quei valori astorici di tipo tradizionale i quali, soli, sono capaci di restituire alle genti d’Eurasia e della Terra, i veri e più profondi principi per una vita secondo giustizia ed armonia. 

Non è di secondaria importanza quindi considerare come possa accordarsi la visione tradizionalista di Julius Evola con la geopolitica ad indirizzo eurasista. 

Il futuro si chiama Eurasia

L'Eurasismo è, innanzi tutto, un modo di concepire la dimensione della "storia". Non più nel "tempo" bensì nello "spazio". E' il rifiuto di vedere quella che siamo usi chiamare "storia" come determinata da una successione di rapporti di causa ed effetto disposti nel tempo. L'ottica è invece quella della "geografia". I popoli, le civiltà nascono e fioriscono in ben precisi ambiti geografici, che ne determinano caratteri e specificità. E che ne definiscono, però, anche i destini politici. Quest'ottica è fondamentale. Se l'applichiamo, possiamo comprendere che le culture, le civiltà sono naturalmente diverse tra loro. E come una particolare pianta cresce e prospera in un determinato terreno e non in un altro, così avviene anche per i modelli culturali e politici. Noi russi non siamo "occidentali". Non siamo neppure europei in senso stretto. Siamo, per natura, "eurasiatici". La nostra cultura profonda è il prodotto dell'incontro/scontro tra Europa ed Asia. E la nostra vocazione è quella di essere il ponte fra i due "continenti". Intesi come "continenti" geografici, ma, al contempo, come due diverse forme dello Spirito e della Tradizione. 

Oltre Eurasia e Atlantico: Europa

In quest’ottica la Federazione Russa propone l’integrazione strategico-economica della regione eurasiatica (identificata nella zona centroasiatica dai teorici dell’eurasiatismo e del neoeurasiatismo) accompagnata da un contenimento del fenomeno indipendentista; la Turchia ritorna ad una politica neo-ottomana, favorita dalla presidenza Erdogan, rinnegando fattualmente l’influenza politica che la rivoluzione dei Giovani Turchi ha esercitato su di essa per più di un secolo e tornando in conflitto con gli interessi pan-arabi (in questo senso la strategia di appoggio alla destabilizzazione saudita ed occidentale del governo siriano è evidente); la Cina estende sempre più incessantemente la sua influenza sul Mar Cinese Meridionale, sanando da un lato la ferita aperta con Taiwan attraverso una integrazione morbida nei propri spazi d’influenza e commerciali, entrando in conflitto invece con gli interessi di Vietnam e Filippine che, subodorando la grande strategia cinese, oppongono ad essa un montante orgoglio nazionale; per l’Europa, invece, sembra mancare la visione d’insieme. Non si è in grado, pare, di pianificare una necessaria politica volta al conseguimento dei propri interessi sul globo, il che significa, d’altro canto, poter affermare e salvaguardare la propria visione del mondo, un retaggio culturale millenario che, in relazione continua con quello asiatico, arabo o africano (e frequentemente non distinto nettamente da essi), è da sempre stato faro di civiltà per i Popoli.

Esploratori dello spirito eurasiatico/Scontro di civiltа o sinergia euro-islamica?

R. - Affermando che dai "medaglioni" contenuti in questo libro emerge chiara l'unitа del Continente eurasiatico, lei ha individuato correttamente lo scopo del libro. Proseguendo un tentativo giа iniziato da tempo e documentato da libri come Imperium e L'unitа dell'Eurasia, ho cercato di mostrare come la varietа delle forme di cultura nate e fiorite nel nostro Continente manifesti una vera e propria continuitа geoculturale, dall'Irlanda al Giappone. Con Esploratori del Continente il tentativo si articola attraverso i profili di personalitа intellettuali che hanno operato in diversi campi: nella filosofia, nell'orientalistica, nella storia delle religioni e nella storia dell'arte.

Nemico sia delle astrazioni mondialistiche sia del "carnevale nazionalista", Friedrich Nietzsche и senza dubbio una figura esemplare di quella razza d'uomini che egli stesso definiva come "buoni Europei". Tuttavia l'orizzonte geoculturale del grande Inattuale non era imprigionato fra l'Atlantico e gli Urali, tant'и vero fin dalla Nascita della tragedia egli afferma la complementaritа dell'Europa e dell'Asia, mentre in Al di lа del bene e del male possiamo leggere che l'Europa non и se non una "penisoletta avanzata" dell'Asia. Se in un libro uscito in Francia parecchi anni fa mi ero soffermato in particolare sull'interesse di Nietzsche per l'Islam ("religione affermativa" da lui contrapposta al cristianesimo), adesso ho completato il giro d'orizzonte effettuato da Nietzsche sul paesaggio spirituale eurasiatico, mostrando come nella sua opera si manifestino influenze provenienti dalla Persia e dall'India.

Giuseppe Tucci

Raniero Gnoli, che di Giuseppe Tucci (1894-1984) fu allievo devoto, commemorando il maestro scrisse di lui che l'idea di "una koinй culturale estendentesi dai paesi affacciati sull'Oceano Atlantico fino a quelli lambiti dal mar della Cina lo accompagnт per tutta la vita, tanto che, poco prima di morire, ancora insisteva coi suoi colleghi italiani e stranieri sulla necessitа ed importanza di una concezione che non vedesse piщ Oriente ed Occidente contrapposti l'un l'altro, ma come due realtа complementari ed inseparabili"1. Lo stesso Gnoli ricorda che Tucci considerava le terre del continente eurasiatico come le sole in cui, "per misterioso privilegio o mirabile accadimento del caso, l'uomo elevт le architetture piщ solenni del pensiero, le fantasie piщ nobili dell'arte, il lento tessuto della scienza, quei tesori di cui oggi l'umanitа tutta partecipa, arricchendoli o corrompendoli

L'Eurasia e l'Ungheria

C. M. - In seguito all'approvazione della nuova Costituzione, forze ideologiche e politiche sostenute dal potere bancario occidentale hanno intentato un vergognoso processo contro l'Ungheria, alimentando nel suo popolo sentimenti euroscettici o addirittura eurofobici. Questa situazione potrebbe indurre gli Ungheresi a rivolgere altrove il proprio sguardo, tant'и vero che il "Washington Post" ha ipotizzato che l'Ungheria possa diventare un avamposto della Russia. In ogni caso, all'Ungheria si presenta oggi la possibilitа di instaurare un rapporto costruttivo con quel nucleo eurasiatico che, nato dall'accordo russo-bielorusso-kazako, presto si estenderа alla confinante Ucraina. Paese reietto in un'Unione Europea indegna di questo nome, l'Ungheria potrebbe svolgere il ruolo di avanguardia europea nella costruzione di un nuovo ordine eurasiatico.

Il convegno “Tradizione e Ortodossie”

Si è svolto venerdì scorso, 26 ottobre, a Torino, il convegno “Tradizione e Ortodossie”, organizzato dall’associazione culturale e politica Millennium, nei locali del Centro Culturale Italo-Arabo Dar al-Hikma di Via Fiocchetto 15. La conferenza vera e propria, preceduta e seguita da momenti conviviali di confronto e discussione tra gli intervenuti, ha visto la presenza di relatori di fama internazionale, ed è stata moderata da Alberto Lodi, dell’Università di Pavia. C’è stata una discreta partecipazione di pubblico, specie da parte dei membri della Comunità Religiosa Islamica. Il primo intervento (“Tradizione e postmodernità”) è stato affidato a uno dei più influenti filosofi russi contemporanei, il Prof. Aleksandr Dugin, docente all’Università Nazionale del Kazakistan "Lev Gumilëv" e principale esponente dell’eurasiatismo. Rifacendosi al pensiero tradizionalista, egli ha parlato del ruolo della Tradizione religiosa e spirituale come linea di resistenza nei confronti della modernità. Quest’ultima avrebbe superato ormai la sua fase rigida, materialista e atea – chiamata con il termine alchemico “coagula” –, e si troverebbe ora nella fase liquida, dissolutiva e libertaria – il “solve”, in termini alchemici – ossia il cosiddetto periodo postmoderno. In quest’epoca, si assiste ad un risveglio religioso, la cui apertura però spesso non avviene verso l’alto, verso il divino, bensì verso il basso e le forze infere. Perciò occorre il discernimento degli spiriti, per saper distinguere tra le forme tradizionali di religiosità, invece quelle deteriori e diaboliche.

L’UNITÀ DELL’EURASIA NELLA PROSPETTIVA DI FRIEDRICH NIETZSCHE

Di fronte ad un’Europa che ha santificato il “principio delle nazionalità”, per cui la stessa Germania identifica il Reich – l’Impero – con lo Stato tedesco, Nietzsche si riconferma ancora una volta come il grande Inattuale. Infatti, se da un lato egli respinge come fenomeno didécadence le astrazioni mondialiste, dall’altro vede nel piccolo nazionalismo, “questa névrose nationale, di cui l’Europa è malata”, la manifestazione di una “piccolapolitica” che rischia di “mantenere in eterno la divisione d’Europa in stati minuscoli”. Alla “piccola politica” nazionale Nietzsche oppone una “grande politica”, la politica europea: “Noi siamo, in una parola – e deve essere, questa, la nostra parola d’onore! – buoni Europei, gli eredi dell’Europa, i ricchi, stracolmi, ma anche negli obblighi, smisuratamente ricchi eredi d’un millenario spirito europeo”.

Questo spirito, lo spirito dell’Europa una, si è espresso nell’azione e nell’arte degli uomini più grandi del secolo, da Napoleone e Goethe fino a Wagner: “la vera direzione complessiva, nel misterioso lavoro della loro anima, fu quella di preparare la strada a questa nuova sintesi e di anticipare sperimentalmente l’Europeo dell’avvenire”. Attraverso di loro, ha parlato “la volontà che l’Europa ha di unificarsi“.

OLTRE IL NAZIONALISMO, PER DIFENDERE IL “SOGGETTO” EUROPA

 D. Professor Mutti, è ormai impossibile interpretare il quadro politico italiano senza collegarlo agli equilibri continentali e globali. Dopo la parentesi del governo guidato dal tecnocrate Mario Monti, cosa si profila all’orizzonte nazionale? Resterà in piedi il sistema bipolare che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni?

R. Il bipolarismo dell’ultimo ventennio italiano è tutto sommato formale, poiché costituisce essenzialmente la proiezione locale della coppia elettorale statunitense: l’Asino democratico e l’Elefantino repubblicano, due simboli che non a caso qualcuno avrebbe voluto introdurre anche nell’iconografia partitica della colonia Italy. Si potrebbe parlare di un bipolarismo autentico, solo se in Italia e in Europa prendesse forma, in alternativa al “partito americano” e alle sue correnti interne di sinistra e di destra, una forza politica schierata a difesa della sovranità europea e capace di inserirsi in un panorama internazionale ormai segnato dalla crisi dell’unipolarismo statunitense e dall’emergere di nuovi soggetti continentali.

il neoeurasiatismo in dieci antitesi

Secondo Dugin il neoeurasiatismo si articola in dieci antitesi:

1 Spazio VS tempo
2 Pluralismo inclusivista VS universalismo esclusivista
3 “Le” civiltà VS “la” civiltà
4 Integrazione regionale VS globalizzazione globale
5 Non-modernità (tradizione e postmodernità) VS la modernità
6 Persona VS individuo
7 Multipolarità VS unipolarità e non-polarità (“società aperta”)
8 Non-liberalismo VS liberalismo
9 Anticapitalismo VS capitalismo
10 Relativizzazione dell’Occidente VS Occidente quale paradigma normativo.

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