CONTINENTE RUSSIA

 

CONTINENTE RUSSIA

1.  Paese interiore

    «I continenti hanno un significato simbolico che è legato tanto a stereotipi culturali che a esperienze vissute: l'Europa non ha lo stesso significato per un Europeo che vi vive, per un Americano che la visita, per un Africano che se ne emancipa, per un Australiano, ecc. Tuttavia gli stereotipi continentali non sono rimasti puri e semplici prodotti culturali, scaturiti da una conoscenza più o meno vera, da un'emotività più o meno viva, da una conoscenza più o meno netta: essi sono penetrati fino nell'inconscio con un'enorme carica di affettività e ne riemergono tramite i sogni o le reazioni spontanee, spesso apparentati a un razzismo che resterebbe altrimenti ignoto. Allora il continente non rappresenta più, in realtà, una delle cinque parti dei globo, ma un mondo di rappresentazioni, di passioni e di desideri; per esempio, il dottor Verne ha ben mostrato, analizzando il sogno di una sua paziente, che l'Asia non era per lei il ricordo, il fine o il desiderio di un viaggio intercontinentale, ma che quel continente “rappresentava il ritorno al sacro, il mondo dell'assoluto, il mistero del trapasso, la via dell'unicità portatrice del messaggio del vero e del reale”. L'Asia diventava un continente interiore, come l'Africa, l'Oceania, l'Europa, la cui interpretazione simbolica varia da soggetto a soggetto. Questa dimensione interiore può collegarsi a qualunque luogo, città, paese, ecc., l'importante è sapere ciò che significano per ciascuno le immagini, le sensazioni, i sentimenti, i pregiudizi di cui è portatore e che costituiscono tutta la verità soggettiva del simbolo. La geografia integra nella sua totalità la geosociologia, la geocultura e anche la geopolitica». 
    Qui termina la spiegazione dei termine «continente» estrapolata dal Dizionario dei Simboli scritto da Jean Chevalier e Alain Gheerhrant. (1) Ci permettiamo di riprodurre questa estesa citazione nella sua integrità, poiché il suo contenuto coincide in maniera impressionante con il tema dei presente lavoro, determinando dall'inizio il piano sul quale si svilupperà il nostro studio. 
Nell'affiorare dei sentimenti nazionalisti, nel razzismo e nei fermenti patriottici di diversi popoli, risaltano fenomeni che potrebbero sembrare irrazionali e che non possono spiegarsi con semplici ragionamenti logici o con analisi dei motivi, più o meno egoistici, che potrebbero essere causa di questi fenomeni. Il risvegliarsi della memoria razziale, nazionale o continentale avviene molte volte senza nessun apparente stimolo esterno. Capita semplicemente che gli archetipi dell'inconscio più profondo improvvisamente scavalcano le barriere e, producendo una reazione a catena, risvegliano tutto il complesso della visione del mondo collettiva che pareva dimenticata da tempo. Come esempi più chiari di ciò che abbiamo detto potremmo menzionare la sopravvivenza dei nazionalismi celto-irlandese, giudaico, coreano, africano o giapponese che continuano ad esistere e si rinforzano nonostante tutti i condizionamenti sociali e storici che obiettivamente dovrebbero farli sparire. L'immagine della «terra promessa» è talmente radicata nel più profondo dell'anima nazionale di certi popoli, che nessuna influenza esterna può cambiarla. 
    Lo stesso succede fondamentalmente con il «mistero dei patriottismo russo», il cui carattere quasi mistico fu descritto, in base agli esempi della lirica patriottica russa, dal brillante scrittore e pubblicista russo Y. V. Mamleev. Russia mistica, «India Bianca» di Kliuev, «Santa Rus» che Sergej Esenin anteponeva allo stesso Paradiso e che Tiutchev vedeva come un principio religioso NEL QUALE BISOGNA CREDERE (si immagini che assurdo suonerebbe «Santo Portogallo», o «Fede nella Cambogia»), costituiscono senza dubbio la profonda realtà della psicologia nazionale, il «Continente Interiore» che sintetizza in sé la visione dei mondo di una nazione gigantesca. Il ricordo di questo «Continente Russia» può rimanere occulto o sopito nel fondo della coscienza durante centinaia di anni, però prima o poi riprende a vivere e si trasforma in un uragano, un turbine, un grido, quando giunge il momento dei Risveglio. 
    Ma per essere effettiva e concreta, la realtà psichica della «Russia Interiore» deve possedere una determinata struttura archetipica, in relazione con processi storici e territori geografici concreti, essendo, inoltre, un paradigma formatore e strutturatore dei cosmo spazio-temporale circostante e non il suo semplice riflesso. 
  
 

2.  Svezia Russa

    Qual è questa struttura archetipica della «Russia interiore»? Su cosa è basato e verso cosa si orienta il concetto di «Santa Russia»? Quali sono le radici della concezione imperiale dei popolo portatore di Dio? 
    A livello storico la specifica sacralità della Russia (2) si deduceva direttamente dalla fedeltà all'Ortodossia, al Cristocentrismo russo. Però è curioso segnalare che non accadde niente di simile nell'Impero Bizantino o nei paesi cattolici, la cui fedeltà alla tradizione cristiana non era minore. A nostra opinione, la visione dei popolo russo come portatore della Ortodossia influì senza dubbio sulla formazione del concetto di Santa Russia, ma senza predeterminarlo. In questo caso concreto, come in molti altri, la tradizione cristiana si sovrappose ad un'altra tradizione molto più antica, che non solo era all'origine del vecchio calendario liturgico russo (di ciò oggi non esiste il minimo dubbio), ma che costituiva altresì la base della totalità sacrale della visione del mondo nazionale, dalla geografia sacra fino all'etica e alla formazione delle strutture politiche. E fu questa antica tradizione che, agendo sopra il livello più profondo dell'inconscio, determinò la logica fondamentale della storia sacra della Russia. 
    I resti di questa antica tradizione possono essere rintracciati negli archetipi linguistici che risalgono ai tempi primordiali dell'unità indoeuropea e che si rinvengono con una costanza incredibile nei toponimi, nei miti, nelle leggende e in generale in tutti i casi tipici della formazione di parole con contenuto simbolico. Inoltre, tutto il sistema dei simbolismo prettamente religioso ha uno stretto rapporto con questa antica tradizione; diversamente, la cristianizzazione della Russia non sarebbe avvenuta in modo così facile ed armonico. La dottrina cristiana integrale corrispondeva nel suo paradigma rituale e simbolico con la logica di altri culti più antichi, che non furono distrutti, bensì trasfigurati dal cristianesimo, formando una sintesi unitaria. Il ciclo russo delle vite dei santi (Zhitii) e la specificità dell'Ortodossia russa ci offrono una moltitudine di esempi di ciò. Menzioniamo solo l'esempio canonico della festa estiva del profeta Elia (Ilia), che adottò i tratti dell'antico dio ario della tormenta, del Cielo e della Luce, Il (dalla stessa radice viene l'antica parola russa solntse, «sole», che nella lingua indoeuropea originaria significava «luce benefica»). 
    Analizziamo ora alcuni aspetti di combinazioni archetipiche determinanti per la forma di pensiero russa. Iniziamo dalla stessa espressione «Santa Russia». In primo luogo bisogna segnalare un fatto curioso: molto prima dell'arrivo degli Slavi in queste terre, la regione delle steppe del Sud dal Mar Nero fino agli Urali era chiamata dagli antichi popolatori arii «Casa degli Dei» o «Grande Svezia» o «Fredda Svezia»; denominazione che più tardi si trasferì, con le tribù germaniche, in Scandinavia, trasformata in «Casa degli Uomini» o «Piccola Svezia». E’ nella Grande Svezia che scorrevano i fiumi conosciuti dagli arii: Don (Tanaxvil o Vanaxvil, «alveo dei fiume dove vivono i Vani») e Dnieper (Danapru, gr. Boristhénes). La stessa parola «Svezia» (Sveden, Suetia) significava «chiaro, bianco, pieno di luce». Più esattamente la radice indoeuropea svet («luce») sotto il profilo logico e forse etimologico ha a che vedere con il russo svjatoi («santo»). D'altra parte la tradizione indù ancora conserva shveta-dvipa o «continente bianco», situato al nord dell'India. Normalmente shvetadvipa indicava l'isola simbolica di Varáha, situata al Polo Nord, patria mitica degli antenati degli Indù. Per analogia sarebbe plausibile attribuire questo nome al luogo di soggiorno degli arii prima della loro migrazione vero il subcontinente indiano. Ciò che si riferisce agli avi degli Indù, portatori della tradizione vedica nella sua forma iniziale, nel periodo in cui essi vissero nei territori del sud dell'attuale Russia, è confermato dai recenti ritrovamenti archeologici (V.N. Danilenko, Y.A. Shilov). Così il paese «chiaro, bianco, santo» veniva associato anticamente alle terre russe e questa idea era profondamente radicata sia nella coscienzi degli arii, i cui contatti sacrali continuarono a conservarsi ancora dopo la rottura dell'unità tradizionale e linguistica, sia degli autoctoni paleoasiatici, che più di una volta dimostrarono una rara capacità di conservare per millenni sistemi mitologici ereditati dai più dinamici ed attivi popoli indoeuropei. 
    Il secondo elemento dell'espressione «Santa Russia» è il nome geografico RUS. La derivazione etimologica più convincente è la radice indoeuropea ROS  (cfr. ted. rot, lat. volg. russus, franc.rouge, ingl. red, sscr. rohita) con il significato di «rosso», «dai capelli rossi», «rossiccio». Quindi non è assolutamente determinante se la Russia ricevette il nome da una tribù slava o scandinava. Ciò che conta è che a livello inconscio il colore rosso è strettamente vincolato alla Russia: fu uno dei colori preferiti dai suoi principi; a parte che in russo ant. KRASNI («rosso») ha anche il significato di «bello», «distinto». E’ interessante notare che un'altra antica parola russa designante il color rosso, CIORMNI, etimologicamente si avvicina alla parola CIORNI, «nero». Anche nell'antica lingua indù la radice KRSNAS possedeva il doppio significato di nero e bello. Non si può scartare la possibilità che questa relazione etimologica si manifestasse in qualche modo nelle associazioni di significato e nelle strutture semantiche non manifeste dei pensiero verbale, mettendo in rapporto quasi inconsciamente il contenuto di KRASNI («rosso») con quello di CIORNI («nero»). 
    Relazionando queste due linee direzionali, vedremo che il concetto di SANTA RUSSIA può essere tradotto con una diade di colori simbolici: Bianco-Rosso o anche Chiaro-Oscuro. Non è casuale che la combinazione Bianco-Rosso fosse la più utilizzata nell'araldica russa, così come nei costumi nazionali, negli affreschi, negli ornamenti ecc. Inoltre, se osserviamo lo sviluppo di queste direttrici simboliche e le loro connotazioni tradizionali, probabilmente potremo decifrare in modo più chiaro la visione «popolare» di molti fatti storici: dalla guerra russo-svedese fino alla guerra civile. 
  
 

3. I campi dell'Anticristo

    D'altro canto, esiste e si mantiene durante la storia una spiegazione leggendaria circa una determinata missione escatologica della Russia o, meglio, di quei territori sui quali si insedia lo Stato russo. Questo aspetto escatologico, apocalittico, sta in relazione logica con lo specifico ruolo attribuito a queste terre dagli uomini nel profondo della loro antica coscienza sacralizzata. Tale aspetto si spiega se teniamo presente che il «sacro», visto spesso nella prospettiva inversa, si converte non tanto in qualcosa di «profano», «mondano», quanto in «diabolico», «antisacro», «demoniaco». Sono abbastanza esplicite, in proposito, alcune antiche testimonianze: in primo luogo, dice la leggenda che durante la sua campagna nell'Asia centrale Alessandro Magno ordinò di costruire la Muraglia Sacra o le Porte Sacre contro le «demoniache tribù dei Nord» che non riuscì a dominare. La mitica muraglia si trovava di fronte alle «Porte del Caspio»; ciò significa che le «demoniache tribù» scorrazzavano per le terre del Sud della Russia o, meglio, che venivano associate ad esse. Più tardi dette tribù furono identificate con le bibliche e apocalittiche genti di Gog e Magog che, secondo le profezie, alla fine dei tempi dovranno conquistare la terra e distruggere il patrimonio sacro e spirituale dell'Umanità (v. Apocalisse di S. Giovanni, 20,7). Millecinquecento anni più tardi, la stessa regione limitrofa al Mar Caspio, le cosiddette terre di Ircania, era vista dai teologi cattolici europei come un territorio malvagio popolato dalle dieci tribù degeneri e demonizzate di Israele, disperse dopo la cattività di Babilonia. Ruggero Bacone avvertiva che, quando queste tribù avessero iniziato la marcia verso Occidente, sarebbe stato per ricevere l'Anticristo (v. Opus Maius di Bacone). Stranamente, a questa predizione corrisponde un'altra profezia, questa volta biblica, riguardo la Fine dei Tempi, quando sopra il mondo si leveranno i principi ribelli a Dio ROSH, MOSOC, TUBAL (v. Ezechiele, 38, 2 e Isaia, 63, 1). Questi tre nomi, che non possiedono una chiara etimologia nella lingua ebraica, ricordano in maniera impressionante rispettivamente RUS (le radici Rus e Ros sono praticamente identiche) e MOSC (poiché la parola Mosoc rappresenta una vocalizzazione masoretica abbastanza soggettiva delle tre consonanti dei testo biblico originale: M-S-K). In quanto a TUBAL, per gli antichi ebrei indicava la Scizia, la Russia meridionale. 
    Inoltre nella Bibbia si accenna costantemente alla distruzione di EDOM (Isaia, 63), paese che rappresenta il paradigma di una perversa e dernoniaca trasfigurazione di terre che a suo tempo furono considerate sacre. Si può dire che il principe GOG del paese MAGOG, i principi ROSH, MOSOC e TUBAL, al pari dei principi di EDOM, rappresentano tarde denorninazioni simboliche bibliche dello STATO ESCATOLOGICO. Sorprende scoprire che la parola ebraica EDOM significa «rosso», e quindi il «paese rosso». 
    Tutti questi dati permettono di indicare una determinata opposizione di significati impliciti nel concetto di «Santa Russia». Questa opposizione improvvisamente si rese visibile all'inizio del XX secolo, manifestandosi nella tradizione poetica, pubblicistica e politica: si tratta dell'opposizione di «Santa Russia» e «Maledetta Russia», che si cristallizzò poi nel confronto fra la «Santa Russia Bianca» e la «Rossa Russia Sovietica, Non è casuale che in una canzone rivoluzionaria la guerra civile ricevesse l'appello di «santa». 
    «Santa», cioè il cui contenuto non si esaurisce nel dominio meramente politico o economico; «santa», perché procede dai profondi e millenari archetipi dell'inconscio, contrapponendo due idee di contenuto sacrale: «Bianco» e «Rosso», idee situate nel cuore stesso dell'organismo nazionale e, ancor più, geopolitico. 
  
 

4. Hvareno - felicità dello Zar

    Una delle componenti fondamentali della «Russia Interiore», per lo meno durante l'ultimo millennio della sua storia 
era rappresentata dalla sacra missione del Monarca Russo, vero accumulatore di tutte le aspirazioni spirituali della nazione. La «Santa Russia» ebbe sempre il suo centro sacro, sia geografico (con Kiev prima capitale, poi con Mosca) sia vivo e personificato polo di santità nazionale, nello Zar, l'Unto da Dio. E’ interessante notare come alcuni popoli di origine turca conservarono sino al secolo XVIII una venerazione particolare verso i monarchi russi. I Buriati, per esempio, vedevano nella zarina Caterina una Incarnazione di Bianca Tara, una delle più grandi bodhisattva dei lamaismo. Questo significato universale del potere monarchico nel quadro dell'Impero dimostra una volta di più che la Russia non fu mai vista dai suoi popoli come una realtà semplicemente etnica; si trattava invece di una realtà dei più alto livello, di una manifestazione reale della Tradizione geosacrale, dove ogni popolo occupava il proprio posto, di modo che lo Zar russo era anche lo Zar di tutte le etnie dell'Impero. 
    Come è noto, la tradizione monarchica russa iniziò quando un gruppo di tribù slave e ugro-finniche chiamò sul trono RURIK, della stirpe dei Varieghi. In epoche posteriori la discendenza dal primo principe Rurik diventò la base spirituale e genealogica che giustificava moralmente il sacro potere e l'autorità dello Zar. Detta tradizione era così costante, chiara e aprioristica, così radicata nella coscienza dei Russi, che non poteva non discendere direttamente dalle forme più antiche, le quali, nonostante si fossero spostate nella sfera dell'inconscio, non avevano perso nulla della propria forza ed efficacia. 
    Secondo la nostra opinione, l'invito a Rurik il Variego fu visto dal popolo come il Gran Mistero, in questa azione trovando espressione la logica delle origini sovrannaturali dei potere zarista, fondamentale per tutte le antiche dinastie tradizionali. 
    Proviamo a svelare il sottofondo sacro di questo mistero, grazie al quale nello spazio della «Russia Interiore» venne stabilito il centro dinastico sacrale. 
    Studiamo in primo luogo lo Zoroastrismo, nel quale fu dettagliatamente trattato il lato mistico del potere regale e che influì decisivamente sullo schema mentale dei popoli che anticamente popolavano le terre russe. Gli zoroastriani affermavano che il Monarca ha un diritto speciale per governare, concessogli da poteri e forze superiori. Detto diritto si manifestava nella facoltà di possedere una forza luminosa: HVARENO o FARN. Hvareno è l'energia della luce condensata, il cui possesso equipara gli uomini agli Dei. Il falco Vargan o l'ariete tradizionalmente erano considerati come simboli di Hvareno. D'altra parte Hvareno si identificava con l'elemento Fuoco, l'unico che per sua natura tende ad elevarsi verso l'alto, al cielo. Ogni monarca persiano possedeva il proprio fuoco personale, che simbolizzava il possesso di Hvareno (v. Zoroastriitsi di M. Boys, Mosca, Ed. Nauka, 1988). 
    Se torniamo a Rurik il Variego, chiamato a governare la Russia, vedremo che etimologicamente il suo nome rappresenta il complesso delle suddette idee zoroastriane (anticamente tale cosmologia era patrimonio di tutti gli ari). In scandinavo Rurik significa «falco», cioè il simbolo per eccellenza del Hvareno. Rurik, inoltre, è simile all'antico slavo Rarog, «fuoco» o «spirito di falco»; Rarogpossedeva anche il significato di «falco». Quando fu battezzata la RUS, lo Zar della dinastia di Rurik diventò l'Unto da Dio, depositario della forza di Cristo, e  fu chiamato «Agnello», ma anche  «Ariete». Così il concetto di Monarca Cristiano continuava spiritualmente e confermava sacralmente l'antica tradizione monarchica, che nella chiamata di Rurik vedeva la concessione della Benedizione Celeste, del Hvareno. In questo caso e in altri simili, il Cristianesimo non annullò, bensi riaffermò e sublimò le idee precristiane. 
    Ora parliamo dei Varieghi. Senza entrare nel merito riguardo alla loro origine etnica, fatto che per noi non ha molta importanza, cercheremo di decifrare il significato simbolico di questo nome. Dato che lo Zoroastrismo ci ha fornito alcune chiavi interpretative importanti, ritorniamo ad occuparci di esso. Variag o varingr per la pronuncia si avvicina al nome del Dio zoroastriano Varhran(Veretragna).Varhran è uno dei sette dèi dei mazdeismo: il dio della Vittoria. Proprio questo dio era considerato come principale portatore di Hvareno; a lui viene accostata la figura del falco Vargan(si confronti vargan con varingr, cioè «variego») suo eterno compagno e sua rappresentazione. 
    Quindi i Varieghi, a prescindere dalla loro esistenza storica, possono rappresentare una idea simbolica esprimente la totalità del Hvareno, la felicità dello Zar; una manifestazione del Hvareno, Rurik-falco, discese come manna sulle tribù che attendevano la benedizione celeste. Non termina qui la catena dei significati mitico-etimologici. Variag può essere comparato con la radice sanscritasvar, «cielo», «luce solare», molto simile alla radice persiana hvar, dalla quale Hvareno. E’ possibile che anche la parola russa sever (nord) sia imparentata con svar, dato che gli antichi popoli arii identificavano il Nord con l’«orientamento divino celeste» (anche se più tardi questa immagine mutò segno). La relazione dei Varieghi con il Nord corrisponde pertanto con la logica misterica generale che determinò la chiamata dei Primo Zar a governare. 
    Potremmo andare oltre. Varhran è l'equivalente persiano del sanscrito Vritra-han, «assassino di Vritra» - epiteto del dio INDRA, il re dei Cielo, la cui sede per la cosmografia indù si situa appunto nel cielo, Svar. 
    Quanto alla denominazione indù, è probabile che si tratti del nome teoforo del popolo, «il popolo di Indra», cioè popolo portatore di Dio. I Varieghi, da parte loro, come tribù indoeuropea, potrebbero essere il popolo teoforo di Vargan o Varhran-Veretragna (Indra o Assassino di Vritra). Non si può scartare l'ipotesi che fossero echi lontani di simili equivalenze mitologiche a sopravvivere nel profondo dell'inconscio nazionale e a creare l'immagine della Russia, come «India Bianca» fra i poeti di orientamento mistico popolare, quali Kliuev o Esenin. Naturalmente la logica segreta di tale interpretazione può essere giusta per il tramite di altre simbologie quasi dimenticate. 
    L'emblema monarchico russo - l'aquila bicefala - all'inizio era il simbolo dei Falco-Rurik, portatore della forza magica di Hvareno. Altro particolare che richiama la nostra attenzione: Mosca, capitale dello stato russo e luogo di residenza dello Zar, aveva nell'emblema San Giorgio vittorioso sul Drago (insegna del principe Yuri Dolgoruki fondatore di Mosca). Varhran - portatore diHvareno - è in primo luogo il dio della Vittoria (anche San Giorgio è il vincitore vittorioso). Inoltre, come già segnalato, Varhran-Varetragna significa «Assassino del Serpente o Drago», «Assassino di Vritra» e San Giorgio abitualmente si rappresenta mentre uccide il Drago. 
    D'altra parte è caratteristica nella mitologia persiana la presenza di una moltitudine di motivi riferentisi alla lotta di un eroe solare (Kersasp, Traeton) contro il Serpente o Drago. Questa lotta molte volte è la conseguenza della rivalità dei contendenti per il possesso del Hvareno. Così la combinazione di questi due simboli nell'emblema della capitale, sede dello Zar, con l'Aquila, simbolo di tutta la Russia, ci offre il paradigma della più antica struttura dei mistero monarchico. 
    Altro simbolo tradizionale dei potere zarista è il Globo, una sfera coronata dalla Croce, simbolo di Terra nei testi astrologici più antichi. Il Globo dello Zar russo si identifica naturalmente con la Terra russa. Di nuovo ci imbattiamo in quella «Russia Interiore» della quale abbiamo già parlato. Ha grande importanza il fatto che nello spazio sacro nazionale è proprio lo Zar, l'Unto da Dio, inviato dal Cielo, possessore dei Fuoco Sacro sovrannaturale, a custodire e sostenere con la mano un enorme spazio terrestre (da cui «Autarca», Samoderzets, colui che sostiene da solo): come quei misteriosi sette saggi che secondo la tradizione cristiana sostengono tutto il peso dei mondo. 
    Tutta la storia russa è impregnata dalla profonda comprensione dei sacro ruolo svolto dalla figura dello Zar. Tale comprensione spiega la venerazione quasi religiosa degli Ortodossi verso il Monarca, molto differente dalle relazioni che univano i sudditi cattolici ai loro Re. In Russia non esisteva la separazione tipica dell'Occidente cattolico fra la vita puramente spirituale soggetta alle gerarchie ecclesiastiche e la vita secolare soggetta al potere regale. Nel concetto di Santa Russia, di Russia Zarista, coesistevano tutte le varianti della vita sacralizzata. La Chiesa, come anima della Russia, non si sovrapponeva allo Zar, bensì riconosceva la sua autorità sovrannaturale e legittima, benedicendola; altrimenti, lo Stato stesso sarebbe stato condannato a perire. 
    Queste concezioni si manifestavano a volte con tanta forza, che ancora nel secolo passato la gente semplice era solita pregare davanti al ritratto dello Zar, considerandolo, d'accordo con la saggezza archetipica più antica, un rappresentante dell'Altro Mondo, non come individuo umano concreto, bensì come un simbolo sacro che acquisisce la sua efficacia grazie al rito ortodosso di consacrazione del regno e alla sua discendenza da un albero genealogico sacro. 
    Così il «continente interiore» russo possedeva il suo proprio «centro interiore», il Monarca Sacro. La loro unione (ierogamia simbolica) costituiva il nucleo del destino specificamente russo, la dimensione più profonda della storia russa. In questa prospettiva, il regicidio era sempre accompagnato da fatti «demoniaci», fatti che non si limitavano a sminuire la santità nazionale-monarchica, a ridurre tutto ad un piano di realtà profana, ma addirittura convertivano il sacro in antisacro, in diabolico; simbolicamente, ciò può essere spiegato come la conquista del Hvareno, la forza mistica, da parte dei Drago, vinto solo temporaneamente, non definitivamente. Il colore tradizionale di questo Drago nello Zoroastrismo e nell'Induismo è il rosso o rossonero: ciò ricorda ancora una volta la componente «rossa» della Santa Russia, il suo aspetto negativo, infero, 
  
 

5. Il Mistero del Polo

    Ora vorremmo menzionare un lavoro dei moderno ricercatore francese Gaston Georgel dedicato ai cicli storici e alla logica dello sviluppo delle civiltà antiche, argomento che si collega al tema dei nostro studio. Il libro dei quale parliamo si intitola Ritmi della storia (3). In questo saggio c'è una piccola parte nella quale si studiano le modalità costanti dello spostamento delle sedi di civiltà antiche attraverso il continente eurasiatico. Senza dilungarci in dettagli, segnaliamo solo alcuni fatti sui quali ha indagato l'autore, fatti che hanno relazione diretta con la «Russia Interiore». Studiando l’ubicazione geografica delle sedi delle civiltà antiche, Georgel si rese conto di un dettaglio sorprendente. A partire da Elam (circa 4000 a.C.) fino ai tempi moderni, si osserva il trasferimento di determinate sedi culturali dall'Est all'Ovest. Con una linea Georgel cercò di unire in una mappa l'antico centro di Elam, vicino alla città di Kelat, con la sumera Ur, Atene e Parigi: il risultato superò tutte le aspettative. La curva che univa queste città era divisa da esse in settori quasi uguali di 30° ciascuno. Però, secondo l'autore, il punto corrispondente all'equinozio di primavera si sposta di 30° sull'eclittica in un periodo di tempo equivalente a 2160 anni, cioè il lasso di tempo che separa le suddette culture: Elam 4000 a.C., Ur 2000 a.C., poco meno di 2000 anni dopo Atene e per ultima la moderna «capitale d'Europa», Parigi. 
 

 

Georgel, mappa dell'Eurasia

    Inoltre, continuando la curva altri 30° verso Est, si arriva a Lhassa, capitale dei Tibet; un'altra curva della stessa curvatura, però appartenente a una circonferenza di maggior raggio, unisce Gerusalemme a Roma. Ma dove si situa il centro di questa circonferenza? Ci imbattiamo ancora una volta in un fatto strano: questo centro si trova nella intersezione dei 60° long. Est con il Circolo Polare Artico, cioè nel territorio della Russia a nord dei monti Urali (Mosca è situata vicino al raggio che unisce Atene con il centro di questa seconda circonferenza). E’ qui che Georgel termina praticamente le sue spiegazioni. 
Potremmo andare oltre indicando altre coincidenze ancora più singolari. E’ noto il fatto che la linea del Circolo Polare Artico rappresenta la proiezione di una circonferenza sulla sfera celeste per la quale si sposta il Polo Nord terrestre attorno all'eclittica, in conseguenza del fenomeno detto precessione degli equinozi. Però, se la sfera celeste è immobile, il globo terrestre è inclinato rispetto al piano dell'eclittica, equivalente al piano della rotazione orbitale della Terra, formando un angolo di 23° e mezzo. Precisamente questo scarto angolare è situato sulla linea del Circolo Polare Artico. Ma se cercassimo di far coincidere il centro dei Polo Nord terrestre con Alfa dell'Orsa Maggiore, la Stella Polare attuale, il centro dell'eclittica e pertanto il vero Polo Celeste, il più fisso di tutti (poiché attorno ad esso l'asse della terra descrive una circonferenza lungo un immenso arco di tempo: 25.960 anni), esso si proietterebbe sopra la linea dei Circolo Polare Artico. Ma come possiamo determinare la posizione esatta di questo punto? 
    Qui ci saranno di aiuto i primi globi terrestri che apparvero nel Rinascimento. In essi figura la proiezione dell'eclittica con la stessa inclinazione di 23° e mezzo sopra l'equatore e conseguentemente sui tropici dei Cancro e del Capricorno. L'importante in questo caso è stabilire su quale meridiano si proietta il segno dei Capricorno, ciò permetterà di stabilire l'ordine di proiezione delle costellazioni sul globo terreste e trovare sul Circolo Polare Artico il punto corrispondente al centro dell'eclittica. In questo caso tutte le mappe e globi antichi coincidono. Tenendo in considerazione le conoscenze geografiche dei basso Medioevo e del Rinascimento, sappiamo che il segno dei Capricorno - il punto più meridionale dell'eclittica - si proietta sopra il meridiano che passa per gli Urali (Monti Rifei, come li chiamavano i Greci), frontiera simbolica fra Europa ed Asia. Però si tratta dello stesso meridiano 60° long. Est in cui s'imbatté Georgel studiando la geografia delle civiltà antiche! Pertanto il polo dell'eclittica, il Vero Polo della Terra nella sua proiezione sul globo terreste coincide con il polo della circonferenza sulla quale si attua lo spostamento della civiltà nel corso dei millenni. 
    Se oggi siamo in grado di giungere a queste conclusioni utilizzando solamente le più elementari conoscenze di astronomia e geografia, perché non dovremmo supporre che gli antichi, avendo le stesse conoscenze (ciò è dimostrato dalle moderne ricerche sulle civiltà cinese, sumera, celtica ed altre) ed essendo liberi da pregiudizi tecnocratici e agnostici, si rendessero perfettamente conto di queste corrispondenze fra Terra e Cielo, basando su di esse la propria geografia sacra e la logica della loro Storia Sacra? Ma la cosa più probabile è che la pienezza di questa conoscenza andò rifugiandosi nella sfera dei racconti, delle leggende e delle epopee epiche, manifestandosi apertamente solo in momenti cruciali per l'umanità. 
  
 

6.  I Russi e gli Iperborei

    Forse la scoperta dell'ipotetico polo di civiltà da parte di Georgel non solo ci aiuta a spiegare molti fenomeni enigmatici dei passato dell'umanità, ma ci fornisce anche la chiave per comprendere il «patriottismo russo», che in nessun caso può ridursi ad un semplice nazionalismo etnico. Il «patriottismo russo» nella sua dimensione più profonda è universale, «più che umano» come diceva Dostoevskij, perché è strettamente legato al «continente interiore», al continente centrale situato presso il punto immobile della «Ruota del Destino», la ruota delle peregrinazioni dell'anima umana. Forse è provvidenziale che la città più vicina a questo punto del centro nordico si chiami INTA, nome che ricorda il dio peruviano dei Sole INTI e il dio ario INDRA. Il fatto è ancora più importante se, considerando le già menzionate corrispondenze di proiezioni stellari sulla Terra, constatiamo che il nostro centro, similmente ai centro dell'eclittica, coincide con la costellazione del Drago, il nemico eterno, di Indra e degli Dei Solari della Vittoria. Curiosamente nell'induismo la sede di Indra si situa talvolta al Nord, altre volte all'Est (più esattamente al Nord-Est), mentre il nome del suo elefante AIRAVATA coincide con il nome jainista dei paese più settentrionale della Terra. Ma questo stesso paese, come già detto, riceveva anche il nome di VARAHI, «Terra del Cinghiale», che corrisponde esattamente alla radice greca BOR, connessa con il NORD e il paese di Iperborea (nell'estremo Nord), patria di quell'Apollo solare che è anche l’uccisore del Drago. E non è casuale che, secondo le fonti greche, gli lperborei inviavano a Delfi le offerte simboliche di grano attraverso la Scizia e altre terre russe più settentrionali. Curiosamente la parola Varàhi ricorda anche i Varieghi e cioè il popolo leggendario che dette ai Russi un monarca. consacrato. 
    Nelle leggende su lperborea risalta il carattere vegetale, nella fattispecie per quanto riguarda le offerte, nei riti, di spighe di grano. Secondo le tradizioni più arcaiche, l’agricoltura era l'occupazione più antica dell’uomo, prima dell'allevamento. In ciò si rifletteva l'idea metafisica comune agli antichi, che considerarono i principi della quiete e della calma (la vita sedentaria degli agricoltori) superiori al dinamismo ed al mutamento (la vita nomade e l'allevamento). La principale attività dei Russi fu proprio l'agricoltura. Esiste un fatto interessante in rapporto con questo fenomeno. Uno dei nomi antichi degli Slavi fu Vene o Vendi, denominazione di una delle tribù che poi diventò il nome generico degli Slavi. Ancora oggi gli Estoni ed i Finni chiamavano Vene i Russi. Qui colpisce l’attenzione l'esistente parallelismo con i Vani scandinavi, dèi preposti alla tutela dell'agricoltura (a differenza degli Asi, cui spettava la tutela della caccia e dell’allevamento) che rappresentavano lo spirito della pace sacrale e, secondo le saghe, vivevano lungo il basso corso dei Dnjepr e del Don (vedi S. Sturlusson, Il cerchio terrestre). Conviene ricordare anche che uno dei nomi preferiti dai russi è Ivan. 
    Nonostante Ivan sia una forma slavizzata dell'ebraico Giovanni, è lecito credere che tale nome poté sopravvivere adottando una forma cristianizzata, se consideriamo, soprattutto, che c'è una relazione provvidenziale fra S.Giovanni Battista ed i Vani delle saghe germaniche: particolarmente nel mito della testa dei gigante Mimir che i Vani tagliarono ed inviarono agli Asi. Lo stesso tema della decapitazione costituisce il nucleo della storia di S.Giovanni. Inoltre, il re degli Asi, Odino, fa parlare la testa di Mimir che vaticina l'inizio dei Giudizio Finale (Ragnarökr), così come le leggende cristiane contengono il miracoloso episodio della testa parlante dei Battista. A ciò si deve aggiungere il parallelismo esistente fra la predizione di Mimir circa il Ragnarökr e la profezia escatologica della venuta dei Paracleto da parte di Giovanni. 
    Tutto ciò si spiega, secondo il nostro punto di vista, con l'esistenza di un antichissimo complesso mitologico comune, patrimonio dei popoli indoeuropei fin da tempi remoti. Le manifestazioni storiche di questo complesso ebbero sempre relazione con certe leggi cicliche e con determinati territori. I «continenti interiori» con le loro proprie mitologie potevano spostarsi sul pianeta insieme alle tribù che di essi erano portatrici o potevano stabilirsi in determinati luoghi della terra. Potevano anche passare da un popolo all'altro. Infine, potevano integrarsi in differenti strutture religiose, formando la base dell'unità archetipica di diverse tradizioni. In tutto questo complesso, per noi non è tanto importante seguire lo sviluppo e la continuità di un'etnia dalle epoche remote fino all'età attuale, o studiare le radici e le manifestazioni obiettive di questo fenomeno. Importante, per noi, è scoprire la logica di una tradizione archetipica concreta, il suo contenuto spirituale e simbolico. Le etnie che in un momento o nell'altro diventavano portatrici di questa tradizione, impregnandosi di essa, si trasformavano in etnie teofore (portatrici di Dio) o portatrici di Idee, nel corpo materiale di una essenza celeste, nell'incarnazione di una idea viva. 
Per quanto passeggere fossero le cause temporali visibili della venerazione speciale per queste terre, indipendentemente dai popoli che le abitavano, la «Russia Interiore» si identificò sempre, in ultima istanza, con il «paradiso terrestre», con il territorio della mitica Età dell'Oro, tanto più se consideriamo che il simbolismo di Iperborea, Varâha, l'agricoltura dei Vani-Ivani ecc. era in relazione nelle più diverse tradizioni proprio con l'antica patria primordiale, dove vivevano gli avi venerati, liberi e immortali. 
    Sarebbe abbastanza assurdo parlare delle filiazioni etniche degli abitanti del Paradiso. Perciò tutte le spiegazioni degli archetipi inconsci dei «patriottismo mistico» dei Russi non potrebbero mai essere viste come manifestazioni di un nazionalismo ordinario. Gli stessi Russi automaticamente chiamavano «russi» tutti coloro che solidarizzavano con loro in questa profonda intuizione circa il carattere sacro delle terre da loro abitate è la differenza fondamentale che separa i Russi da altri popoli, particolarmente dagli altri popoli slavi, che possiedono una visione molto più pragmatica e razionale circa i limiti della realtà nazionale. Nonostante si possa osservare che qualcosa di simile accadde sempre nel caso dei popoli coscienti della propria vocazione imperiale, molto più preoccupati dell'unità territoriale che non di quella razziale, in Russia questa caratteristica peculiare si manifestò sempre con una forza speciale, arrivando talvolta ai limiti dei grottesco. 
  
 

7.  Archetipi nella rivoluzione

    E’ molto probabile che gli archetipi della «Russia-Paradiso Terrestre» e l'identificazione (abbastanza elementare ma confortata dai contatti linguistici con gli Indoeuropei) della Russia con il colorerosso, abbiano influito in gran misura sull'idea che il popolo si formò riguardo alla rivoluzione bolscevica e ai fatti successivi, che acquisirono nella coscienza popolare un carattere quasi mistico, simile alla reazione degli indios americani, che scambiarono i saccheggiatori spagnoli per Dei Bianchi ricomparsi. Questo attivarsi di associazioni di contenuti, che erano rimasti sopiti nell'inconscio, fu rafforzata ancora di più dagli aspetti escatologici dell'ideologia comunista degli inizi, che prometteva l'avvento dei regno dell'abbondanza e che inoltre, attraverso la dottrina della dittatura dei proletariato, proclamò di avere compiuto la promessa evangelica - «gli ultimi saranno i primi». La nostra ipotesi si fa più credibile se ricordiamo il seguente esempio tratto dalla storia russa: (4) il reggimento di soldati che appoggiò i Decabristi basandosi esclusivamente su una associazione di parole, credeva in tutta sincerità che la «Costituzione» per la quale essi andarono a morire nella piazza del Senato fosse la Sposa dei Granduca Costantino (cfr. G.Vernadski, Storia della Russia). Se una coincidenza tanto casuale può spingere degli uomini a dare la propria vita, figuriamoci le idee-mito e i simboli assorbiti nel corso di millenni dal nucleo stesso dell’anima popolare! 
    Per confermarlo basta analizzare senza pregiudizi migliaia di esempi della storia sovietica degli anni '20-'30. Colui che forse trattò con maggior vigore il tema in questione è lo scrittore russo A. Platonov, le cui opere sono estremamente profonde e realiste. Certamente è proprio con questo fondo escatologico che si intendono meglio alcuni eccessi dell'«internazionalismo» rivoluzionario, il quale, lungi dal significare semplice indifferenza per il proprio passato, si converte nell'affermazione mistica ed escatologica dello stato della «eguaglianza assoluta», realizzabile solo nelle condizioni del vero Paradiso. Questo tipo di «internazionalismo», o almeno la visione che ne avevano i suoi assertori russi, in determinati aspetti si fondeva qualitativamente con il «patriottismo mistico», mosso anch'esso dal desiderio di ritornare agli «archetipi paradisiaci». Paradossalmente la moderna e «progressista» dottrina socialista produsse una risonanza enorme negli strati più arcaici dell'inconscio popolare, fondendosi in una nuova ideologia senza paragoni, dove i «contrari coincidevano», mentre il razionalismo e l'economicismo «scientifico» europei si diluivano nel primitivo e magico sciamanesimo sociale. In questo processo si riflesse anche la possibilità già menzionata di rivoltare «dalla testa ai piedi» la struttura spirituale tradizionale, che converte il Sacro in Antisacro. 
    La rivoluzione russa possedeva un'altra caratteristica archetipica importante: il regicidio. Nel quadro della coscienza nazionale tradizionale, questo fatto poteva possedere solo un significato: la perdita da parte dei «continente interiore» del suo centro benefico, dei suo appoggio morale e del suo asse sacrale. L'assassinio di Nicola II e di tutta la famiglia imperiale trasformò simbolicamente tutti gli abitanti della Russia in «figli della vedova»: rimaneva la Madre Patria, ma a partire da questo momento essi saranno privati dei principio solare e virile rappresentato dallo Zar Padre, l'Unto da Dio. Non fu per nessuna casualità che il regicidio ebbe luogo negli Urali a Ekaterinenburg, quasi sullo stesso 60° meridiano che svolge un ruolo tanto importante non solo nella geografia sacra di Russia, ma di tutta l'Eurasia. Altro particolare interessante: uno degli assassini principali che eseguirono questa impresa sanguinosa, J. Jurovski, nacque nella città di Kainsk, che tanto chiaramente ricorda il nome di Caino, il primo assassino della storia dell'umanità. Nonostante la prima reazione di fronte all'assassinio dell'Autarca fosse un'indifferenza sonnacchiosa, è chiaro che questo fatto doveva lasciare tracce profonde nella vita interiore della nazione, tenendo conto del ruolo da lui svolto e svolto in generale dall'archetipo dello Zar Russo nelle profondità dell'inconscio nazionale. Così, a poco a poco, il peso di questa perdita cominciò a farsi tanto evidente, che la volontà popolare, sottomessa, disorientata ma poderosa, spinse alla superficie un Antizar – Stalin –  il quale in maniera criminale si appropriò della benedizione popolare che in realtà non era diretta a lui. Il regicidio riattivò inoltre il mito della testa di Giovanni Battista, avente relazione con le radici del nome è della forma di sentire dei popolo russo. Ad un determinato livello, l'anima popolare percepì senza dubbio questa relazione, sicché i motivi apocalittici relativi al simbolismo della testa di S.Giovanni, la testa di Mimir ecc. si incrementarono sempre più. Senza il proprio asse, la «Ruota dei Destino» non poteva più girare secondo il ritmo stabilito. La «Russia Interiore» era sommersa nelle tenebre parallelamente alla elettrificazione della «Russia Esteriore», sotto l'azione simbolica dei Diavolo, Lucifero, che in latino significa «Portatore della Luce». E, a partire da un determinato periodo, l'aspetto più oscuro dell'anima russa si manifestò sul piano storico, confermando in certo modo i timori millenari di differenti popoli rispetto alle terre in cui è situata la Russia, stavolta la Russia-Edom, la Russia Rossa. 
  
 

8. Conclusione

    Ci resta solo da riassumere le conclusioni derivate da questo breve studio, dedicato esclusivamente ad un approccio generale al concetto di «Continente Interiore - Russia Mistica».

    1. L'AUTOCOSCIENZA DEI POPOLI E DELLE NAZIONI TRADIZIONALMENTE INSEDIATI SUL TERRITORIO DELLA RUSSIA È IN INTIMA RELAZIONE CON LA GEOGRAFIA SACRA SPECIFICA DI QUESTO TERRITORIO.

    2. QUESTA SPECIFICITA' SI ESPRIME NEL LINGUAGGIO SIMBOLICO DEL PIU' ANTICO MITO ARIO, INDOEUROPEO (PIAN PIANO SCIVOLATO NELLA SFERA DELL'INCONSCIO).

    3. NEL COMPLESSO DELLA GEOGRAFIA SACRA LE TERRE DI RUSSIA OCCUPANO UN LUOGO CENTRALE IN VIRTU’ DELLA ANTICHISSIMA LOGICA DELLE CORRISPONDENZE ASTRONOMICHE ED ASTROLOGICHE.

    4. LA COMPRENSIONE DELL'UNICITA' DELLA RUSSIA DAL PUNTO DI VISTA DELLA GEOGRAFIA SACRA CHIARISCE IN GRAN MISURA L'ENIGMA DEI. «PATRIOTTISMO RUSSO».

    5. IL «PATRIOTTISMO RUSSO» RIFLETTE UN DESTINO DI DIMENSIONI COSMICHE E NON PUO’ ESSERE PARAGONATO AL SEMPLICE NAZIONALISMO DI ALTRI POPOLI.  IN ULTIMA ISTANZA, IL PATRIOTTISMO RUSSO NON E’ UN «NAZIONALISMO».

    6. LE STRUTTURE PIU’ ANTICHE DELLA VISIONE POPOLARE DEL MONDO SI CONSERVANO FINO AD OGGI A LIVELLO DI ARCHETIPI PSICHICI, PREDETERMINANDO IN GRAN MISURA I FATTI STORICI.

    7. LA DIMENSIONE SACRO-GEOGRAFICA DELLA RUSSIA POSSIEDE DUE ASPETTI OPPOSTI, UGUALI QUANTO ALLA LORO FORZA, MA CONTRAPPOSTI FRA DI LORO. QUESTA DUALITA' DI SACRO E DI ANTISACRO, DI BIANCO E DI  ROSSO COSTITUISCE IL PARADIGMA DEL DESTINO RUSSO.

    Crediamo fermamente che lo studio dei nostro «Continente dell'Anima» non sia solo cosa da storici o scienziati. Colui che vive in Russia e sa vedere ciò, vive e vede un Mistero, ereditato dalle generazioni dei nostri antenati più remoti: quelli che lottarono sotto gli stendardi di Alessandro Magno, cavalcarono per la steppa con la cavalleria tartara, adorarono il Figlio di Dio a Bisanzio, accesero il Fuoco Sacro sugli altari di Ahura-Mazda, ascoltarono gli insegnamenti dei druidi sotto le querce d’Europa, osservarono rapiti in estasi spirituale la danza eterna di Shiva-Nataraja, costruirono gli Ziggurat dell'Assiria, distrussero Cartagine, navigarono per i mari su navi aventi la prua a forma di collo di cigno, sempre custodendo il ricordo del CUORE DEL MONDO, del «CUORE D'ORO DELLA RUSSIA» (N.Gumilëv), della RUSSIA MISTICA. 
    Ci stiamo avvicinando al momento cruciale per la sfera spirituale. Le forze mondiali sono in massima tensione e il destino attuale della nostra Patria in gran misura determinerà i destini di tutto il pianeta. E per questo è tanto importante addentrarsi nelle profondità della Santa Russa, arrivare  fino alle sue radici preistoriche, per poter comprendere la sua strana e triste via crucis e per ottenere nuove forze che aiutino a resuscitare questo Paese Sacro, questo Continente Russia. insieme col suo centro segreto coperto di gelo eterno e coi suo Martire coronato, assassinato due volte, prima dalla nostra crudeltà e poi dal nostro oblio. 
 

Traduzione di Danilo Valdorio

NOTE

1) Ed. it.: BUR 1986 (N.d.T.). 
2) Da qui in avanti l'autore utilizza l'antica denominazione Rus, che abbiamo preferito tradurre con il termine «Russia» (N.d.T.). 
3) G. Georgel, Les Rhythmes dans l'Histoire, Milan 1981. (N.d.T.). 
4) L'Autore fa riferimento alla fallita ribellione dei Decabristi del 1825 (N.d.T.).