IL CORONAVIRUS E L’ORIZZONTE DI UN MONDO MULTIPOLARE: LE POSSIBILITÀ GEOPOLITICHE DELL’EPIDEMIA

La pandemia globale del coronavirus ha enormi implicazioni geopolitiche. Il mondo non sarà mai più lo stesso. Tuttavia, è prematuro parlare di che tipo di mondo finirà per essere. L’epidemia non è passata: non abbiamo nemmeno raggiunto il picco. Le principali incognite restano le seguenti:

- quante perdite subirà l’umanità alla fine – quanti morti?

- chi sarà in grado di fermare la diffusione del virus e come?

- quali saranno le reali conseguenze per chi si è ammalato e per chi è sopravvissuto?

Nessuno può ancora rispondere a queste domande, neanche approssimativamente, e quindi non possiamo nemmeno lontanamente immaginare quali saranno i danni reali. Nel peggiore dei casi, la pandemia porterà a un grave calo della popolazione mondiale. Nella migliore delle ipotesi, il panico si rivelerà prematuro e privo di fondamento. 

Ma anche dopo i primi mesi della pandemia, alcuni cambiamenti geopolitici globali sono già abbastanza evidenti e in gran parte irreversibili. Non importa in che modo si svilupperanno gli eventi che seguiranno, qualcosa nell’ordine mondiale è cambiato una volta per tutte.

L’unipolarismo in disfacimento

Lo scoppio dell’epidemia da coronavirus rappresenta un momento decisivo nella distruzione del mondo unipolare e nel collasso della globalizzazione. La crisi dell’unipolarismo e lo sfaldamento della globalizzazione sono stati evidenti fin dall’inizio degli anni 2000 – la catastrofe dell’11 settembre, la forte crescita dell’economia cinese, il ritorno alla politica globale della Russia di Putin come entità sempre più sovrana, la forte mobilitazione del fattore islamico, la crescente crisi migratoria e l’ascesa del populismo in Europa e persino negli Stati Uniti, che ha portato all’elezione di Trump e a molti altri fenomeni paralleli, hanno reso evidente che il mondo formatosi negli anni Novanta intorno al predominio dell’Occidente, degli Stati Uniti e del capitalismo globale è entrato in una fase di crisi. L’ordine mondiale multipolare comincia a formarsi con nuovi attori centrali, le civiltà, come anticipato da Samuel Huntington [Cfr. Aleksandr Dugin, Teoria del mondo multipolare, AGA Editrice, 2019, NdT]. Ma a fronte dei segnali di una emergente multipolarità, una cosa è una tendenza, un’altra è la realtà oggettiva. È come il ghiaccio incrinato in primavera – è chiaro che non durerà a lungo, ma allo stesso tempo, è innegabile che ci si può anche muovere su di esso, anche se correndo qualche rischio. Nessuno può essere certo di quando il ghiaccio incrinato cederà effettivamente.

Ora possiamo iniziare un conto alla rovescia per un ordine mondiale multipolare e il punto di partenza è proprio l’epidemia del coronavirus. La pandemia ha sepolto la globalizzazione, la società aperta e il sistema capitalistico globale. Il virus ci ha costretti sul ghiaccio e le singole enclave dell’umanità hanno iniziato a prendere proprie isolate traiettorie storiche.

Il coronavirus ha sepolto tutti i principali miti della globalizzazione:

- l’efficacia delle frontiere aperte e l’interdipendenza dei paesi nel mondo,

- la capacità delle istituzioni sovranazionali di far fronte a una situazione straordinaria,

- la sostenibilità del sistema finanziario globale e dell’economia mondiale nel suo complesso, di fronte a gravi sfide,

- l’inutilità degli Stati centralizzati, dei regimi socialisti e dei metodi disciplinari nella soluzione di problemi acuti e la totale superiorità di strategie liberali nei confronti di questi,

- il trionfo totale del liberalismo come panacea per tutte le situazioni problematiche.

Le loro soluzioni non hanno funzionato in Italia, né in altri Paesi dell’Unione Europea, né negli Stati Uniti. L’unica cosa che si è dimostrata efficace è stata la netta chiusura della società, la dipendenza dalle risorse interne, il forte potere dello Stato e l’isolamento dei malati dai sani, dei cittadini dagli stranieri, ecc.

Allo stesso tempo, anche i Paesi dell’Occidente hanno reagito alla pandemia in modo molto diverso: gli italiani hanno introdotto la quarantena totale, Macron ha introdotto un regime di dittatura statale (nello spirito giacobino), Merkel ha stanziato 500 miliardi di euro per sostenere la popolazione, e Boris Johnson, seguendo lo spirito dell’individualismo anglosassone, ha suggerito che la malattia debba essere considerata una questione privata che riguarda ogni inglese preso singolarmente e si è rifiutato di effettuare i test a tampone, simpatizzando in anticipo con coloro che perderanno i propri cari. Trump ha stabilito lo stato di emergenza negli Stati Uniti, chiudendo le connessioni con l’Europa e con il resto del mondo. Se l’Occidente agisce in modo così disparato e contraddittorio, che ne sarà del resto dei Paesi? Tutti sembrano salvarsi come possono. Questo obiettivo è stato raggiunto al meglio dalla Cina, che, grazie alle politiche pratiche del Partito Comunista, ha stabilito rigidi metodi disciplinari per combattere il contagio, accusando gli Stati Uniti di diffonderlo. La stessa accusa è stata mossa dall’Iran, che è stato duramente colpito dal virus – anche tra i vertici del Paese.

Così, il virus ha fatto a pezzi la società aperta e ha spinto in avanti l’umanità nel suo cammino verso un mondo multipolare.

A prescindere da come si concluderà la lotta contro il coronavirus, è chiaro che la globalizzazione è crollata. Questo potrebbe quasi certamente segnare la fine del liberalismo e del suo totale dominio ideologico. È difficile prevedere la versione finale del futuro ordine mondiale – soprattutto nei suoi dettagli. Il multipolarismo è un sistema che storicamente non è mai esistito, e se ne cerchiamo qualche remota analogia, non dovremmo rivolgerci all’era degli Stati europei più o meno equivalenti secondo il mondo westfaliano, ma al periodo precedente l’era delle Grandi Scoperte Geografiche, quando, insieme all’Europa (divisa in Paesi cristiani occidentali e orientali), il mondo islamico, l’India, la Cina e la Russia esistevano come civiltà indipendenti. Le stesse civiltà esistevano nel periodo precoloniale in America (gli Incas, gli Aztechi, ecc.) e in Africa. Esistevano collegamenti e contatti tra queste civiltà, ma non esisteva un unico tipo di legame con valori, istituzioni e sistemi universali.

È probabile che il mondo post coronavirus comprenderà singole regioni del mondo, civiltà, continenti che si stanno gradualmente trasformando in attori indipendenti. Allo stesso tempo, il modello universale del capitalismo liberale probabilmente crollerà. Questo modello funge attualmente da comune denominatore di tutta la struttura dell’unipolarismo: dall’assolutizzazione del mercato alla democrazia parlamentare e all’ideologia dei diritti umani, comprese la nozione di progresso e la legge dello sviluppo tecnologico che sono assurte al rango di dogma nell’Europa New Age (dei Tempi Nuovi) e si sono diffuse in tutte le società umane attraverso la colonizzazione (direttamente o indirettamente sotto forma di occidentalizzazione).

Molto dipenderà da chi sconfiggerà l’epidemia e come: laddove le misure disciplinari si dimostreranno efficaci, entreranno nell’ordine politico ed economico futuro come componente essenziale. La stessa conclusione può essere raggiunta da coloro che, d’altra parte, non saranno in grado di affrontare la minaccia di una pandemia attraverso l’apertura e l’assenza di misure severe. L’alienazione temporanea dettata dalla minaccia diretta di contagio da un altro Paese e da un’altra regione, la rottura dei legami economici e la necessaria alienazione da un unico sistema finanziario costringeranno gli Stati colpiti dall’epidemia a cercare l’autosufficienza, perché la priorità sarà la sicurezza alimentare, un’autonomia minima e l’autarchia economica per soddisfare i bisogni vitali della popolazione, al di là di qualsiasi dogma economico considerato inderogabile prima della crisi del coronavirus. Anche laddove il liberalismo e il capitalismo verranno preservati, essi saranno inseriti in una cornice nazionale nello spirito delle teorie mercantiliste che insistono sul mantenimento del monopolio del commercio estero nelle mani dello Stato. Chi è meno legato alla tradizione liberale può benissimo muoversi negli ambiti della più ottimale organizzazione del «grande spazio» verso altre direzioni – tenendo conto delle specificità civilizzazionali e culturali.

Non si può dire in anticipo cosa il modello multipolare nel suo complesso diventerà alla fine, ma il fatto stesso di rompere il dogma universalmente vincolante della globalizzazione liberale aprirà opportunità e strade completamente nuove per ciascuna civiltà.

Dopo il coronavirus: sicurezza multipolare

Il mondo multipolare creerà un’architettura di sicurezza completamente nuova. Potrebbe non essere maggiormente sostenibile o adattabile alla risoluzione dei conflitti, ma sarà diversa. In questo nuovo modello, l’Occidente, gli Stati Uniti e la NATO, se la NATO esisterà ancora, saranno solo un fattore tra gli altri. Gli stessi Stati Uniti non saranno chiaramente in grado (e probabilmente non lo vorranno, se la linea di Trump alla fine prevarrà a Washington) di svolgere il ruolo di unico arbitro globale, e quindi gli Stati Uniti acquisiranno uno status diverso dopo la quarantena e lo stato emergenziale. Lo si può paragonare al ruolo di Israele in Medio Oriente. Israele è senza dubbio un Paese potente, che influenza attivamente l’equilibrio di potenza nella regione, ma non esporta la sua ideologia e i suoi valori nei Paesi arabi circostanti. Al contrario, conserva per sé la sua identità ebraica, cercando piuttosto di liberarsi dai latori di altri valori anziché includerli nella sua composizione. La costruzione di un muro con il Messico e l’invito di Trump agli americani a concentrarsi sui propri problemi interni è simile al percorso di Israele: gli Stati Uniti saranno una potenza potente, ma la loro ideologia liberal-capitalista avrà valenza sono per loro stessi, senza attrarre terzi. Lo stesso varrà per l’Europa. Di conseguenza, il fattore più importante del mondo unipolare cambierà radicalmente il suo status.

Questo, naturalmente, porterà ad una ridistribuzione di forze e funzioni tra le altre civiltà. L’Europa, se manterrà in qualche modo la sua unità, è probabile che crei un proprio blocco militare indipendente dagli Stati Uniti, di cui si è già parlato dopo il crollo dell’Unione Sovietica (il progetto Eurocorps) e a cui Macron e Merkel hanno più volte accennato. Pur non essendo direttamente ostile agli Stati Uniti, un tale blocco perseguirà in molti casi gli interessi prettamente europei, che a volte potranno differire nettamente da quelli degli Stati Uniti. Ciò influirà anzitutto sulle relazioni con la Russia, l’Iran, la Cina e il mondo islamico.

La Cina dovrà trasformarsi da beneficiaria della globalizzazione e adattarsi a perseguire i suoi interessi nazionali come potenza regionale. Questo è esattamente ciò verso cui tutti i processi in Cina si stanno dirigendo ultimamente – il rafforzamento del potere di Xi Jianping, il progetto «One Belt One Road», ecc. Non si tratterà più di una globalizzazione con caratteristiche cinesi, ma di un progetto esplicitamente incentrato sull’Estremo Oriente con caratteristiche peculiari confuciane e in parte socialiste. Chiaramente, i conflitti nell’Oceano Pacifico con gli Stati Uniti a un certo punto si acuiranno.

Il mondo islamico si troverà ad affrontare un difficile problema legato al nuovo paradigma dell’auto-organizzazione, poiché nelle condizioni di formazione dei grandi spazi – Europa, Cina, USA, Russia, ecc. – i singoli Paesi islamici non potranno essere pienamente commisurati ai restanti e difendere efficacemente i loro interessi. Ci sarà bisogno di diversi poli di integrazione islamica – sciiti (con il centro nell’Iran) e sunniti, dove, insieme all’Indonesia e al Pakistan ad est, verrà probabilmente edificato un blocco sunnita occidentale intorno alla Turchia e ad alcuni Paesi arabi come l’Egitto o gli Stati del Golfo.

E infine, nell’ordine mondiale multipolare, la Russia avrà la possibilità storica di rafforzarsi come civiltà indipendente che vedrà aumentare il suo potere a seguito del forte declino dell’Occidente e della sua frammentazione geopolitica interna. Ma, allo stesso tempo, ciò rappresenterà anche una sfida: prima di affermarsi pienamente come uno dei poli più influenti e potenti del mondo multipolare, la Russia dovrà superare la prova della maturità, preservando la sua unità e riaffermando le sue zone d’influenza nello spazio eurasiatico. Non è ancora chiaro dove i confini meridionali e occidentali della Russia-Eurasia saranno post coronavirus. Questo dipenderà in gran parte da quale regime, quali metodi e sforzi la Russia utilizzerà per affrontare la pandemia e quali conseguenze politiche questo avrà. Inoltre, è impossibile prevedere con cognizione lo stato degli altri «grandi spazi» – i poli del mondo multipolare. La costituzione del perimetro russo dipenderà da molti fattori, alcuni dei quali potrebbero rivelarsi piuttosto acuti e conflittuali.

Gradualmente, si formerà un sistema insediativo multipolare – sia basato su un’ONU riformata sotto le condizioni della multipolarità, sia nella forma di qualche nuova organizzazione. Anche in questo caso, tutto dipenderà da come si svolgerà la lotta contro il coronavirus.

Il virus come missione

Senza infingimenti: la pandemia del coronavirus rappresenta un punto di svolta nella storia mondiale. Non stanno precipitando solo gli indici azionari e i prezzi del petrolio, sta crollando anche l’ordine mondiale stesso. Viviamo il periodo che segna la fine del liberalismo e della sua «ovvietà» come meta-narrazione globale, la fine delle sue disposizioni e dei suoi standard. Le società umane diventeranno presto liberamente fluttuanti: niente più dogmi, niente più imperialismo del dollaro, niente più sortilegi del libero mercato, niente più dittatura della Fed o delle borse globali, niente più asservimento all’élite mediatica mondiale. Ogni polo costruirà il proprio futuro sulle proprie fondamenta civilizzazionali. È ovviamente impossibile dire che aspetto avrà tutto ciò o a cosa porterà. Tuttavia, è già abbastanza chiaro che il vecchio ordine mondiale sta diventando patrimonio del passato, e i contorni ben distinti di una nuova realtà stanno emergendo dinanzi a noi.

Ciò che né le ideologie, né le guerre, né gli aspri conflitti economici, né il terrore, né i movimenti religiosi sono stati in grado di fare, è stato realizzato da un virus invisibile, ma mortale. Esso ha portato con sé morte, sofferenza, orrore, panico, dolore... ma anche il futuro.

Traduzione di Donato Mancuso