Russia

Il necrologio per Eduard Limonov

Le sue opinioni politiche si aggiungevano a quel grande amore – l’amore verso se stesso –, che rendeva il mondo esterno e gli altri uomini disgustosi e meschini quanto lui stesso era bello, luminoso, indomito, libero e incomparabilmente migliore. Questa postura era del tutto esplicita – «Eccomi, sono Ed» –, provocatoria e anarchica, sfuggendo spesso agli osservatori esterni, confondendoli. Sarebbe di cattivo gusto prendere le sue strategie poetico-politiche con serietà. Il suo “fascismo” o “nazionalismo” erano solo una postura, un dandysmo iper-individualista volto a spaventare il pubblico. Prendere troppo sul serio Limonov significa mancare di senso estetico.

 

PUTIN O SUPER-PUTIN

Senza Putin, le élite e il potere in generale perderanno ogni tipo di legittimazione, come sotto Eltsin. Tuttavia, in tutti questi anni non sono state create strutture che riflettessero la posizione del popolo. Ciò in gran parte è dovuto alle peculiarità della società russa, ma in parte è dovuto anche alla strategia delle autorità (e, in particolare, dello stesso Surkov), le quali hanno sottoposto a repressione qualsiasi iniziativa popolare indipendente o l’hanno sostituita con dei simulacri privi di senso. Alcuni simulacri del “popolo” dell’élite sono stati approntati per il dopo-Putin, ma è improbabile che funzionino, dal momento che la questione principale sul destino della Russia dopo Putin si collocherà su un piano storico piuttosto che politico-tecnologico. Il popolo che richiede patriottismo e giustizia sociale si troverà in diretta opposizione all’élite che, seguendo Surkov, cercherà di costruire un “putinismo senza Putin”, che tuttavia in mancanza di Putin non potrà in alcun modo concretizzarsi. È assolutamente impossibile prevedere come andrà a finire tutto questo, ma certamente non quello che scriverà Surkov in merito. Naturalmente, egli per molti versi farà appello ai liberali dormienti e che vedono la fine di Putin precisamente come un ritorno agli anni ’90. Ma essi semplicemente non crederanno a Surkov, e forse è giusto così. Infatti, dal punto di vista delle élite russe, che si considerano parte dell’élite globale, è nel proprio interesse contenere il patriottismo, legarsi all’Occidente, cedere sovranità e sputare sulla legittimazione popolare (come pure sul popolo stesso). Affinché le élite credano nella serietà dell’imperativo patriottico, sono necessarie repressioni dimostrative molto più vaste e sistemiche (e non selettive) di quelle di Putin. Ma Surkov non dice nulla al riguardo. Al fine di preservare l’equilibrio in seno alla società nella prossima fase post-putiniana, è necessario lanciare un attacco contro le élite, imporne l’avvicendamento qualitativo, la loro pulizia, solo questo può mantenere un certo equilibrio. Lo stesso equilibrio esistente oggi in nessun caso si rafforzerà dopo Putin, anzi potrà solo indebolirsi. Di conseguenza, un conflitto risulta inevitabile.

MOSCA COME IDEA

Mosca non è solo una grande città, non è solo una grande capitale, non è solo il simbolo di un impero gigantesco. Mosca è un concetto fondamentale di teologia e geopolitica.

Mosca è stata chiamata la "Terza Roma" non solo come metafora o manifestazione auto-indulgente di un orgoglio strettamente nazionale. Tutto va molto, molto più in profondità. Nell'Ortodossia è presente l'insegnamento speciale delle "tre Rome". La prima era la Roma imperiale prima di Cristo, proprio quella sul cui territorio il Figlio di Dio mise piede sulla terra. Questa Roma era una realtà universale, che univa spazi enormi e una molteplicità di popoli e culture in un'unità di civiltà.

La Seconda Roma, la Nuova Roma, era Costantinopoli, la capitale dell'Impero Romano, che aveva accettato la benedizione del santo battesimo. Da quel momento in poi, l'Impero Romano acquisì un significato puramente ecclesiastico e profondamente cristiano. L'imperatore ortodosso (Basileus), a capo dell'Impero, fu identificato con il personaggio misterioso dalla seconda lettera dell'Apostolo Paolo ai Tessalonicesi: il "frenatore", "katechon", colui che alla fine dei tempi è destinato ad impedire "la venuta del figlio della perdizione".

La battaglia per lo Stato. Il risveglio russo

La Novorussia e il suo drammatico destino, espresso in particolare nelle storie di Strelkov, Gubarev, Mozgovoi e altri, che il nostro Narod, i russi, osservano col fiato sospeso, è una delle vie che Putin (la Russia) ha scelto. L’altra via ci porta invece nella direzione del compromesso, degli evidenti traditori, provocatori, tessitori di intrighi, liberali e occidentalizzati (nascosti o dichiarati), che usano la duplicità russa per i loro fini. Sono loro la sesta colonna, che, nella sua essenza, non è diversa dalla quinta. La popolazione obbedisce sempre ai vertici delle amministrazioni. Dopo tutto, essere licenziati, assunti, ricevere bonus e punizioni – in altre parole, sopravvivere – dipende da questo. Il Narod vuole uno Zar come incarnazione della sua più grande volontà attraverso la storia, come una figura sacra, come quella che unisce la Terra e il Cielo, che illumina e dà spiritualità al Narod stesso. Non vede vertici amministrativi. Vede un sovrano. Per il Narod, la Russia è lo Stato del Narod russo e di coloro che vi legano il proprio destino.

Cosa farà la Russia?

 È iniziata con la seconda guerra in Cecenia (1999-2009). La Russia era sotto la pressione di attacchi da parte dei terroristi Ceceni e del possibile separatismo nel Caucaso settentrionale. Putin dovette capire che tutto l’occidente, gli Stati Uniti e l’Unione Europea appoggiarono i separatisti Ceceni e i terroristi islamisti che combattevano contro l’esercito Russo. Questo si sta ripetendo oggi in Siria e si è ripetuto ieri in Libia.  L’Occidente ha dato alle guerriglie Cecene supporto, e questo fu il momento della rivelazione del nuovo conflitto tra potere terrestre e potere marino. Con Putin, il potere terrestre si è riaffermato. Il secondo momento della rivelazione fu l’Agosto 2008, quando il regime filo-occidentale di Sakashwili attackò Zchinwali nell’Ossezia del Sud. La guerra tra la Russia e la Georgia fu il secondo momento di rivelazione.

Julius Evola e il tradizionalismo russo

L'opera di Evola è stata scoperta in Russia negli anni 60 dal gruppo assai ristretto degli intellettuali dissidenti anticomunisti, detti "i dissidenti di destra". Era una piccola cerchia di persone che avevano rifiutato volutamente la partecipazione alla vita culturale sovietica e avevano scelto l'esistenza clandestina. La contestazione della realtà sovietica è stata presso di essi così totale perché si cercavano i principi fondamentali che avrebbero potuto spiegare le radici di questo giudizio negativo assoluto. E' su queste vie di rifiuto del comunismo che si sono scoperti certi lavori di autori antimoderni e tradizionalisti: soprattutto i libri di Réné Guénon e di Julius Evola. Due personaggi centrali animavano questo gruppo - il filosofo musulmano Geidar Djemal e il poeta non conformista Evgeni Golovin. Grazie ad essi, i "dissidenti di destra" hanno conosciuto i nomi e le idee di questi grandi tradizionalisti del nostro secolo. Negli anni 70 sono state fatte le prime traduzioni dei testi di Evola ("La Tradizione Ermetica") sempre nel quadro della medesima cerchia e sono state distribuite sotto forma di samizdat. La qualità delle prime traduzioni era assai scadente perché esse venivano eseguite da appassionati poco competenti, ai margini del gruppo degli intellettuali tradizionalisti propriamente detti. Nel 1981 è apparsa nel medesimo ambiente la traduzione di "Heidnische Imperialismus", il solo libro disponibile presso la Biblioteca Lenin di Mosca.

L'ERA POST-LIBERALE IN RUSSIA

Viviamo in un periodo di mutamenti epocali. Fine del millennio, fine del secolo, fine  dell'era ideologica. Tutte linee di confine globali, che ci sfidano a trovare risposte globali, riflessioni su vasta scala. Tuttavia, nella più ristretta cerchia della nostra vita sociale russa, il consueto volte-face sta avvenendo. Per significato e conseguenze, sarà qualcosa di assolutamente paragonabile alla perestrojka e alla "democratizzazione". Sul piano ideologico, la perestrojka fu il periodo di transizione dalla tarda società Sovietica, nominalmente socialista, e il modello liberaldemocratico. Il termine "post-perestrojka"è stato impiegato per descrivere quel modello politico, ideologico e culturale che fece la sua comparsa a seguito della radicale rottura con il passato Sovietico e l'instaurazione 
di un sistema di mercato capitalista occidentale in Russia. 

La "post-perestrojka" ebbe inizio dopo l'agosto del 1991, ed è durata fino ad oggi. 1991-1998. Questa è l'epoca della fase post-Sovietica, liberale e democratica della moderna storia russa. Ideologicamente, l'essenza del momento attuale consiste nel fatto che la "post-perestrojka" sta rapidamente volgendo al termine. Il tempo del 
liberalismo russo si avvicina alla fine. Ci troviamo alle soglie di una realtà culturale e ideologica completamente nuova, altrettanto differente dai precedenti anni di "Eltsinismo" quanto lo "Eltsinismo" stesso differiva dall'epoca Sovietica. Sin da ora è possibile trarre alcune conclusioni sulla struttura della incipiente nuova epoca della 
storia russa. 

CONTINENTE RUSSIA

 «I continenti hanno un significato simbolico che è legato tanto a stereotipi culturali che a esperienze vissute: l'Europa non ha lo stesso significato per un Europeo che vi vive, per un Americano che la visita, per un Africano che se ne emancipa, per un Australiano, ecc. Tuttavia gli stereotipi continentali non sono rimasti puri e semplici prodotti culturali, scaturiti da una conoscenza più o meno vera, da un'emotività più o meno viva, da una conoscenza più o meno netta: essi sono penetrati fino nell'inconscio con un'enorme carica di affettività e ne riemergono tramite i sogni o le reazioni spontanee, spesso apparentati a un razzismo che resterebbe altrimenti ignoto. Allora il continente non rappresenta più, in realtà, una delle cinque parti dei globo, ma un mondo di rappresentazioni, di passioni e di desideri; per esempio, il dottor Verne ha ben mostrato, analizzando il sogno di una sua paziente, che l'Asia non era per lei il ricordo, il fine o il desiderio di un viaggio intercontinentale, ma che quel continente “rappresentava il ritorno al sacro, il mondo dell'assoluto, il mistero del trapasso, la via dell'unicità portatrice del messaggio del vero e del reale”. L'Asia diventava un continente interiore, come l'Africa, l'Oceania, l'Europa, la cui interpretazione simbolica varia da soggetto a soggetto. Questa dimensione interiore può collegarsi a qualunque luogo, città, paese, ecc., l'importante è sapere ciò che significano per ciascuno le immagini, le sensazioni, i sentimenti, i pregiudizi di cui è portatore e che costituiscono tutta la verità soggettiva del simbolo. La geografia integra nella sua totalità la geosociologia, la geocultura e anche la geopolitica». 
    Qui termina la spiegazione dei termine «continente» estrapolata dal Dizionario dei Simboli scritto da Jean Chevalier e Alain Gheerhrant. Ci permettiamo di riprodurre questa estesa citazione nella sua integrità, poiché il suo contenuto coincide in maniera impressionante con il tema dei presente lavoro, determinando dall'inizio il piano sul quale si svilupperà il nostro studio. 

Gli interessi e i valori della Russia dopo il conflitto georgiano

Dopo gli eventi che di Tskhinvali, la capitale dell’Ossezia del sud, e il conflitto Russo-Georgiano si è levata, all’interno della stampa occidentale, una nuova ondata di discussioni concernente gli interessi ed i valori. La propaganda essenzialmente si è comportata secondo le leggi della guerra, lasciandosi andare ad ogni sorta di esternazioni pur di diffamare la Russia e demonizzare il suo comportamento in Georgia, presentando dall’altro lato, un’immagine di Saakashvili nel ruolo della vittima. Tuttavia, attraverso il flusso della guerra d’informazioni, sono emerse anche alcune questioni legittime. Per esempio sono stati offerti tentativi di analizzare il conflitto osseto-georgiano attraverso raffronti con la situazione in Jugoslavia o l’invasione degli USA in Iraq, che rappresentano una sorta di precedente. E nel contempo, sullo sfondo generale dell’isteria antirussa, si sono fatte sentire le prime voci che hanno sollevato la questione inerente all’equilibrio degli interessi e dei valori. Cogliendo i retroscena della situazione, questo è quanto emerso dal dibattito non appena la tensione della propaganda bellica unitamente alla sua disinformazione e ai suoi stereotipi, improntati sulla denigrazione frontale del nemico, hanno iniziato ad attenuarsi. Posto che sia così, analizzando gli eventi, in che modo la determinazione della Russia ha influenzato in Georgia l’equilibrio degli interessi e dei valori?

L’Eurasia si farà e si sta già facendo

 

Alla vigilia della visita del Presidente degli USA in Russia, nell’arena internazionale si è verificato un importante evento, peraltro ampiamente trascurato di fronte al summit intercontinentale. La maggior parte dei mezzi di informazione ha dato solo un minimo spazio alla notizia della conversione del sistema di coordinamento esistente nell’ambito dell’Accordo sulla Sicurezza Collettiva della CSI in una organizzazione internazionale regionale, l’Organizzazione dell’Accordo sulla Sicurezza Collettiva. In realtà, si tratta di un passo il cui valore può essere difficilmente sottostimato. Ma, per quanto sia strano, all’evento non ha fatto seguito la pubblicazione di alcun serio materiale analitico sulla grande stampa russa.

Qual è l’aspetto geopolitico della questione? Per poter valutare con la dovuta chiarezza il significato di questa risoluzione è necessario spendere qualche parola riguardo alle precedenti soluzioni della questione.

 

L'ERA POST-LIBERALE IN RUSSIA

Viviamo in un periodo di mutamenti epocali. Fine del millennio, fine del secolo, fine dell'era ideologica. Tutte linee di confine globali, che ci sfidano a trovare risposte globali, riflessioni su vasta scala. 
Tuttavia, nella più ristretta cerchia della nostra vita sociale russa, il consueto volte-face sta avvenendo. Per   significato e conseguenze, sarà  qualcosa di assolutamente paragonabile alla perestrojka e alla "democratizzazione". Sul piano ideologico, la perestrojka fu il periodo di transizione dalla tarda società Sovietica, 
nominalmente socialista, e il modello liberaldemocratico. Il termine "post-perestrojka"è stato impiegato per descrivere quel modello politico, ideologico e culturale che fece la sua comparsa a seguito della radicale rottura con il passato Sovietico e l'instaurazione di un sistema di mercato capitalista occidentale in Russia. 

PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA POLITICA EURASISTA

Nella Russia attuale esistono tre modelli basilari, reciprocamente in conflitto, di strategia per lo stato, sia per quanto riguarda la politica estera che quella interna. Questi tre modelli costituiscono il moderno sistema di coordinate politiche in cui si risolvono ogni decisione politica del governo russo, ogni passo internazionale, ogni serio problema sociale, economico o giuridico. Il primo modello rappresenta il cliché inerziale del periodo sovietico (principalmente tardo sovietico). In un modo o nell’altro esso ha posto le sue radici nella psicologia di alcuni sistemi organizzativi russi spingendoli, spesso inconsciamente, ad adottare tale o talaltra decisione sulla base delle precedenti. Questo modello è sostenuto con il “solido” argomento: “Si è lavorato prima e si lavorerà anche ora”. Esso riguarda non solo quei leader politici che sfruttano coscientemente la complessione nostalgica dei cittadini russi. Il riferimento al modello sovietico è molto più ampio e profondo delle strutture del KPFR [Partito Comunista della Federazione Russa], che ora si trova ai margini del potere esecutivo, lontano dai centri decisionali. Ovunque, politici e ufficiali, che in alcun modo si identificano formalmente con il comunismo, sono guidati da questo modello. E’ un effetto di educazione, esperienza di vita, formazione. Al fine di capire la sostanza dei processi che sottostanno alla politica russa, è necessario ammettere questo “sovietismo inconscio”. Il secondo modello è quello liberal-democratico, filoamericano. Esso ha iniziato a prendere forma con l’inizio della “perestroyka” ed è diventato una sorta di ideologia dominante nella prima metà degli anni ’90. Come regola, i cosiddetti liberal-riformisti e le forze politiche ad essi vicine si identificano con esso. Questo modello è basato sulla scelta, come sistema interpretativo, dell’apparato socio-politico americano, ricalcandolo sulla situazione russa e seguendo gli interessi nazionali Usa riguardo ai problemi internazionali. Un tale schema ha il vantaggio di permettere di appoggiarsi sul “presente straniero” completamente reale, contro il “passato nazionale” virtuale attorno al quale gravita il primo modello. Anche qui l’argomento è piuttosto semplice: “Si lavora per loro, si lavorerà anche per noi”. Qui è importante insistere che non stiamo semplicemente parlando di “esperienza straniera”, ma dell’orientamento verso gli USA, come punta avanzata del trionfante mondo occidentale capitalista. Questi due modelli (più le loro molteplici varianti) sono diffusamente rappresentati tra i politici russi. Dalla fine degli anni ’80 tutti i conflitti sulla visione del mondo, tutte le discussioni e le lotte politiche hanno luogo tra i portatori di questi due punti di vista. Il terzo modello è molto meno noto. Esso può essere definito come “eurasista”. Ci troviamo qui a trattare con procedimenti molto più complessi che non la semplice copiatura dell’esperienza sovietica o americana.

 

La Rivoluzione Conservatrice Russa

Gli autori che hanno studiato la Rivoluzione Conservatrice tedesca o la Rivoluzione Conservatrice tout court (Armin Mohler, Alain de Benoist, Luc Pauwels, Robert Steuckers, ecc.) hanno sempre sottolineato il ruolo della Russia nel processo del divenire del pensiero conservatore-rivoluzionario (RC) e persino all’origine dell’uso del termine stesso – Juri Samarin, “Revolutsionnij conservatism”. Non è possibile inoltre dubitare della Ost-orientierung  e di una certa russofilia, quasi obbligatoria, di questa corrente intellettuale, dai giovani-conservatori ai nazional-bolscevichi tedeschi, passando per i geopolitici della scuola di Haushofer. In questo senso, le celebri idee radicali di Jean Thiriart su “l’impero euro-sovietico da Vladivostok a Dublino” e i famosi aforismi di Alain de Benoist sulla preferenza per gli elmetti dell’Armata Rossa rispetto ai “berretti verdi” americani, restano nel tradizionale quadro della logica RC più stretta. Ma in questo campo è ancora da venire uno studio serio e sufficientemente documentato per apprezzare tutto il valore intellettuale e geopolitico del pensiero RC degli autori russi stessi. Si tratta di un compito estremamente difficile, in assenza di traduzioni degli scritti dei rappresentanti del pensiero RC russo nelle lingue europee. D’altro canto, questa corrente resta pressoché completamente ignorata nella stessa Russia: i comunisti di ieri consideravano ufficialmente questo movimento come “piccolo-borghese” e “nazionalista”, e i democratici di oggi ritengono trattarsi di “sciovinisti”, patrioti e anti-semiti, se non di “nazisti”. Malgrado tutto, l’interesse per gli autori russi della tendenza RC diviene sempre maggiore in Russia, ed è auspicabile che le loro opere e le loro idee vengano riscoperte e rimeditate dall’intellighenzia russa, che incomincia a ridestarsi da un lungo sonno ideologico. E’ già possibile notare che il processo intellettuale di riscoperta dell’eredità nazionale nello stesso campo cuturale presenta oggi in Russia molteplici tratti conservatori-rivoluzionari, sebbene sovente ciò  si produca in modo spontaneo, inconsapevole, naturale. Si può persino osare affermare che la Russia stessa, nella sua essenza, è per natura conservatrice-rivoluzionaria, apertamente o segretamente a seconda delle circostanze esteriori.

La metafisica del nazional-bolscevismo

Secondo la dottrina Tradizionale, un determinato Angelo, un determinato essere celestiale è incaricato di vegliare su ciascuna nazione della Terra. Quell'Angelo è il senso storico della particolare nazione - al di fuori del tempo e dello spazio, purtuttavia costantemente presente nelle vicissitudini storiche della nazione. E' qui il fondamento della mistica della nazione. L'Angelo della nazione non è alcunché di vago o sentimentale, nebuloso - è un'essenza intellettuale, luminosa, un "pensiero di Dio", come disse Herder. La sua struttura è visibile nelle realizzazioni storiche della nazione, nelle istituzioni sociali e religiose che la caratterizzano, nella sua cultura. L'intera trama della storia nazionale non è altro che il testo della narrazione della qualità e della forma di quel luminoso Angelo nazionale. Nelle società tradizionali l'Angelo della nazione si manifestava in forma personale nei re "divini", nei grandi eroi, nei pastori e nei santi. Ma la sua realtà sovrumana lo rende indipendente dal portatore umano. Pertanto, una volta cadute le dinastie monarchiche, può incarnarsi in una forma collettiva - ad esempio, in un ordine, in una classe, persino in un partito.

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