Evola cavalca la tigre in questa postmodernità

Nell’epoca contemporanea assistiamo a un’idolatria nei confronti del liberismo, fenomeno che ha portato a un aumento della ricchezza mondiale. L’uomo, tuttavia, non si pasce serenamente di questo benessere economico in quanto rileviamo un acuirsi delle patologie mentali, soprattutto nei paesi industrializzati. Se oggi è facile dimostrare una connessione tra questi due fenomeni, nel secolo scorso farlo era assai più arduo. Julius Evola ci aveva però avvertiti delle nefaste conseguenze a cui si sarebbe giunti seguendo il globalismo e aveva rigettato l’idea di progresso infinito. In Cavalcare la tigre il filosofo aveva evidenziato le caratteristiche che l’uomo differenziato deve avere per affrontare il Kali Yuga.

QASEM SOLEIMANI MARTIRE DEL MONDO MULTIPOLARE E LA NUOVA GEOGRAFIA DELLA GRANDE GUERRA DEI CONTINENTI

L’assassinio del generale Qasem Soleimani, comandante delle forze speciali di Al-Quds del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche, avvenuto il 3 gennaio 2020 per mezzo di missili americani, rappresenta un momento decisivo che segna una situazione completamente nuova nell’allineamento delle forze in Medio Oriente.

Nella misura in cui il Medio Oriente è lo specchio dei mutamenti globali nel panorama geopolitico mondiale, questo evento assume una dimensione ancora più ampia che interessa l’ordine mondiale nel suo complesso. Non è un caso che molti osservatori abbiano interpretato la morte del generale Soleimani, eroe della lotta contro l’ISIL in Siria e in Iraq, come l’inizio di una terza guerra mondiale o quantomeno di una guerra degli Stati Uniti contro l’Iran. L’attacco missilistico iraniano a due basi militari americane in Iraq l’8 gennaio 2020 sembra confermare questa analisi: la morte di Soleimani è il punto di inizio della «battaglia finale». È esattamente in questo modo che tale evento è stato percepito nel mondo sciita, dove le aspettative sulla fine del mondo e sulla venuta del Mahdi, il Salvatore promesso alla fine dei tempi, sono così forti da influenzare non solo la loro visione religiosa del mondo, ma anche l’analisi degli eventi politici e internazionali di tutti i giorni. Gli sciiti vedono la fine del mondo come una «battaglia finale» tra i sostenitori del Mahdi e i suoi avversari, le forze di Dajjal. I sostenitori del Mahdi si ritiene siano i musulmani (sia sciiti che sunniti, ma con l’eccezione di correnti come i wahhabiti e i salafiti, riconosciuti come estremisti, «eretici» e «takfiri»), mentre Dajjal, l’anticristo islamico, è costantemente associato all’Occidente, in primo luogo agli Stati Uniti d’America. La maggior parte delle profezie sostiene che la battaglia finale avrà luogo in Medio Oriente e che il Mahdi stesso apparirà a Damasco. La figura del Mahdi può essere individuata anche tra i sunniti, ma se gli sciiti ritengono che tale figura coincida con l’apparizione dell’«imam nascosto» che rimane vivo ma «occultato» a tutt’oggi, i sunniti interpretano il Mahdi come il leader del mondo islamico che apparirà alla fine dei tempi per intraprendere una battaglia decisiva contro Dajjal, in cui la maggioranza dei sunniti vede la civiltà materialista e atea dell’Occidente moderno e, di conseguenza, l’egemonia americana come l’avanguardia più aggressiva dell’Occidente.

SOGGETTO RADICALE E TRADIZIONALISMO COME RISPOSTA AL MONDO POST-MODERNO

A distanza di qualche mese dall’uscita de Il sole di mezzanotte. Aurora del soggetto radicale[1], ho il piacere di tornare a parlare di Aleksandr Dugin in Ereticamente (precedente saggio reperibile a questo link: https://www.ereticamente.net/2019/08/la-catabasi-del-soggetto-radicale-f...). La circostanza che mi conferisce questa lieta possibilità è l’uscita di Teoria e fenomenologia del Soggetto Radicale (AGA-Cusano Milanino, 2019, 432 pagine, 28,00 euro), saggio curato da Francesco Marotta, Andrea Scarabelli e Luca Siniscalco, in cui il filosofo russo approfondisce in maniera esaustiva le teorie già presentate nel precedente opuscolo. Il libro è impreziosito anche da alcuni apparati critici e da appendici che aiutano a sviscerare meglio i concetti in esso presenti.

PRINCÌPI PER COMPRENDERE LA CIVILTÀ CINESE

La Cina è considerata una civiltà indipendente e unica da parte praticamente di tutti, pertanto non occorre spendere parole per dimostrare un fatto ovvio. Piuttosto, dovremo spenderci nel tentativo di rivelare la struttura del Logos di questa civiltà e di determinarne per quanto possibile la mappa geofisica sia all’interno dei confini della Cina che al di fuori di essa, nonché nel dialogo con le civiltà vicine.

La cultura cinese ha esercitato un’nfluenza enorme e a volte decisiva sui popoli vicini, in primo luogo sulla Corea, sul Vietnam e sul Giappone, che in certe epoche si ritenevano tutti parte della Grande Cina – non nel senso di unità politica, ma come parti indelebili e organiche della civiltà cinese e dell’orizzonte cinese. Questo orizzonte ha avuto un impatto sostanziale anche sui popoli del Tibet così come sui nomadi del Turan confinante con la Cina del Nord. Inoltre, possiamo riscontrare determinate influenze dell’elemento cinese tra i popoli dell’Indocina e del Sud-Est asiatico, così come in Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia, Malesia, e, anche se in misura minore, Indonesia e Filippine.

La prospettiva di Dugin

Il problema della decadenza dell’Occidente e delle conseguenze a livello planetario di questa sua condizione non sono affrontabili facilmente. Gli aspetti economici si mescolano a quelli sociali, in un meccanismo che li rende reciprocamente causa ed effetto, portandoli quindi a condizionarsi vicendevolmente. Tale meccanismo sancisce perciò l’inutilità di qualsiasi tentativo di analisi basato sulla divisione netta tra i due mondi.

La fine del comunismo capitata oramai trenta anni fa e simboleggiata dalla caduta del muro di Berlino (muro di separazione voluto sì dai sovietici ma anche dalle potenze occidentali che ne hanno da poco celebrato ipocritamente la scomparsa) ha rivitalizzato il capitalismo dando l’abbrivio alla sua forma attuale di neo-liberismo. 

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 10. LA NOOMACHÌA NEL XXI SECOLO

Siamo così giunti al termine dell’ultima lezione di questo corso introduttivo alla Noomachìa. Ciò di cui abbiamo appena discusso è la spiegazione metafisica per sommi capi della Noomachìa nel XXI secolo. Al termine di questo corso, possiamo domandarci dove si trova la Serbia in questo momento della Noomachìa. Questa è una questione aperta e non possiamo rispondere astrattamente. Spetta al popolo serbo, così come agli altri, decidere il proprio posto. Ma è importante sottolineare che questa decisione sarà possibile solo fino a quando giungeremo al «momento della singolarità». Abbiamo quindi un tempo molto limitato a nostra disposizione. Finché esiste il Dasein, la scelta è sempre possibile. Ma quando saremo irreversibilmente rimpiazzati dall’intelligenza artificiale e privati della nostra mortalità, condizione di esistenza del Dasein secondo Heidegger, smetteremo di essere ciò che siamo e perderemo irreversibilmente la possibilità della decisione. Oggi abbiamo ancora un piccolo lasso di tempo dinanzi a noi, ma ciò a cui stiamo andando incontro è molto più terribile e orribile della tortura, di una catastrofe, della morte stessa. È la fine del Dasein umano per come lo conosciamo.

 

IL LOGOS DELL’EUROPA: CATASTROFE E ORIZZONTI DI UN ALTRO INIZIO

La moderna civiltà europea rappresenta la continuazione storica della civiltà mediterranea. Questa continuità è dominata dalla componente indoeuropea, dacché la tradizione indoeuropea costituisce la principale matrice linguistica e culturale dell’Europa. Se ripensiamo alla ricostruzione del sistema trifunzionale ad opera di Dumezil, otterremo immediatamente una mappa sociologica dell’Europa, la cui struttura sociale è dominata dal principio costantemente riprodotto delle tre caste dominanti: sacerdoti, guerrieri e produttori. In effetti, nelle varie fasi storiche europee e sotto nomi diversi, non incontriamo altro che tale stratificazione sociale.

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 9. IL LOGOS SERBO

Possiamo dire che la Serbia di oggi rappresenti un simulacro della vera Serbia. Un simulacro archeomodernista, in parte arcaico e in parte perverso, caricaturale. Pertanto, anzitutto dobbiamo risolvere questo problema restaurando l’autenticità serba, il puro Stato che si nasconde dietro il simulacro, estraendone il grano di verità. Ad oggi vi è uno Stato serbo, che è già qualcosa; forse un po’ goffo, nondimeno esso esiste, e va visto come un’opportunità. Certo, di per sé non è una risposta. Ma la sua esistenza rappresenta un valore positivo. Il popolo serbo, la tradizione serba, la cultura serba, il retaggio serbo, lo Stato serbo, la Chiesa serba. Tutto ciò ad oggi esiste e non è poco.

 

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 8. ANALISI NOOLOGICA DELLA MODERNITÀ

Tutti i processi che hanno preso il via con l’avvento della Modernità abbiano come finalità l’emersione della pura immagine di Cibele. La Modernità è metafisicamente femminista poiché materialistica, orientata contro il tipo eroico e patriarcale presente nella cultura indoeuropea. Anche il borghese è una figura femminista poiché non è un guerriero né un produttore ma un parassita, rappresenta la forma peggiore della natura femminile, una femminilità non indoeuropea né cristiana ma cibeliana. A tal proposito, vorrei citare un aneddoto sociologico interessante. Per Werner Sombart la genesi del capitalismo coincide con l’emergere della maîtresse, un nuovo tipo umano parassitario e dispendioso che, richiedendo differentemente dalla figura della moglie una esagerata disponibilità finanziaria, spingeva gli uomini a partecipare ai processi speculativi capitalistici; secondo Sombart, dunque, la maîtresse ha costituito una delle molle dello sviluppo della società capitalistica.

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 7. IL LOGOS CRISTIANO

ossiamo formulare alcuni principi generali riguardanti la dottrina cristiana. In primo luogo, dal punto di vista noologico e geosofico, il Logos Cristiano è evidentemente apollineo. I concetti del Dio Padre celeste, della Santa Trinità, della trascendenza del Creatore nei riguardi della stessa Creazione, tutto ciò ha generato un Logos tipicamente apollineo e patriarcale, con una organizzazione dello spazio metafisico completamente verticale. Abbiamo a che fare con il Padre celeste trascendente situato in Paradiso che crea il mondo. Tale atto della creazione rappresenta una discesa dall’alto verso il basso, dall’eternità al tempo, dal Paradiso alla Terra, da Dio all’uomo e alle altre creature. La relazione tra il Creatore e il Creato è dunque di tipo gerarchica, con il Creato che deve sottomettersi al Creatore. Questa verticalità costituisce l’essenza stessa della tradizione cristiana. Alle radici dei princìpi dogmatici fondativi vi è una logica puramente apollinea. Tutte e tre le figure della Sacra Trinità sono inoltre maschili, e questo da un punto di vista simbolico è molto significativo.

IL RITORNO DI SETTEMBRINI E NAPHTA NEL VENTUNESIMO SECOLO

Il 21 settembre 2019, l’Istituto Nexus – uno degli istituti intellettuali più prestigiosi che mantengono vivo lo spirito dell’umanesimo europeo – ha celebrato il suo 25° anniversario con un simposio pubblico dal titolo «The Magic Mountain Revisited: Cultivating the Human Spirit in Dispirited Times» (La montagna incantata rivisitata: coltivare lo spirito umano in tempi di scoramento), sulla scia del romanzo fondativo dell’Istituto Nexus, La montagna incantatadi Thomas Mann.Il Simposio Nexus si è aperto con un duello intellettuale tra i due filosofi Bernard-Henri Lévy e Aleksandr Dugin, presentato come la rivisitazione del XXI secolo dei famosi dibattiti tra Settembrini e Naphta nel romanzo di Mann. Di seguito è riportata la trascrizione di questo duello.

 

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 6. LA CIVILTÀ EUROPEA

L’antica Roma era in origine puramente apollinea. Tuttavia, conquistando la Grecia e lo spazio mediterraneo, essa conquistò il mondo ellenistico aprendosi alle sue influenze culturali, e ciò determinò un mutamento nella sua stessa struttura, un mutamento iniziato nella tarda Repubblica e che si andò consolidando con l’avvento della forma imperiale – il mitraismo insieme a molti altri aspetti dell’impero romano vennero mutuati proprio da queste fonti ellenistiche. La Roma puramente apollinea cedette il passo alla Roma ellenistica, ed è a questa cultura che in effetti facciamo comunemente riferimento quando discutiamo della tradizione romana.

Successivamente, il fenomeno ellenistico nella sua versione romana – potremmo definirlo ellenismo greco-iranico-romano – si espanse di pari passo con l’espansione dell’impero romano. Tutte le conquiste romane – nei Balcani, in Europa nordoccidentale, ecc. – nella loro dimensione culturale rappresentarono conquiste ellenistiche. Le legioni romane portarono l’ellenismo ovunque esse giunsero. Potremmo dire che culturalmente l’impero romano fu un impero ellenistico.

Il Russiagate visto da Mosca

Siamo di fronte a un attacco pretestuoso a Salvini, a una fake news. I liberali utilizzano sempre questi sistemi per screditare i propri nemici. Salvini non ha ricevuto niente dal Cremlino, anche perché le sue relazioni con la Russia erano trasparenti. Salvini ha sempre detto che Putin è un suo punto di riferimento, ne apprezza infatti la difesa dei valori tradizionali e conservatori. Salvini ha sposato liberamente queste convinzioni sulla base di una condivisione morale e politica, non per interesse materiale ed economico.

Putin, è vero, ha condizionato la politica americana, ma non nell’accezione che intendono i liberali. Putin ha influenzato gli americani perché li ha indotti con il suo esempio a votare per un personaggio, Trump, che come lui che ha dichiarato guerra alle élite. Trump ha usato Putin come modello per vincere le lezioni. In questo senso è stata certa e positiva l’influenza di Putin sulle elezioni americani.

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 5. IL LOGOS DI DIONISO

Il regno di Dioniso è costituito dal mondo agricolo. Egli è il dio del vino, oltre che dei sacrifici animali. E nei misteri eleusini, viene sempre accompagnato da Demetra, che gioca in essi un ruolo centrale. Dioniso e Demetra sono entrambi divinità e figure del mondo agricolo e costituiscono un’importante dualità. I misteri eleusini ruotano infatti attorno al pane e al vino, il vino d’uva rappresentato da Dioniso e la spiga di grano rappresentato da Demetra. Questa coppia costituita dalla Madre e dal Figlio celeste – il quale rappresenta il seme patriarcale non creato da lei ma posto in lei, al centro della Terra, al fine di risorgere e tornare all’origine celeste – rappresenta un nuovo modo di interpretare l’agricoltura, una concezione patriarcale dell’agricoltura stessa.

Demetra non coincide con Cibele ma è il frutto di una concezione completamente diversa di ciò che è la Madre Terra. Nello specifico, Demetra rappresenta l’interpretazione patriarcale della Madre Terra; una Madre Terra vista da una dimensione superiore e non interna ad essa. È una divinità epictonica – si trova al di sopra della superficie terrestre – e non ipoctonica. È la madre dei campi di grano coltivati, con le spighe dirette verso l’alto. Essa è dunque aperta alle influenze del Cielo: rappresenta una figura della Grande Madre «domesticata», che riconosce la dimensione trascendente, i princìpi trascendenti del Cielo e del Padre, e si sottomette ad essi. In sintesi, Demetra è la Madre in senso patriarcale, inglobata nella società patriarcale e accettata sotto queste condizioni precisamente come lo è stata l’agricoltura nella società indoeuropea sedentarizzata. La transizione dalla figura di Cibele a quella di Demetra corrisponde al passaggio dalla Madre selvaggia, che crea autonomamente il mondo, alla Madre domesticata, che invece assiste il seme paterno nella crescita. Si tratta di concezioni differenti del principio femminile.

POPULISMO: GOVERNO DEL POPOLO E NUOVA IDEOLOGIA GLOBALE

Molti ritengono che il «populismo» sia solo un termine peggiorativo per designare manifestazioni spontanee anti-élite in Europa e in altri paesi che caratterizzano il panorama della politica contemporanea. Il «populismo» è spesso inteso come l’assenza di una coerente ideologia politica – come la socialdemocrazia, la liberaldemocrazia, il socialismo, il nazionalismo, o idee repubblicane formulate in modo chiaro. Inoltre, «populismo» è considerato tutto ciò che non rientra nel perimetro dell’ideologia a cui aderiscono le moderne élite globali.

Oggi, le élite professano il liberalismo quasi ovunque. Il dibattito concerne unicamente ciò che dovrebbe essere preponderante nell’ambito del liberalismo: se la parte destra (enfasi sull’economia, libertà di impresa, grandi mercati, monopoli, tagli fiscali, ecc.) o sinistra (politiche di genere, migranti, diritti umani, ecc.). Ma, sia in un caso che nell’altro, stiamo parlando di liberalismo (economico, politico o generalizzato, integrale). Tutto ciò che oltrepassa i confini di quello che viene generalmente riconosciuto come liberalismo (di destra e/o di sinistra) viene solitamente chiamato «populismo».

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 4 .IL LOGOS DI CIBELE

Al fine di comprendere come la cultura indoeuropea sia passata dallo stadio nomade allo stadio sedentario e cosa è accaduto nel corso di questa transizione, durante questo mutamento nella struttura stessa del momento della Noomachìa, dobbiamo considerare qual era l’orizzonte esistenziale che si trovava attorno al Turan in epoca preindoeuropea. Le tribù indoeuropee turaniche giunsero nell’Europa orientale, nell’Anatolia, nei Balcani, nel territorio di Alam in Persia, nello spazio indiano, ma tutti questi territori non erano vuoti. Vi era una qualche altra civiltà, esisteva un altro orizzonte esistenziale, con un proprio momento della Noomachìa diverso da quello caratterizzante le tribù nomadi delle steppe. Stiamo parlando delle civiltà preindoeuropee che avevano sede in Europa, nei Balcani, in Anatolia, nella Persia e nell’India.

LE NOSTRE ORIGINI SONO EURASIATICHE

Oltre alle Baccanti, sciamane al seguito del dio della trance, Dioniso, e alle  esperienze estatiche eleusine, per altro gestite istituzionalmente dalle famiglie sacerdotali degli Eumolpidi e dei Codridi, che presentano vistosi tratti in comune con le esperienze degli sciamani, esistono figure che si possono definire “sciamani” in senso stretto: il mitico Abaris iperboreo, che non mangiava mai, prevedeva il futuro e scacciava le malattie; Aristea, capace di sprofondare in lunghi  sonni, nel corso dei quali abbandonava il corpo fisico e si materializzava altrove; o ancora a Epimenide che a Creta, nella grotta sul monte Ida nella quale era nato Zeus stesso, incubò nell’estasi una sapienza “entusiastica” (vale a dire “pervasa dal dio”) e iniziatica; ma anche Hermotimo, Zalmoxis, Pitagora, Anacarsi possono venire annoverati, per certi tratti,  in questa schiera; e elementi sciamanici si trovano nelle catarsi dei Coribanti, nei Misteri di Samotracia, nell’oracolarità apollinea delle Sibille. Esiste uno sciamanesimo greco, a cui dedicherò un volume che Feltrinelli pubblicherà nel 2021-21, ed è bene prenderne atto, perché tutto ciò ha implicazioni profonde nella nostra formazione culturale e spirituale.

Il Deserto dei Tartari.L'ufficiale Drogo e la fine del mondo

Qual è il segreto del fascino di questo romanzo breve dalla prosa scarna e veloce? Perché è un capolavoro quest'opera di Dino Buzzati tanto da riuscire trasfigurarsi in un analogo doppio nell'affascinante film di Valerio Zurlini (1976)? Con poche pennellate Buzzati riesce creare per evocazione allusiva immensi paesaggi umani e naturali. Con poveri cenni si aprono silenzi leopardiani, vertigini mistiche, e si condensa in poche semplici parole un epos eroico più interiore che fattivo, più amato e percepito nelle sue potenzialità che vissuto pienamente. Drogo incarna come forma-simbolo universale tutta l'umanità della Fortezza, tutta l'umanità del mondo colta nei suoi aspetti virili ed eroici. Essi vivono incorporati in una Fortezza che vive anch'essa, come un'estensione del loro corpo, testimone spirituale delle tensioni ideali che custodisce. Essi vivono nel medesimo travaglio esistenziale postmoderno di Oreste, ultimo re di Sparta, dato dal non essere più nel Mito e nella sua gloria e non ancora nella Storia, quale ritorno del Mito nel tempo, quale epifania di “quell'Ora della Gloria” tanto desiderata e per la quale sacrificare lo scorrere della vita.

INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 3. IL LOGOS DELLA CIVILTÀ INDOEUROPEA

L’individuazione della patria originaria costituisce un punto centrale nello studio della civiltà indoeuropea. Un secondo punto fondamentale da tener presente è che le prime culture indoeuropee erano nomadi, quindi strettamente legate alla pastorizia. Le prime tribù turaniche erano cioè costituite sostanzialmente da pastori nomadi. A tal proposito, consiglio la lettura delle opere di Marija Gimbutas, archeologa e linguista lituana, la quale ha illustrato brillantemente l’espansione indoeuropea. Secondo Marija Gimbutas, così come per numerosi scienziati e archeologhi russi, l’origine delle tribù indoeuropee va collocata da qualche parte a sud degli Urali, presso la città di Čeljabinsk, dove è stato recentemente scoperto un antichissimo insediamento turanico delle tribù indoeuropee nomadidal nome Arkaim.

La catabasi del Soggetto Radicale

In una società come la nostra, fondata esclusivamente sul concetto di homo oeconomicus, in cui a farla da padrone sono il danaro, i fatturati e i profitti commerciali, appare incredibile il fatto che i libri di Aleksandr Dugin, uno dei filosofi odierni più discussi dai media e pertanto richiesti dai lettori, vengano improvvisamente rimossi da Amazon, l’internet company più grande al mondo. Il motivo è presto detto. L’Autore russo ha avuto la malaugurata idea di lanciare un guanto di sfida al mainstream, pubblicando una serie di volumi nei quali contesta in maniera precisa e puntuale il pensiero unico. Sul punto ci soccorre il lavoro di Eugenio Capozzi, che ha evidenziato come l’ordine costituito sia abile nell’utilizzare le pastoie del politicamente corretto con un’impostazione da “catechismo civile” per censurare coloro che manifestano idee differenti da quelle accettate dalle culture egemoni, rilevando che esso rappresenta: «L’espressione di un’ideologia, impostasi nelle società occidentali nell’ultimo mezzo secolo, paradossalmente mentre il luogo comune dominante sosteneva la morte delle ideologie»  trattandosi di: «un’incarnazione estrema del progressismo, fondata su un relativismo etico radicale, e su un’idea altrettanto radicale dell’autodeterminazione del soggetto.»

Anima stante e non cadente

I libri di Evola sono costruiti attorno a ciò che è libero, già libero, non a ciò che deve ancora liberarsi (e la liberazione è riservata a pochi, non a tutti; sarebbe un’ingenuità credere il contrario: tutto il resto sarà gettato via, nella spazzatura). È il potere ritrovato, identificato, scoperto, un potere che, per così dire, si ferma solo davanti a se stesso, autoipnotizzandosi. L’osservatore si contempla, dando occasionalmente un’occhiata a ciò che lo circonda. Ciò che guarda viene trasferito nella zona astratta, sradicato, bruciato, reso differenziato. I libri e i testi di Evola, insieme ai suoi gesti e alle sue parole, alle sue passioni e posizioni, sono sguardi dell’osservatore. Possono cadere su qualsiasi cosa: sullo sport (Evola considerava lo sci una degenerazione e l’alpinismo un’occupazione aristocratica), sulla droga (in Introduzione alla magiavengono date istruzioni dettagliate su come sniffare l’etere), sul jazz negro (Evola non amava le danze dei neri), e così via. L’osservatore guarda sempre attraverso, nonché sempre in direzionecontraria rispetto a quanto va di moda all’esterno.

Su “Il Sole di Mezzanotte” di Aleksandr Dugin

Qualche giorno fa mi trovavo a Siena, ed ero seduto assieme a mia moglie sui muretti che circondano la straordinaria piazza Duomo. Vi ero stato una sola volta, in precedenza, e non mi ero del tutto soffermato sulla facciata della Cattedrale. Complice il tramonto, cheproiettava ombre dechirichiane sulle geometrie basse e raggi infuocati su quelle alte, e mio alleato un buon bicchiere di Chianti (rigorosamente naturale), mi sono concentrato sul ciclo di statue di Giovanni Pisano: un unicum, per il gotico italiano, dentro al quale da sinistra a destra, tutta la Tradizione occidentale annuncia la Venuta di Cristo. Platone, Abacuc, la Sibilla, Re David, Re Salomone e Mosè; Isaia, Balaam, Maria e per chiudere, Aristotele. Tutti a cornice del portale centrale, sovrastato dall’enorme Trigramma di Cristo: un Sole frecciato di color bronzeo.

L’EURASITISMO DI ALEXANDR DUGIN

Il pensiero di Dugin è estremamente complesso, l’obbiettivo di questo breve articolo non è certamente quello di esaurire tale complessità o condensarla in poche battute che farebbero perdere necessariamente la ricchezza rivoluzionaria di questo autore. Quello che mi propongo invece è molto limitato: capire perché Dugin sia oggi l’intellettuale più odiato ed avverso dall’intero mondo occidentale.

Basterebbe informarsi sul contenuto o leggere direttamente l’opera principale di Dugin, ovvero La quarta teoria, per comprendere quanto il nazismo e il comunismo stalinista siano lontani rispetto alle sue idee politiche e geopolitiche. Dugin la chiama quarta teoria perché viene dopo i tre grandi paradigmi politici della storia, ovvero quello pre-moderno, quello moderno e quello post-moderno. Alla modernità appartengono le tre grandi teorie politiche (che non sono solo teorie politiche, ma vere e proprie visioni del mondo) della nostra storia recente: il liberalismo, il comunismo e il nazionalismo e ad esse Dugin dedica un ampio spazio di analisi dei loro rapporti reciproci.

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