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La mia visione del mondo – Ottimismo escatologico

Darya Dugina era una pensatrice, una filosofa. Allo stesso tempo, organicamente, era un tutt’uno. Sì, lei si trovava all’inizio del suo percorso filosofico, ed è risaputo che alcuni pensieri e idee richiedono – talvolta in molti anni (o addirittura molti secoli) – una riflessione duratura, ma questa è già un’altra questione. Prima di tutto si deve decidere su un punto fondamentale: se sei filosofo o non lo sei. Darya era una filosofa. Ciò significa che, qualunque sia stato il suo percorso nei mondi della filosofia, di fatto è già prezioso, importante e richiede attenzione. La cosa più difficile è riuscire ad entrare nel territorio della filosofia trovando l’ingresso al palazzo impenetrabile del re. È possibile assediarne le mura quanto a lungo si desideri, ma se ne rimane comunque all’esterno. Irrompere oltre la cinta, ritrovarsi all’interno di un palazzo così saldamente difeso dipende dalla vocazione, dalla Chiamata che un vero pensatore sente nel profondo di se stesso. Darya l’ha sentita».  Così, nella Prefazione di questo libro, scrive Aleksandr Dugin, padre di Darya; il libro si chiude con la Postfazione della madre, Natalia Melentyeva, e con una Postilla del traduttore, Eliseo Bertolasi, già amico e collaboratore di Darya, con la quale si è relazionato in Donbass nel corso degli otto anni di aggressione alla popolazione russofona e russofila dell’Ucraina da parte del regime di Kiev.
Il libro raccoglie, per mano di Aleksandr Dugin e Natalia Melentyeva, filosofi oltre che genitori di Darya, gli interventi sulla filosofia che Darya ha tenuto in vari ambiti: università, interviste e trasmissioni radiotelevisive.

Teoria Europa

«L’Unione Europea è l’Anti-Europa. Qui non c’è assolutamente alcun diritto dei popoli. È una atomizzazione e smembramento delle società organiche europee. Inoltre, il liberalismo e l’atomismo non sono un’idea europea, ma qualcosa di imposto dall’esterno. […] È interessante che, negli anni Settanta del XX secolo, abbiano sostenuto proprio la creazione di una vera unione europea, completamente diversa, basata sui diritti dei popoli, non su ciò che vediamo ora. Non sull’economia e non sull’individualismo, che porta solo a crisi politiche, sociali ed economiche».

MANIFESTO DI UNIONE D’INTENTI CON IL MOVIMENTO INTERNAZIONALE EURASIATISTA

Siamo consapevoli del cambiamento e del compimento dei tempi, in questa fase di passaggio epocale fra Vecchia e Nuova Era, dove l’avvento del Grande Reset ci chiama ad un Grande Risveglio che, come grido nella notte, ci interroga su quale nuova alba dare al mondo intero. Comprendiamo la necessità di un ripensamento radicale di tutti gli schemi e di tutti i paradigmi del vivere umano in termini di linguaggio, metodi, categorie, immagini, modi di pensare e di conoscere, nonché l’idea stessa di politica. Senza rinnegare il retroterra culturale di ciascuno, con le proprie singolarità ed esperienze storicamente determinanti, comprendiamo l’urgenza di un superamento che permetta di costruire Uomini Nuovi e un Mondo Nuovo, nell’istante prolungato di pre-futurità che stiamo vivendo. 

Anarchia. Un’idea necessaria (Da Eraclito ad Alexandr Dugin. Passando per Proudhon)

Da ragazzo avevo anch’io l’A cerchiata disegnata con il pennarello nero sullo zaino Invicta. Devo dire che tale segno da una parte mi affascinava ma dall’altra mi turbava, mi disturbava. Me lo aveva disegnato l’amico Giovanni Rossi, il primo anarchico che conobbi. Per molti anni l’unico. Un ragazzo intelligente, creativo, pallido, ma nel contempo sorprendente. Aveva un qualcosa di inquietante. La sua lucidità spiazzava. La sua contestazione radicale e spontanea di ogni istituzione e credo mi inquietava. Uno spirito imprevedibile, fluido, non classificabile. Non era il suo il solito naturale ribellismo adolescenziale ma possedeva l’asprezza lucida e mite della consapevolezza. Era uno di noi, nessun segno apparente. Era il tempo dei paninari. Nessuna moda in lui però attecchiva veramente. Gli scivolava sopra. Era uno di noi ma era nel contempo del tutto differente nel suo libero pensiero. Oggi è il cantante e guida di un gruppo rock molto interessante: gli Ufo Mammut.

Tutte le società dovranno riorganizzarsi sulla base della loro storia, libere da ogni dogmatismo

Viviamo in un momento critico e cruciale e siamo in piena transizione dall’ordine che si era creato negli anni Novanta del secolo scorso, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. L’Unione Sovietica esisteva nel contesto del bipolarismo. Dopo il crollo di questo, si affermò un ordine unipolare che è durato, più o meno, fino al momento attuale.

Ma vent’anni fa prese corpo un processo alternativo che vide l’autoaffermazione di due poli alternativi all’unico polo atlantista: la Cina e la Russia. La Cina e la Russia appartengono all’Eurasia. Sono due grandi potenze che hanno cominciato a riaffermarsi e sono ritornate sulla scena storica come poteri indipendenti. All’inizio erano in competizione tra loro, ma a poco a poco hanno capito che per uscire dall’influenza occidentale era necessario creare un patto eurasiatico e affermare un ordine mondiale multipolare.

Liberalismo 2.0

Nel momento storico presente, possiamo chiaramente distinguere un fenomeno molto importante: una nuova virata dell’ideologia liberale. Come tutte le altre ideologie politiche, il liberalismo è in costante cambiamento, ma in certi momenti possiamo coglierne variazioni paradigmatiche che ci danno il diritto di affermare: qui qualcosa sta finendo e qualcos’altro sta cominciando. Questo è il prossimo-momento, il momento successivo. È spesso accompagnato dalla caduta di un determinato regime politico o di un equilibrio di potere dopo una grave guerra – ad esempio una guerra mondiale – e così via, ma a volte passa inosservato a livello subliminale latente. Sicuramente, si possono sempre distinguere alcuni sintomi dei cambiamenti prodotti, ma la loro profondità e il fatto di aver raggiunto il punto di non ritorno restano per il momento oggetto di discussione.

Mitogonia. Il ritorno anagogico dell'Epos

La modernità ha ucciso l'eternità e la postmodernità ha ucciso il tempo. Ma il futuro è predeterminato dalla struttura del soggetto. Il futuro ha senso anche prima di avvenire. Ancor di più, ha senso perfino se non avviene.

L'essenza mitogonica dell'arte rappresenta la base di ogni idealità. Mitogonia significa direzione di senso, percezione di un Fato, espressione di una destinazione e di una dedicazione, scelta non reversibile, compimento di un rito propiziatorio, risuonare di una volontà. Per questo l'arte è sempre contemporanea, perchè si apprezza quale concrezione dello spaziotempo nell'assolutezza del determinato. Oggi questo cuore della genesi della visione estetica incontra una grande criticità: il situazionismo quale ideologia, il “mondo quale remake”, il modello reificante e uniformante della società liquido-aerea. 

MANIFESTO DEL GRANDE RISVEGLIO. CONTRO IL GRANDE RESET Schede primarie

Abbiamo così determinato la nostra posizione sul piano storico. E nel farlo, abbiamo ottenuto un quadro più completo di ciò che è il Grande Reset. Esso non è altro che l’inizio dell’“ultima battaglia”. I globalisti, nella loro lotta per il nominalismo, il liberalismo, la liberazione individuale e la società civile, si presentano come “guerrieri della luce”, che portano alle masse progresso, liberazione da migliaia di anni di pregiudizi, nuove possibilità – e forse anche l’immortalità fisica e le meraviglie dell’ingegneria genetica.

Chiunque si opponga a costoro è, ai loro occhi, parte delle “forze delle tenebre”. E secondo questa logica, i “nemici della società aperta” devono essere affrontati in tutta la loro severità. “Se il nemico non si arrende, sarà distrutto”. Il nemico è chiunque metta in discussione il liberalismo, il globalismo, l’individualismo, il nominalismo in tutte le loro manifestazioni. Questa è la nuova etica del liberalismo. Non c’è niente di personale. Tutti hanno il diritto di essere liberali, ma nessuno ha il diritto di essere altro.

Maschera e persona. Note a margine del Volto Eterno

La “morte di Dio” e l’occultamento nichilistico del sacro nella modernità, la cui fenomenologia è splendidamente delineata in Cavalcare la tigre, rendono tuttavia impraticabile, per l’uomo del Novecento, e ancor più per quello del nuovo millennio, l’utilizzo rituale della maschere tradizionali nel gioco/rito della rappresentazione sacra. Eppure rimane, inscritta nella carne del singolo, la sua potenzialità di assurgere a maschera, ossia a persona autentica: ecco la chiave tramite cui l’uomo differenziato può ancora accedere a un’antropologia non moderna nel cuore stesso del moderno: «L’uomo in quanto persona (=maschera) si differenzia già per questo dal semplice individuo, ha una forma, è se stesso e appartiene a sé stesso». Per elaborare questo itinerario nel centro nevralgico del nichilismo moderno, Evola riprende, non a caso, immagini ed exempla tratti da orientamenti spirituali e filosofici caratterizzati da una radicale interiorizzazione del rituale – sempre in senso cosmico-esoterico, e non soggettivistico, tuttavia: lo stoicismo e il Buddhismo Zen configurano, al di là delle distinzioni specifiche, l’attitudine operativa paradigmatica dell’uomo differenziato.

L’asse archeofuturista di Aleksandr Dugin, da Platone a Heidegger

L’intera speculazione filosofico-politica duginiana è un coraggioso tentativo di squadernare inediti scenari ermeneutici, simbolici e narratologici grazie ai quali comprendere – e demiurgicamente orientare – un nuovo orizzonte comunitario di senso e destino.

Se la Quarta Teoria Politica rappresenta un cantiere aperto per l’elaborazione di una dottrina e prassi politica capace di oltrepassare le tre grandi narrazioni ideologiche del Novecento (liberalismo, comunismo, nazi-fascismo) secondo un asse archeofuturista che collega istanze tradizionali a scenari postmoderni, il Platonismo politico costituisce una formula per tematizzare nuovamente in senso assiale, tradizionale e organicista l’assetto del Politico, attraverso uno sforzo rivoluzionario-conservatore volto a ripensare sulla base di una “topografia verticale” e di una “politica trascendente” l’assetto complessivo della vita aggregata dell’uomo del nuovo millennio

Idee e spunti sulla trappola liberalista tratti dall’intervento di Aleksandr Gel’evič Dugin a “Identitas”, Udine 2019 (parte prima)

Come spesso mi capita quando mi reco ad ascoltare dei personaggi di un certo rilievo a una conferenza su temi di mio interesse, anche in questo caso, forse e probabilmente anche più di altre volte, vuoi per il tema stesso vuoi per la modalità di dialettica messa in campo dagli esperti, sono fioccati in me molti spunti di riflessione che ho tentato di riassemblare mentalmente man mano che, discorso dopo discorso, il filone della conferenza stava delineandosi. Identità, una parola e soprattutto un concetto che non esagererei a definire come il cardine sul quale poggiano e ruotano svariate mie iniziative; quelle interne al “Forum Julii Project” ad esempio, ma non solo. Persino le prime interviste amatoriali ai parenti, nel 2008, avevano a che fare con l’identità. Da appassionato di storia, di eventi e contesti del passato, di territorio, di etnie, di geografia, di cultura, di tradizioni, di storie più meno sconosciute, l’identità per me si può dire che sia tutto, tanto più se in essa convergono le più profonde ed essenziali spiegazioni di Francesco Catona e Raffaele Morelli (due psicoterapeuti, a mio avviso, brillanti e di fama nazionale) rispetto al senso dell’esistenza umana. Ma evitando di partire con parentesi quanto mai generiche e dispersive, cerco ora di concentrarmi e di arrivare al punto. Vorrei infatti proprio cominciare da ciò che più mi ha colpito internamente alla conferenza suddetta.

PRIMA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA QUARTA TEORIA POLITICA (Introduzione)

Il declino dell’ordine mondiale liberale è sotto i nostri occhi. Il mondialismo è al collasso. Lo vediamo ad esempio negli Stati Uniti, in cui esso si trova in uno stato di autentica agonia, con l’amministrazione Trump – il quale ha una posizione molto più moderata in relazione all’agenda liberale globale – che viene vissuta dai globalisti come un qualcosa di fatale, una minaccia esistenziale. Ce ne rendiamo conto dal fatto che i globalisti non hanno alcuna remora a demolire gli stessi Stati Uniti pur di promuovere il loro candidato; essi sono intenzionati a sostenerlo e a preservare l’ordine mondiale liberale a qualsiasi prezzo, anche se il prezzo fosse rappresentato dagli Stati Uniti stessi.

PER UNA DECOSTRUZIONE DELLA DEMOCRAZIA

La democrazia oggi non può essere discussa obiettivamente. Essa non è un concetto neutrale: dietro la «democrazia», intesa come regime politico e corrispondente sistema di valori, si cela l’Occidente, l’Europa e gli Stati Uniti. Per costoro la «democrazia» rappresenta una forma di culto laico o uno strumento di dogmatica politica, per cui, per essere pienamente accettati nella società occidentale, è necessario essere da principio «per» la democrazia. Chi la mette in discussione cade fuori dal campo della correttezza politica. […]

È allora opportuno ricordare che la democrazia non è un concetto autoevidente. Essa può essere accettata o respinta, istituita o demolita. Sono esistite società splendide senza democrazia e società detestabili con la democrazia, ma anche l’esatto contrario. La democrazia è un progetto umano, una costruzione, un programma, non un destino. Può essere scartata o accolta. […] Elevarla al rango di dogma e negare le sue alternative chiude alla possibilità stessa del libero dibattito filosofico. […]
 

Coronavirus, il naufragio del modello liberale e “la quarta teoria politica”

A ben vedere, mai nessuno avrebbe pensato che si sarebbe arrivati all’emanazione di provvedimenti draconiani di tal fatta per limitare il pericolo di contagio, provvedimenti che mettono in seria discussione la garanzia dei diritti fondamentali. È interessante rilevare come i decreti posti in essere dal governo italiano per fronteggiare questa situazione appaiano più simili a quelli della autoritaria Cina che a quelli adottati dai liberali paesi anglosassoni, e come si guardi giuridicamente a un modello orientale piuttosto che a quello occidentale. Nel frattempo l’Unione europea, da sempre sostenitrice dell’austerità economica e di quello che Giulio Sapelli definisce “ordoliberismo”, pare disponibile a fornire aiuti e flessibilità per fronteggiare questa pandemia, nonostante le dichiarazioni della neopresidente della Bce Christine Lagarde.

HEIDEGGER, SOHRAWARDI E PARMENIDE: UNA SINTESI EURASIATICA

L’analisi del filosofo tedesco comincia dalla constatazione che Parmenide pensa la Verità come una dea, la dea ‘Aλήθεια, e che lo stesso pensiero parmenideo sembrerebbe assumere il tono di una “rivelazione religiosa”. Questo ha portato taluni filologi a sostenere che il poema parmenideo sia costruito ad imitazione di quelli omerici. Tuttavia, secondo Heidegger, ciò che questi filologi non avrebbero compreso è il fatto che Parmenide Omero non invocano alcuna divinità, ma sono essi ad essere invocati dal divino. Parmenide e Omero non fanno altro che assecondare la chiamata dell’Essere; svelando la “verità” e preservandola dal suo occultamento. La verità in senso greco viene infatti espressa in termini negativi (il termine αλήθεια presenta l’alpha privativo al suo inizio) come disvelamento. La verità è lo svelato: qualcosa che va conquistato con il conflitto, strappandolo all’occultamento, e che si comprende soltanto in relazione al suo opposto essenziale, il “falso”. L’essenza della verità è l’assenza di falsità ed in tale essenza è decisivo il conflitto con la velatezza.

HEIDEGGER, GUÉNON E IL MULTIPOLARISMO

È importante premettere che applicare le categorie del pensiero heideggeriano, così come gli studi tradizionali di René Guénon, alla geopolitica, è sempre un’operazione estremamente complicata, rischiosa e suscettibile di possibili fraintendimenti. Tuttavia la diretta discendenza della geopolitica dalla geografia sacra e dalla stessa conoscenza sacra, come spesso sottolineato da Claudio Mutti, teoricamente potrebbe rendere questo procedimento più scorrevole. È altresì importante sottolineare che tanto per la geopolitica quanto per la geografia sacra il concetto di Polo ricopre un ruolo cruciale, e che per entrambe lo spazio è più importante del tempo. Partendo da questo presupposto si può sviluppare l’idea di multipolarismo (o policentrismo) utilizzando come punti di riferimento due modelli filosofici che, seppur distanti, mostrano rilevanti punti di convergenza.

Evola cavalca la tigre in questa postmodernità

Nell’epoca contemporanea assistiamo a un’idolatria nei confronti del liberismo, fenomeno che ha portato a un aumento della ricchezza mondiale. L’uomo, tuttavia, non si pasce serenamente di questo benessere economico in quanto rileviamo un acuirsi delle patologie mentali, soprattutto nei paesi industrializzati. Se oggi è facile dimostrare una connessione tra questi due fenomeni, nel secolo scorso farlo era assai più arduo. Julius Evola ci aveva però avvertiti delle nefaste conseguenze a cui si sarebbe giunti seguendo il globalismo e aveva rigettato l’idea di progresso infinito. In Cavalcare la tigre il filosofo aveva evidenziato le caratteristiche che l’uomo differenziato deve avere per affrontare il Kali Yuga.

SOGGETTO RADICALE E TRADIZIONALISMO COME RISPOSTA AL MONDO POST-MODERNO

A distanza di qualche mese dall’uscita de Il sole di mezzanotte. Aurora del soggetto radicale[1], ho il piacere di tornare a parlare di Aleksandr Dugin in Ereticamente (precedente saggio reperibile a questo link: https://www.ereticamente.net/2019/08/la-catabasi-del-soggetto-radicale-f...). La circostanza che mi conferisce questa lieta possibilità è l’uscita di Teoria e fenomenologia del Soggetto Radicale (AGA-Cusano Milanino, 2019, 432 pagine, 28,00 euro), saggio curato da Francesco Marotta, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco, in cui il filosofo russo approfondisce in maniera esaustiva le teorie già presentate nel precedente opuscolo. Il libro è impreziosito anche da alcuni apparati critici e da appendici che aiutano a sviscerare meglio i concetti in esso presenti.

PRINCÌPI PER COMPRENDERE LA CIVILTÀ CINESE

La Cina è considerata una civiltà indipendente e unica da parte praticamente di tutti, pertanto non occorre spendere parole per dimostrare un fatto ovvio. Piuttosto, dovremo spenderci nel tentativo di rivelare la struttura del Logos di questa civiltà e di determinarne per quanto possibile la mappa geofisica sia all’interno dei confini della Cina che al di fuori di essa, nonché nel dialogo con le civiltà vicine.

La cultura cinese ha esercitato un’nfluenza enorme e a volte decisiva sui popoli vicini, in primo luogo sulla Corea, sul Vietnam e sul Giappone, che in certe epoche si ritenevano tutti parte della Grande Cina – non nel senso di unità politica, ma come parti indelebili e organiche della civiltà cinese e dell’orizzonte cinese. Questo orizzonte ha avuto un impatto sostanziale anche sui popoli del Tibet così come sui nomadi del Turan confinante con la Cina del Nord. Inoltre, possiamo riscontrare determinate influenze dell’elemento cinese tra i popoli dell’Indocina e del Sud-Est asiatico, così come in Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia, Malesia, e, anche se in misura minore, Indonesia e Filippine.

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 10. LA NOOMACHÌA NEL XXI SECOLO

Siamo così giunti al termine dell’ultima lezione di questo corso introduttivo alla Noomachìa. Ciò di cui abbiamo appena discusso è la spiegazione metafisica per sommi capi della Noomachìa nel XXI secolo. Al termine di questo corso, possiamo domandarci dove si trova la Serbia in questo momento della Noomachìa. Questa è una questione aperta e non possiamo rispondere astrattamente. Spetta al popolo serbo, così come agli altri, decidere il proprio posto. Ma è importante sottolineare che questa decisione sarà possibile solo fino a quando giungeremo al «momento della singolarità». Abbiamo quindi un tempo molto limitato a nostra disposizione. Finché esiste il Dasein, la scelta è sempre possibile. Ma quando saremo irreversibilmente rimpiazzati dall’intelligenza artificiale e privati della nostra mortalità, condizione di esistenza del Dasein secondo Heidegger, smetteremo di essere ciò che siamo e perderemo irreversibilmente la possibilità della decisione. Oggi abbiamo ancora un piccolo lasso di tempo dinanzi a noi, ma ciò a cui stiamo andando incontro è molto più terribile e orribile della tortura, di una catastrofe, della morte stessa. È la fine del Dasein umano per come lo conosciamo.

 

IL LOGOS DELL’EUROPA: CATASTROFE E ORIZZONTI DI UN ALTRO INIZIO

La moderna civiltà europea rappresenta la continuazione storica della civiltà mediterranea. Questa continuità è dominata dalla componente indoeuropea, dacché la tradizione indoeuropea costituisce la principale matrice linguistica e culturale dell’Europa. Se ripensiamo alla ricostruzione del sistema trifunzionale ad opera di Dumezil, otterremo immediatamente una mappa sociologica dell’Europa, la cui struttura sociale è dominata dal principio costantemente riprodotto delle tre caste dominanti: sacerdoti, guerrieri e produttori. In effetti, nelle varie fasi storiche europee e sotto nomi diversi, non incontriamo altro che tale stratificazione sociale.

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 9. IL LOGOS SERBO

Possiamo dire che la Serbia di oggi rappresenti un simulacro della vera Serbia. Un simulacro archeomodernista, in parte arcaico e in parte perverso, caricaturale. Pertanto, anzitutto dobbiamo risolvere questo problema restaurando l’autenticità serba, il puro Stato che si nasconde dietro il simulacro, estraendone il grano di verità. Ad oggi vi è uno Stato serbo, che è già qualcosa; forse un po’ goffo, nondimeno esso esiste, e va visto come un’opportunità. Certo, di per sé non è una risposta. Ma la sua esistenza rappresenta un valore positivo. Il popolo serbo, la tradizione serba, la cultura serba, il retaggio serbo, lo Stato serbo, la Chiesa serba. Tutto ciò ad oggi esiste e non è poco.

 

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