LA PANDEMIA E LA POLITICA DELLA SOPRAVVIVENZA: GLI ORIZZONTI DI UNA NUOVA FORMA DI DITTATURA

La disgregazione dell’ordine mondiale liberale e delle sue fondamenta

 

Ciò che sta accadendo attualmente è il collasso generale dell’ordine mondiale. Non è minimamente rilevante se la natura del coronavirus sia o meno artificiale, e non è nemmeno di primaria importanza se, qualora fosse artificiale, esso sia stato deliberatamente rilasciato dal «governo mondiale» o meno. L’epidemia è scoppiata, e questo è un dato di fatto. Ora la questione principale è tracciare il modo in cui il «governo mondiale» ha saputo reagire ad essa.

 

Per chiarire, il «governo mondiale» è l’insieme delle élite politiche ed economiche globali e degli intellettuali e dei media (mediacrati) che sono al loro servizio. Un tale «governo mondiale» esiste di certo, giacché su scala globale esistono norme di base, rigorosamente definite, che determinano i parametri di fondo della politica, dell’economia e dell’ideologia.

 

- In economia, l’unica norma riconosciuta è il capitalismo, l’economia di mercato (contestata oggi praticamente solo dalla Corea del Nord – non, e questo è molto importante, dalla Cina, che presenta una propria versione del capitalismo di Stato sotto la direzione del Partito Comunista).

 

- In politica l’unica norma riconosciuta è la democrazia parlamentare liberale, basata sul fatto che la società civile è soggetto e fonte di legalità e legittimazione (oltre alla Corea del Nord, quasi tutti i paesi condividono questo punto, anche se la Cina interpreta la «società civile» in una specifica ottica socialista e in parte nazional-culturale ed effettua uno screening mediatico con mezzi diversi dalle elezioni parlamentari dirette; inoltre alcuni Stati islamici – per esempio, l’Iran e le monarchie del Golfo – possiedono una serie di caratteristiche peculiari).

 

- Per quanto concerne l’ideologia, tutti concordano con la disposizione secondo cui ogni individuo ha una serie di diritti inalienabili (alla vita, alla libertà di coscienza, alla libertà di movimento, ecc.) che tutti gli Stati e le società sono obbligati a garantire.

 

In sostanza, questi sono i tre princìpi fondamentali del mondo globalizzato emersi dopo il crollo dell’URSS e la vittoria dell’Occidente capitalista nella Guerra fredda. I principali attori della politica, dell’economia e dell’ideologia sono concentrati nei paesi occidentali, che fungono da modello per gli altri. Questo è il nucleo del «governo mondiale». Al suo interno, la Cina ha iniziato a svolgere un ruolo sempre più importante, e l’élite della Russia e di tutti gli altri Stati sta rapidamente convergendo su di essa.

 

L’artificialità del coronavirus non è dirimente

 

Non importa se il coronavirus è stato prodotto artificialmente e usato deliberatamente dal «governo mondiale» in questo senso.

 

Ciò che va rilevato è che questo mondo, sotto l’egida di un tale «governo mondiale» e con tutte e tre le sue fondamenta assiomatiche, sta crollando davanti ai nostri occhi. Questo ricorda la fine del campo socialista, del mondo bipolare e dell’URSS; successivamente, uno dei due mondi è scomparso, mentre il rimanente ha esteso le sue regole a tutti gli altri, compresi i suoi avversari di ieri. Lo stesso Gorbaciov voleva entrare nel «governo mondiale» senza sciogliere l’URSS, ma non gli è stato permesso. Né sono stati ammessi i leader filoccidentali della Federazione Russa disposti ad arrendersi all’Occidente. E non lo sono tuttora. E ora, in questo momento, proprio quel «governo mondiale» sta crollando. Avrebbe potuto optare volontariamente per la liquidazione? Difficile. Ma ha reagito al coronavirus come a qualcosa di inevitabile, e questa è stata una scelta.

 

Vi era la libertà di riconoscere il coronavirus come qualcosa di esistente o meno. Ed è con il fatto stesso del riconoscimento della pandemia, che il «governo mondiale» ha firmato la sua condanna. Lo ha fatto con consapevolezza? Non più (o non meno) di quanta ne avesse Gorbaciov con la Perestroika. Nel caso dell’URSS, scompariva un polo mentre l’altro rimaneva integro. Oggi la fine della democrazia liberale planetaria implica la fine di tutto. Questo sistema non ha un paradigma alternativo – al netto della Corea del Nord (che è comunque un puro anacronismo, anche se molto interessante) o della versione di compromesso cinese.

 

Chi avrebbe dovuto sconfiggere il coronavirus e come?

 

Il coronavirus ha già inferto un colpo da cui né la politica, né l’economia, né l’ideologia si riprenderanno. La pandemia avrebbe dovuto essere affrontata dalle istituzioni esistenti, in modo normale, senza modificare le regole di base:

 

- né in politica (il che vuol dire niente quarantena, niente isolamento forzato, né tanto meno uno stato di emergenza);

 

- né nell’economia (nessun lavoro a distanza, nessun arresto della produzione, degli scambi e delle istituzioni finanziarie-industriali o delle piattaforme commerciali, nessuna vacanza, ecc.);

 

- né nell’ideologia (nessuna restrizione, anche se temporanea, ai diritti civili essenziali, alla libertà di circolazione, nessun annullamento o rinvio delle elezioni, dei referendum, ecc.)

 

…ma tutto questo è già avvenuto su scala globale, anche nei paesi occidentali, cioè nel territorio stesso del «governo mondiale». Le fondamenta stesse del sistema globale sono state sospese.

 

Ecco come si presenta la situazione attuale. Per compiere un simile passo, il «governo mondiale» doveva essere stato costretto a farlo. Da chi? Dopotutto, non può esistere un’istanza superiore di autorità rispetto alla moderna umanità materialistica, atea e razionalistica…

 

Il liberalismo come risultato finale dell’era moderna

 

Rimandiamo la questione a un secondo momento e guardiamo ora alla più ampia traiettoria storica compiuta dal moderno sistema liberaldemocratico, cioè dal governo delle «élite politiche liberali» (parlamentarismo), dai grandi attori economici (oligarchie e monopoli transnazionali), dagli ideologi della «società aperta» e dai giornalisti a loro asserviti (compresi quei moderatori di sentiment sui social network e su Internet). Le origini di questo sistema vanno ricercate alla fine del Rinascimento e nella «Nuova era» (la prima modernità) che ne è scaturita, la quale ha visto una rottura fondamentale con il Medioevo per quanto concerne il soggetto del potere e, di conseguenza, per la sua stessa natura. Nel Medioevo e nella società della Tradizione nel suo complesso, la legittimità e la legalità del modello politico della società si basavano sul fattore trascendente – sovrumano, divino. Il soggetto supremo del potere e della legge era Dio, le Sue rivelazioni e le leggi e gli ordinamenti da Lui stabiliti, così come quelle istituzioni considerate i Suoi rappresentanti sulla terra: nel mondo cristiano, queste erano la Chiesa e lo Stato monarchico. La Nuova era della Modernità ha abolito questa verticale e si è posta l’obiettivo di costruire una società su fondamenta terrene. Così, il soggetto principale e fonte di legittimità e legalità è diventato l’uomo, e il «governo celeste» – il «governo del sovra-mondo» – ha ceduto il passo al «governo terreno». La politica, l’economia e l’ideologia sono mutate di conseguenza: sono emersi la democrazia, il capitalismo e la società civile.

 

Per diversi secoli questi princìpi hanno combattuto contro il vecchio ordine (medievale) fino a quando nel XX secolo anche gli ultimi imperi rimasti – il russo, l’ottomano, l’austriaco e il tedesco – sono caduti. Tuttavia, la democrazia liberale doveva ancora far fronte a versioni eretiche (dal punto di vista liberale) della Modernità come il comunismo e il fascismo, che a loro modo interpretavano la «società civile» e l’essere umano in quanto tale: il primo in ottica di classe e il secondo in termini nazionali o razziali. Nel 1945 i comunisti e i liberali hanno insieme messo fine al fascismo e nel 1991 sono caduti i comunisti. I liberali erano gli unici rimasti, e da allora il «governo mondiale» da progetto si è trasformato quasi in realtà, poiché tutti i paesi e le società hanno riconosciuto gli standard della democrazia, del mercato e dei diritti umani. È questo che Francis Fukuyama intendeva nel suo libro La fine della storia e l’ultimo uomo. La storia di questa Nuova era è iniziata con l’obiettivo di sostituire il soggetto celeste con quello terreno, e si è conclusa quando questa sostituzione si è realizzata su scala globale.

 

La fine del mondo liberale e i suoi paralleli con la fine dell’URSS

 

Oggi, invece della fine della storia, cioè del trionfo totale della democrazia liberale, del capitalismo globale e dell’ideologia della «società aperta» (diritti dell’uomo inteso come individuo), siamo piombati da un giorno all’altro in condizioni del tutto nuove. Questo è tanto inaspettato quanto lo è stata la fine dell’URSS. Anche dopo il 1991, molti non riuscivano a capacitarsi che il sistema sovietico fosse scomparso, e alcuni stentano a rendersene conto persino oggi. Naturalmente, la fine del globalismo era stata intuita da alcuni pensatori critici: ne hanno parlato i conservatori, e l’imponente ascesa della Cina, rappresentante un modello peculiare di globalismo, il rifiuto di Putin di cedere il potere al manipolabile e controllabile (come pensava l’Occidente) Medvedev nel 2012, e forse soprattutto la Brexit e l’ascesa del populismo, potrebbero essere tutti chiari segnali che, nonostante la sua prossimità al punto culminante, il globalismo non solo non è stato in grado di raggiungere efficacemente la «fine della storia», ma sta cominciando paradossalmente ad allontanarsene. Sul piano filosofico, i postmodernisti hanno iniziato a riflettere su questo punto, proclamando a gran voce la presenza di qualcosa di sbagliato nella Modernità.

 

Ma la storia non ha altre vie d’uscita: deve o andare avanti sulla scia di quell’inerzia che ha accumulato negli ultimi secoli, a partire dalla Nuova era e dall’Illuminismo, o crollare. Tutti credevano che in qualche modo tutto si sarebbe risolto da solo, e che l’unica cosa che contava era affrontare efficacemente quelli classificati come «nemici della società aperta», cioè Putin, l’Iran, il fondamentalismo islamico, o la nuova ascesa dei movimenti nazionalisti rapidamente sorti in reazione alla crisi migratoria. In generale, nessuno ha pensato a un’alternativa, neppure escludendola consapevolmente. Ed è per questo che, nel momento di grave crisi, il sistema liberale globale ha fallito ed è crollato. Quasi nessuno l’ha ancora capito, ma è già successo. Ed è avvenuto in modo irrevocabile. Il coronavirus, per il suo stesso dato di realtà e soprattutto per il modo in cui è stato affrontato dal «governo mondiale», ha segnato la fine del mondo moderno.

 

La fine de «l’Unico e la sua proprietà»

 

Questo significa che l’umanità perirà? Non lo sappiamo ancora, ma non si può escludere. In questo momento possiamo fare solo supposizioni al riguardo. Quello che invece si può già dire con certezza è che l’ordine mondiale globalizzato basato sul capitalismo, la democrazia liberale e i princìpi dell’individuo sovrano (società civile, società aperta) è già perito. È andato in frantumi, è crollato, anche se verranno ancora intrapresi sforzi disperati per salvarlo per qualche tempo a venire. Come saranno dispiegati e quanto dureranno questi sforzi non è cruciale adesso. Non si può escludere che l’ordine mondiale globalizzato scomparirà del tutto come fosse fumo, proprio come il sistema sovietico si è dissolto nel nulla. Ciò che un attimo prima era realtà, il momento dopo è come se non avesse mai avuto luogo. È molto più importante focalizzarsi su ciò che sta andando a sostituire il vecchio ordine mondiale.

 

La cosa più importante da capire è che non si è trattato di un semplice fallimento tecnico del sistema di governance globale, ma piuttosto dell’elemento finale e conseguente a tutto il processo storico della Modernità, della Nuova era, nel corso della quale il potere è stato trasferito dal soggetto celeste a quello terreno, e questo stesso soggetto – attraverso le battaglie ideologiche e politiche degli ultimi secoli, comprese le guerre calde e fredde su scala mondiale – si è diretto verso una determinata cristallizzazione, quella della democrazia parlamentare, del mercato capitalistico globale e dell’individuo dotato di diritti. L’intero sistema del moderno capitalismo globale è costruito sui presupposti de «l’Unico e la sua proprietà» (Max Stirner). I diritti politici dell’«Unico» (l’individuo completamente avulso dalla nazione, dalla razza, dalla religione, dal sesso, etc.) sono stati fissati e radicati nel sistema globale della democrazia politica. I diritti economici si sono incarnati nelle norme della proprietà privata e nei meccanismi di mercato. Così, la fonte del potere politico ha raggiunto il suo limite immanente: nel liberalismo e nel globalismo sono stati eliminati gli ultimi accenni di verticalità e di «trascendenza» che si erano conservati ancora nelle prime fasi della Modernità, in particolare nelle strutture dello Stato. Da qui l’aspirazione globalista di abolire la sovranità dello Stato e di trasferire i suoi poteri a livello sovranazionale, legalizzando così il «governo mondiale», di fatto già in essere. In altre parole, la storia politica, economica e ideologica della Nuova era si è mossa verso una meta ben precisa, in cui il soggetto puramente umano, immanente, individuale, sarebbe stato finalmente forgiato e posto a base della legittimazione politica. Poco è stato lasciato al caso: la completa abolizione degli Stati avvenuta a livello dell’Unione europea avrebbe dovuto ripetersi su scala globale. 

 

Il finale annullato del liberalismo

 

Questo momento finale, verso il quale tutto era diretto, oggi non è semplicemente rimandato a tempo indeterminato, ma è del tutto vanificato. Se la storia politica antecedente al coronavirus non era riuscita a raggiungere questo punto, di fronte a questa epidemia l’intero processo è crollato. Per contrastare efficacemente l’epidemia, le autorità di quasi tutti i Paesi, compresi quelli occidentali, hanno introdotto la quarantena obbligatoria con misure severe in caso di violazione, oppure hanno dichiarato lo stato di emergenza. I meccanismi economici del mercato globale sono crollati a causa della chiusura delle frontiere, così come le borse e le istituzioni finanziarie. La società aperta e la migrazione senza restrizioni sono entrate in diretta contraddizione con gli standard sanitari di base. Infatti, in tutto il mondo si è rapidamente instaurato un regime dittatoriale, sotto il quale il potere è stato trasferito a un’entità completamente nuova. Né «l’Unico», né «la sua proprietà», né tutte le gigantesche sovrastrutture mondiali che garantivano i loro diritti e status legali e legittimi sono più considerati la fonte del potere politico. È venuto alla ribalta ciò che Giorgio Agamben chiamava la «nuda vita», cioè l’imperativo assolutamente specifico di sopravvivenza fisica che non ha nulla a che vedere con la logica del capitalismo liberale. Né l’uguaglianza, né i diritti, né la legge, né la proprietà privata, né le decisioni collettive, né il sistema di obblighi reciproci, né alcun altro principio fondamentale della democrazia liberale hanno un potere effettivo. Ora hanno importanza solo i meccanismi che contribuiscono alla sopravvivenza, ad arginare l’infezione e a soddisfare i bisogni primari, puramente fisiologici.

 

Ma questo significa che il soggetto del potere sta cambiando radicalmente. Non è più la società libera, né il mercato, né le presupposizioni umanistiche dell’individuo sovrano, né le garanzie della libertà personale e della vita privata. Tutto questo è da sacrificare se si tratta della sopravvivenza fisica. I diritti politici vengono soppressi, gli adempimenti economici vengono annullati, la sorveglianza totale e il rigoroso controllo disciplinare divengono la sola preponderante norma sociale.

 

Se il «governo mondiale» è entrato in stato di emergenza, se si è rivelato impotente o non ha nemmeno osato aggirarla, o è stato semplicemente costretto ad accettarla, allora questo significa che il paradigma che sino a ieri sembrava incrollabile è stato abbandonato. In questa nuova situazione, o non vi è affatto un «governo mondiale», e ogni società si salva come può, oppure il paradigma fondamentale sta cambiando bruscamente trasformandosi in qualcos’altro. Sia nel primo che nel secondo caso, il primo ordine è crollato, e si sta costruendo qualcosa di nuovo sotto i nostri occhi.

 

Conclusioni così radicali non sono solo legate alla portata della pandemia, che non ha ancora raggiunto la sua massima ampiezza. Molto più importante è la percezione dell’epidemia da parte delle élite al potere, le quali hanno abbandonato rapidamente e senza esitazione le loro convinzioni fondamentali apparentemente intangibili. Questa è la cosa più importante. Le misure volte a combattere il coronavirus hanno già minato le basi della democrazia liberale e del capitalismo, abolendo rapidamente il soggetto stesso del potere. D’ora in poi, «l’Unico e la sua proprietà» non è più la base della legalità e della legittimità: nelle condizioni dello Stato di emergenza, il potere viene trasferito ad un’altra autorità. Qualcosa di nuovo sta diventando il detentore della sovranità. Ma di che si tratta?

 

Il coronavirus come soggetto dominante: gli dèi laici della peste

 

Per un verso, si potrebbe dire che il coronavirus stesso (il virus ha un nome «reale» per un motivo) sta manifestando un suo peculiare status di soggetto. Per meglio comprendere questo aspetto, possiamo richiamare alla mente gli antichi dèi pestilenziali, ritenuti delle divinità formidabili nelle credenze religiose dei popoli del Medio Oriente. I popoli della Mesopotamia avevano Erra, Nergal e altri, e nelle tradizioni monoteistiche, in particolare nel giudaismo, le piaghe venivano inviate dalla divinità suprema, Yahweh, per punire gli ebrei a causa della loro idolatria. Nel Medioevo, epidemie e pestilenze erano considerate segni del castigo divino. La società tradizionale può legittimamente conferire lo status di soggetto a fenomeni su larga scala o collegarli all’elemento divino. Tuttavia, nella Nuova era della Modernità, l’uomo si è considerato il padrone assoluto della vita – da qui lo sviluppo della medicina moderna, dei farmaci, dei vaccini, ecc. Pertanto, è come se la completa incapacità dei governi di contrastare il coronavirus oggi stia gettando l’umanità al di là dei confini della Nuova era. Ma quel Dio, o quegli dèi a cui si potrebbe attribuire e relegare la moderna piaga del virus, non esistono più. Il mondo moderno è convinto che il virus debba avere un’origine terrena, materiale e immanente. Ma che tipo di materialità è più forte dell’uomo? Da qui nascono le numerose teorie cospiratorie che collegano l’origine del virus a malfattori che aspirano a stabilire il loro controllo sull’umanità. Per i filosofi del «realismo speculativo», che per decenni hanno pensato alla necessità di sostituire l’umanità con un sistema di oggetti – che si tratti di Intelligenza Artificiale o di cyborg –, al virus stesso potrebbe benissimo essere concesso lo status di attore sovrano, una sorta di iperoggetto (à la Morton) capace di soggiogare le masse degli esseri alla sua volontà, così come fanno la muffa, il rizoma, e così via. In altre parole, il crollo del modello liberale porta in primo piano l’ipotesi dell’attore post-umano, post-umanista.

 

Il Coronavirus, il cui nome latino significa letteralmente «veleno coronato», è quindi (almeno teoricamente) un contendente al ruolo di centro del nuovo sistema mondiale. Se la principale preoccupazione dell’umanità d’ora in poi sarà quella di contrastare il virus, di combatterlo, di proteggersi da esso, ecc., allora l’intero sistema di valori, regole e garanzie sarà ricostruito secondo princìpi e priorità assolutamente nuovi. I realisti speculativi vanno ancora oltre e sono pronti a riconoscere nell’iperoggetto la presenza di entità infernali ascrivibili agli antichi dèi del caos che emergono dal profondo dell’esistenza, ma non è necessario andare così lontano, in quanto già solo se ci limitiamo a ipotizzare che d’ora in avanti la razionalità politica, economica e ideologica si costruirà intorno alla lotta contro i virus contagiosi, otteniamo un mondo differente – per esempio, un mondo igienocentrico – organizzato in modo completamente diverso dal mondo moderno. L’«Unico», la «sua proprietà», e tutte le strutture che garantiscono loro predicibilità, stabilità e protezione, che li elevano al rango di fondamento della legalità e della legittimità, cadranno in secondo piano, mentre il coronavirus o un suo analogo stabiliranno una diversa gerarchia, una nuova ontologia politica ed economica, una differente ideologia.

 

Lo Stato contro il coronavirus. Ma quale Stato?

 

Se osserviamo come si sta svolgendo oggi la lotta contro il coronavirus, possiamo notare un netto e rapido ampliamento del ruolo dello Stato, che durante il corso della globalizzazione era stato considerevolmente relegato in secondo piano. È a livello dello Stato che si prendono decisioni in materia di quarantena, auto-isolamento, divieti di viaggio, restrizioni delle libertà e misure economiche. Infatti, ovunque nel mondo – apertamente o meno – è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Secondo i classici del pensiero politico, e in particolare Carl Schmitt, questo significa l’instaurazione di un regime dittatoriale. Il sovrano, secondo Schmitt, è colui che decide in una situazione di emergenza (Ernstfall), e questo oggi è lo Stato. Tuttavia, non va dimenticato che lo Stato di oggi si è basato, fino all’ultimo momento, sui princìpi della democrazia liberale, del capitalismo e dell’ideologia dei diritti umani. In altre parole, questo Stato oggi sta, in un certo senso, decidendo la liquidazione delle proprie fondamenta filosofiche e ideologiche (anche se tali misure sono per ora formalmente temporanee, non va dimenticato che l’Impero Romano è nato proprio con la dittatura temporanea di Cesare, che poi gradualmente è diventata permanente). Così, lo Stato sta rapidamente mutando, così come il virus stesso muta, seguendo il coronavirus in questa lotta in continua evoluzione che sta spingendo la situazione sempre più lontano dal quadro della democrazia liberale globale. Tutti i confini esistenti, che fino a ieri sembravano cancellati o semidistrutti, stanno nuovamente acquistando rilevanza, non solo per coloro che li attraverseranno, ma anche per coloro che sono semplicemente riusciti a tornare in tempo nel loro Paese. Allo stesso tempo, nei Paesi più grandi, questa frammentazione si sta ripercuotendo sulle singole regioni, dove lo stato di emergenza sta portando all’instaurarsi di proprie dittature regionali, che a loro volta tenderanno a rafforzarsi man mano che la comunicazione con il centro si farà più difficile. Questa frammentazione si estenderà fino alle piccole città e anche ai singoli nuclei familiari, dove la chiusura forzata schiuderà nuovi orizzonti e porterà a nuovi livelli di violenza domestica.

 

Lo Stato ha assunto su di sé la missione di combattere il coronavirus in determinate condizioni, ma sta portando avanti questa lotta in circostanze già diverse. Nel corso di questa missione, tutte le istituzioni statali legate al diritto, alla legalità e all’economia si stanno trasformando. Così, l’introduzione stessa della quarantena capovolge completamente la logica del mercato, secondo la quale solo l’equilibrio tra domanda e offerta e gli accordi conclusi tra datore di lavoro e dipendente possono regolare i rapporti tra gli attori. Il divieto di lavorare per motivi igienici sta facendo crollare irreparabilmente l’intera costruzione del capitalismo. La sospensione della libertà di movimento, di riunione e delle procedure democratiche sta paralizzando le istituzioni della democrazia politica e sopprimendo le libertà individuali.

 

Dittatura post-liberale

 

Nel corso di questa epidemia, sta emergendo un nuovo Stato che inizia a funzionare con nuove regole. È molto probabile che nel corso dello stato di emergenza ci sarà uno spostamento di potere dai governanti formali a funzionari tecnici e tecnologici, ad esempio i militari, gli epidemiologi e le istituzioni create appositamente per circostanze così estreme. La minaccia fisica che il virus rappresenta per i leader li sta costringendo ad essere posti in condizioni eccezionali che non sempre sono compatibili con il pieno controllo della situazione. Con la sospensione delle norme legali, iniziano ad essere applicati nuovi algoritmi di comportamento e nuove pratiche. Nasce così lo Stato dittatoriale, con obiettivi, fondamenti, princìpi e assiomi completamente diversi da quelli dello Stato liberaldemocratico. In questo caso, il «governo mondiale» viene sciolto, perché ogni strategia sovranazionale perde di significato. Il potere si sta rapidamente trasferendo verso un livello sempre più basso – ma non verso la società né verso i cittadini, bensì sul piano militare-tecnologico e medico-sanitario. Una razionalità radicalmente nuova sta acquistando vigore – non la razionalità della democrazia, della libertà, del mercato e dell’individualismo, ma quella della pura sopravvivenza, per la quale la responsabilità ricade su un soggetto che combina un potere diretto e il possesso di una logistica tecnica, tecnologica e medica. Un tale soggetto, nella società della rete, si baserà inoltre su un sistema di sorveglianza totale che escluderà ogni tipo di privacy.

 

Così, se da un lato abbiamo il virus come soggetto della trasformazione, dall’altro abbiamo la sorveglianza medico-militare e una dittatura punitiva fondamentalmente diversa in tutti i parametri propri dello Stato che conoscevamo fino a ieri. Non è affatto garantito che tale Stato, nella sua lotta contro gli «dèi della peste» laici, coincida esattamente con i confini delle entità nazionali esistenti. Poiché non ci sarà ideologia o politica al di là della semplice logica della sopravvivenza, la centralizzazione stessa perderà il suo significato e la sua legittimità.

 

Dalla società civile alla «nuda vita»

 

Riprendiamo ancora una volta la «nuda vita» di Giorgio Agamben, che in maniera analoga e sulla base delle idee di Schmitt in merito allo «stato di emergenza» analizzò la condizione dei campi di concentramento nazisti, dove la disumanizzazione delle persone raggiunse l’estremo, e sotto cui si manifestò la «nuda vita». La «nuda vita» non è la vita umana, ma una qualche altra vita che oltrepassa i limiti dell’autocoscienza, della personalità, dell’individualità, dei diritti e così via. Ecco perché Agamben è stato più radicale degli altri e si è opposto a quelle misure che oggi vengono adottate contro il coronavirus, preferendo persino la morte all’introduzione dello stato di emergenza. Ha intuito chiaramente che anche il più piccolo passo in questa direzione modifica l’intera struttura dell’ordine mondiale. Entrare nella fase dittatoriale è facile, ma uscirne a volte è impossibile.

 

È la «nuda vita» la vittima del virus. Non le persone, le famiglie, i cittadini o i proprietari privati. Qui non vi è nulla di tutto ciò. Esiste solo il fatto dell’infezione, che può trasformare chiunque – anche se stesso – in altro, e dunque nel nemico della «nuda vita» stessa. Ed è la lotta contro quest’altra «nuda vita» che conferisce alla dittatura il nuovo status di soggetto. Allora la società stessa, in balia della dittatura, si trasformerà in «nuda vita» organizzata dalla dittatura secondo la propria peculiare razionalità. Per paura del coronavirus, la gente è pronta a compiere tutti i passi di coloro che si sono assunti la responsabilità dello stato di emergenza.

 

Così, la scissione fondamentale tra i sani e i malati, considerata da Michel Foucault nel suo libro Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, diventerà ancora più invalicabile di tutte le opposizioni che caratterizzano le ideologie classiche della modernità, ad esempio tra la borghesia e il proletariato, gli ariani e gli ebrei, i liberali e i «nemici della società aperta», ecc. e vedrà la sua linea di demarcazione tra i poli della «nuda vita» e i «medici tecnologi», che avranno in mano tutti gli strumenti della violenza, della sorveglianza e dell’autorità. La differenza tra il già malato e il non ancora infetto, che all’inizio giustificava la nuova dittatura, verrà a mancare, e la dittatura dei virologi, che ha costruito una nuova legittimità sulla base di questa distinzione, creerà un modello completamente nuovo.

 

La nuova dittatura non è né fascista né comunista

 

Questa situazione sembrerà a molti ricordare il fascismo o il comunismo, ma questi parallelismi sono del tutto immaginari. Sia il fascismo che il comunismo hanno rappresentato forme di «società civile», anche se di stampo totalitario, con dichiarate ideologie che garantivano i diritti civili – non a tutti, ma alla significativa e, di fatto, schiacciante maggioranza dei loro cittadini. Il liberalismo, riducendo tutte le identità al livello dell’individuo, ha aperto la strada e creato i presupposti per un tipo particolare di dittatura post-liberale che, a differenza del comunismo e del fascismo, non necessiterà di alcuna ideologia, in quanto non avrà motivo di persuadere, mobilitare o «sedurre» l’elemento della «nuda vita». La «nuda vita» è già consapevolmente pronta ad arrendersi alla dittatura, indipendentemente da ciò che essa promette o su cui insiste. Le strutture di una tale dittatura verranno edificate sulla base del fatto che essa si oppone al virus, non sulla base di specifiche idee e preferenze. La dittatura igienico-sanitaria di tipo medico-militare sarà caratterizzata da una logica post-liberale, per la quale l’unica operazione consisterà nel trattamento razionale della «nuda vita», i cui titolari non avranno alcun diritto e nessuna identità. Questo ordine sarà costruito lungo lo spartiacque tra infetti e sani, e questo codice duale sarà tanto potente quanto ovvio, non richiedendo alcuna giustificazione o argomentazione.

 

L’intelligenza artificiale e i suoi nemici

 

Qui mi soggiunge la seguente considerazione: nei vettori di una tale dittatura antivirale post-liberale, non scorgiamo praticamente alcun tratto propriamente umano. Qualsiasi umanità non farebbe altro che intralciare la più efficace gestione della «nuda vita», rappresentando un caos inquieto, tribolante, in cerca di sopravvivenza a tutti i costi. Di conseguenza, l’Intelligenza artificiale, il calcolo meccanico astratto, potrebbe affrontare al meglio questo compito. Nella dittatura medico-militare vediamo una distinta dimensione cibernetica, qualcosa di simile alla macchina, di meccanico. Se la «nuda vita» è il caos, allora dovrà esserci un freddo ordine matematico all’altro polo. E d’ora in poi la sua unica legittimazione non scaturirà dal consenso della società, spogliata di tutto tranne che dell’istinto di sopravvivenza, ma dal criterio stesso della sua capacità di prendere decisioni logiche ed equilibrate senza farsi influenzare da emozioni e passioni superflue. Pertanto, anche se una dittatura igienico-sanitaria di tipo medico-militare verrà istituita dagli uomini, prima o poi i suoi principali attori saranno le macchine.

 

Non si torna indietro

 

Da questa analisi preliminare del futuro prossimo – il futuro che ha già avuto inizio – si possono trarre diverse conclusioni:

 

1. È impossibile tornare all’ordine mondiale esistito recentemente e che sembrava così familiare e naturale che nessuno ha riflettuto sulla sua effimerità. Può darsi che il liberalismo non abbia raggiunto il suo culmine naturale e l’istituzione di un «governo mondiale», o che il crollo nichilistico fosse effettivamente il suo obiettivo originario, solo leggermente velato da un decoro «umanista» sempre meno convincente e sempre più perverso. I fautori dell’«accelerazionismo» filosofico parlano di «Illuminismo oscuro», sottolineando questo aspetto cupo e nichilista del liberalismo come se rappresentasse semplicemente il movimento accelerato dell’uomo verso l’abisso del post-umanesimo. Ma in ogni caso, anziché giungere al «governo mondiale» e alla democrazia totale, stiamo entrando in un’era di nuova frammentazione, di «società chiuse» e di dittatura radicale, forse superiore ai campi di concentramento nazisti e ai gulag sovietici.

 

2. La fine della globalizzazione non significherà in ogni caso una semplice transizione verso il sistema westfaliano, verso il realismo e un sistema di Stati commerciali chiusi (Fichte). Ciò richiederebbe un’ideologia ben definita, che esisteva nella prima modernità ma che è stata completamente sradicata nella tarda modernità, e specialmente nella postmodernità. La demonizzazione di tutto ciò che assomiglia lontanamente al «nazionalismo» o al «fascismo» ha portato al rifiuto totale delle identità nazionali, e ora la gravità della minaccia biologica e la sua cruda natura fisiologica rendono superflui i miti nazionali. La dittatura medico-militare non ha bisogno di ulteriori mezzi per motivare le masse, e inoltre il nazionalismo non fa altro che accrescere la dignità, l’autocoscienza e il sentimento civile della società contraddicendo le regole della «nuda vita». Per la società che verrà, ci sono solo due criteri: sano e malato. Tutte le altre forme di identità, anche quelle nazionali, non hanno alcun significato. Quanto detto per il nazionalismo vale grossomodo per il comunismo, anch’esso un’ideologia motivante che mobilitava la coscienza dei cittadini per costruire una società migliore. Tutte queste ideologie sono arcaiche, prive di senso, ridondanti e controproducenti nella lotta contro il coronavirus. Sarebbe quindi sbagliato vedere un «nuovo fascismo» o un «nuovo comunismo» nel paradigma post-liberale imminente. Si tratterà di qualcos’altro.

 

3. Non si può escludere che questa nuova fase influenzerà così tanto la vita dell’umanità o ciò che ne rimarrà che, dopo aver attraversato tutte queste prove e tribolazioni, l’umanità sarà pronta ad accettare qualsiasi forma di potere, qualsivoglia ideologia e qualunque ordine che possa attutire il terrore della dittatura medico-militare dell’Intelligenza Artificiale. E poi, in un ciclo, non si può escludere un ritorno al disegno del «governo mondiale», ma questo poggerà comunque su basi completamente diverse, poiché la società sarà cambiata in modo irreversibile nel periodo della «quarantena». Non sarà più la scelta della «società civile», ma il grido della «nuda vita», che riconoscerà qualsiasi autorità in grado di offrire la liberazione dall’orrore che si sarà manifestato. Questo sarebbe il momento giusto per quello che i cristiani chiamano l’«Anticristo».

 

Esagerazione e liquidazione dei leader

 

Una tale previsione analitica rappresenta forse un’esagerazione troppo drammatica? Io ritengo che sia abbastanza realistica, anche se, ovviamente, «nessuno sa l’ora», e in ogni situazione tutto potrebbe essere rimandato a data da destinarsi. L’epidemia potrebbe finire bruscamente e si potrebbe trovare un vaccino. Ma tutto ciò che è già accaduto nei primi mesi del 2020 – il crollo dell’economia mondiale, tutte le misure radicali in politica e nelle relazioni internazionali imposte dalla pandemia, lo sconvolgimento delle strutture della società civile, i mutamenti psicologici e l’introduzione di tecnologie di sorveglianza e controllo – è irreversibile. Anche se tutto dovesse cessare proprio ora, ci vorrà così tanto tempo prima che la globalizzazione liberale possa tornare al suo sempre rimandato finale che molti aspetti critici della società avranno già subito profonde trasformazioni. Allo stesso tempo, il presupposto stesso di una rapida fine della pandemia non appartiene alla categoria dell’analisi, ma al regno delle ingenue fiabe a lieto fine. Guardiamo la verità negli occhi: il mondo liberale globalizzato è crollato sotto i nostri occhi, così come l’URSS e il sistema globale del socialismo reale sono crollati nel 1991. La nostra coscienza si rifiuta di credere a questi cambiamenti colossali, e soprattutto alla loro irreversibilità. Ma dobbiamo farlo. È meglio concettualizzarli e comprenderli in anticipo – ora, fintanto che le cose non avranno raggiunto la fase acuta.

 

Infine, può sembrare che questa pandemia rappresenti un’opportunità per quei leader politici che ipoteticamente non si farebbero scrupoli ad approfittare di una situazione così estrema per rafforzare il loro potere. Ma ciò potrebbe funzionare solo per un breve periodo di tempo, perché la logica della «nuda vita» e della dittatura medico-militare appartiene a un registro completamente diverso da quello che il leader più autoritario del sistema mondiale moderno può immaginare. Quasi nessuno dei governanti odierni sarà in grado di mantenere il proprio potere così a lungo e solidamente in condizioni così estreme. Tutti loro, in un modo o nell’altro, traggono la loro legittimità dalle strutture di quella democrazia liberale che si sta smantellando sotto i nostri occhi. Questa situazione richiederà figure, competenze e caratteri completamente diversi. Sì, è probabile che essi comincino questo consolidamento del potere, e alcuni hanno già iniziato a farlo, ma è improbabile che durino a lungo.

 

C’è qualcosa di realmente inedito che ci aspetta, e molto probabilmente sarà qualcosa di veramente terrificante.

 

Traduzione di Donato Mancuso