La catastrofe del platonismo (Idea e Rappresentazione)

Possiamo tracciare un parallelo con il tema biblico dell’apparizione del serpente nel paradiso terrestre. Sembrerebbe che in Cielo, Adamo ed Eva dimorino nella beatitudine e nell’abbondanza, ma anche in questo mondo bello e fresco, le forze delle disgrazie future si fanno già conoscere. Anche prima di allora, anche all’alba della Creazione, quando l’ordine viene creato e tutte le creature sono vicine a Dio, il primo degli Angeli, delle entità di luce, degli spiriti tutelari, si ribella e viene gettato nell’abisso con i suoi sostenitori. Da questo abisso egli penetra poi nel paradiso terrestre e alla fine dei tempi il suo potere si estenderà sul mondo, sul cosmo. Ma il diavolo, il male, presagio della fine, appare già nelle prime pagine della storia sacra del mondo. In un cielo sereno e azzurro, il suo corpo agile si intreccia attorno all’albero proibito della conoscenza del bene e del male e tenta Eva di assaggiarne i frutti.
Allo stesso modo, all’interno del primo Inizio, nella situazione della massima tensione delle forze spirituali e della “filosofizzazione” primordiale celeste, il grande balzo pre-socratico, quando la filosofia, divenendo ontologia, esita ancora indecisa su come interpretare l’essere degli esseri, la fine si avvicina già. Questa prima fine è una fine all’interno del primo Inizio. Heidegger non considerò mai questa fine con disprezzo, leggerezza, arroganza, disprezzo. Lo onorò e se ne rallegrò, perché era davvero una cosa grande. Anche nell’errore e nell’illusione c’è talvolta una scala e una portata degne di venerazione.
Per Heidegger il vero essere (Seyn) parla attraverso la catastrofe del pensiero socratico e platonico, anche se in modo estremamente indiretto, attraverso l’oblio di se stesso (Seinsverlassheit), attraverso il suo occultamento. La fine all’interno del primo Inizio è determinata da un nome importante: Platone. Secondo Heidegger, Platone, e prima di lui Socrate, e dopo di lui Aristotele, è il nome preciso e la legalizzazione storica della più grande catastrofe. Qui l’insegnamento delle idee svolge un ruolo fondamentale. Heidegger scompone gli aspetti etimologico-filosofici fondamentali del movimento del pensiero platonico, che lo conduce all’insegnamento delle idee. L’illuminazione di Platone [озаренность] con le idee e l’introduzione delle idee nel quadro della sua filosofia rappresentano per Heidegger sia grandezza che sostituzione fondamentale. La grandezza consiste nel fatto che il pensiero di Platone, come anche di tutta la filosofia greca dell’epoca dell’Inizio, è mosso dalla questione dell’essere degli esseri. In altre parole, abbiamo a che fare con quel salto unico e inatteso che il pensiero greco compie dalla verità degli esseri alla verità dell’essere. Ed è impossibile non vedere questa traiettoria del pensiero in tutto il suo trionfo, rischio e tensione, in tutta la sua fatalità e fatalità, in Platone, nello stato d’animo stesso della sua filosofia.
La sostituzione consiste nei seguenti elementi. Prima di Platone, il pensiero filosofico dei Greci oscillava ancora tra considerare φύσις/λόγος («physis/logos») come il vero nome dell’essere, e quindi relazionarsi con l’essere come esseri, e spostarsi sempre più in alto e più profondo e “cogliere” l’essere come un evento unico (Ereignis), che non ha nulla in sé degli esseri; cioè come Seyn (ontologia fondamentale). La filosofia pre-socratica può ancora essere interpretata in due modi. In questa domanda Platone puntò tutte le «i», interpretando la precedente tradizione filosofica come ontologica e compiendo un ulteriore passo molto importante in una direzione ontologica (e ora già inequivocabilmente non-fondamentale-ontologica). L’insegnamento di Platone è la sostituzione del vacillamento dell’ontologia pre-socratica (la manifestazione dell’essere – Essere? Seyn? – attraverso gli esseri) con la presentazione dell’essere come idea. Con Platone, l’essere diventa ciò che viene posto davanti all’uomo, e ciò dà origine ad un fenomeno come «presentazione» [«представление»: cioè “prima di mettere”, “prima di porre”; senza trattino, la parola viene comunemente tradotta come “rappresentazione”], Vor-stellung. L’uomo sta davanti alle idee, le idee stanno davanti alle cose del mondo. L’etimologia della parola ιδomagaα è connessa con la visualizzazione e ha origine nella capacità di visione.
Ad ogni livello del racconto della grotta nel dialogo di Platone La Repubblica, dove per la prima volta viene dato l’insegnamento sviluppato sulle idee, si discute proprio sulla visione, dapprima dell’ombra, degli oggetti stessi, e infine delle idee. In questo procedimento dell’introduzione delle idee, si verifica nel centro stesso del pensiero filosofico una riduzione delle operazioni basilari della conoscenza alla chiara visione, alla scoperta delle idee, che sono i modelli celesti delle cose e dei fenomeni. Ma il contatto con le idee presuppone l’essere di fronte ad esse, solo così si possono “vedere”. Da qui inizia l’epoca di una direzione molto peculiare nel movimento della ragione, un’epoca di una razionalità molto peculiare, che con Platone e Aristotele diventa il destino della filosofia dell’Europa occidentale, predeterminandone assolutamente tutte le tappe, compresa la modernità, e prima ancora il Medioevo e prima ancora la tarda antichità. Per Heidegger, i pre-socratici si trovavano nel mondo, dentro di esso; erano esseri tra esseri, esseri pensanti e pensare di esseri tra esseri. Tali erano gli antichi Greci nel complesso. Inoltre, i filosofi, dimorando negli esseri e pensando agli esseri, hanno deciso l’affondamento divino (il δαίμον dei filosofi) a favore dell’essere (Sein? Seyn?), non rompendo completamente il legame né con l’uomo né con la “naturalità”.
E filosofando nello stupore e nello stupore, in uno stato di meravigliosa estasi in un istante (del daimon) hanno permesso ai loghi di pensare attraverso di loro, dando all’essere l’opportunità di venire, mostrarsi attraverso l’apertura attraverso di loro [сбыться лерез них]. Qui con l’arrivo di Platone e il suo insegnamento sulle idee l’uomo sta davanti agli esseri: non è più nel mondo, è davanti al mondo; è vor-gestellt, è pre-presentato al mondo, sta-di fronte ad esso. Non è più in grado di associarsi direttamente agli esseri, alle cose del mondo. Non può partecipare alla “non celatezza” del mondo (cioè alla sua verità pre-socratica). D’ora in poi, egli è destinato a porre costantemente tra tutto, prima di tutto e sopra tutto l’idea, un’autorità aggiuntiva di un modello visualizzato. Dalla dinamica dell’occultamento [«скрытия/сокрытия»] e dalla costante esplosione dell’essere negli esseri passiamo al Sein als Idea (essere come idea) e, di conseguenza, ad un’autorità supplementare: all’idea, che sostituisce l’essere con se stessa. La più terribile delle cose che Platone compì consisteva nel fatto che ha equiparato l’idea con Sein. L’idea è stata messa al posto di Sein.
Con la sua decisione, Platone compì due gesti ontologici, fatali per la filosofia dell’Europa occidentale: stabilì (implicitamente) a favore degli esseri l’esitazione nella questione dello status di φύσις; interpretò cioè senza ambiguità il φύσις come l’essere degli esseri come essenza (Seiendheit, ο οςσία), e poi identificò l’essenza con l’idea (Platone parla senza ambiguità dell’idea come essenza, oυσία). Grazie a questo doppio movimento, il passaggio verso l’essere Seyn è stato irreversibilmente chiuso e sebbene Platone stesso e i filosofi che si unirono a lui (in particolare Aristotele) sollevino costantemente la questione dell’essenza degli esseri, cioè non si tolgano di vista l’essere, d’ora in poi si discute solo dell’Essere come genere, forma, rappresentazione dell’Essere. La copia visiva ontologica si spaccia come l’originale fondamentale-ontologico. D’ora in poi tutto cambia rispetto alla filosofia pre-socratica. La verità appare d’ora in poi non come l’inconsapevolezza del φύσις (e, forse, come l’inconsapevolezza dell’essere celato – per φύσις e per λόγος), ma come corrispondenza (riferimento). Inoltre, ciò a cui gli esseri corrispondono è d’ora in poi l’idea, vale a dire ad un altro [degli] esseri, che è come Essere e che è contemplato dalla mente. In questo momento, la topografia ontologica aperta (con possibilità di essere fondamentale-ontologica) del primo salto della filosofia si chiude definitivamente nel limite superiore, dove si colloca l’idea, e la prima delle idee, l’idea del bene (τό omagaγαθόν).
Proprio da questo momento, nel quale brilla ancora il pensiero dell’essere degli esseri, inizia il processo del progressivo oblio dell’essere (Seinsverlassenheit) e la formazione del nichilismo europeo. Il passaggio al Seyn-Essere viene irreversibilmente bloccato, e al posto del Seyn-Essere viene posto il Seyn-Essere come essenza, Idea e, di conseguenza, come esseri stessi. D’ora in poi e fino all’ultima fine della filosofia nel XX secolo, la verità viene pensata esclusivamente come riferimento, cioè come corrispondenza di un essere all’altro (prima si suggerisce che essa corrisponda all’essere supremo, poi semplicemente ad un altro essere). Successivi post-socratico filosofi messo vari costrutti ontologici al posto dell’idea come Sein. Così, l’allievo di Platone, Aristotele, sceglie la omagaργεια (energia). Più tardi, altri filosofi preferiranno altri pretendenti per la sostituzione dell’ufficio degli esseri più elevati. Ma questo non cambia l’essenza del quadro. Dopo Platone, la topografia ontologica si stabilisce una volta per tutte e rimane in vigore dalla fine nel quadro del primo Inizio fino all’ultima e ultima Fine.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini